Si è tenuto ieri alla Camera il convegno dal titolo “Il diritto all’oblio nella riforma Cartabia – Le prove generali di un diritto penale liberale”. A fare gli onori di casa il deputato di Azione Enrico Costa. Il suo emendamento approvato alla riforma del processo penale di mediazione Cartabia ha previsto che dal primo gennaio di quest’anno i motori di ricerca dovranno dissociare i nomi degli assolti dalle notizie circolanti in rete sulle inchieste da cui sono risultati innocenti.

Per il parlamentare «lo spirito delle mie iniziative, anche riguardo alle spese legali per gli assolti, è quello per cui se lo Stato ti chiama a rispondere per un reato e poi ti assolve deve consentirti di rientrare in società con la stessa reputazione che avevi prima». Costa ricorda che sempre grazie ad un suo emendamento sono stati raddoppiati i rimborsi per gli assolti: «Abbiamo a disposizione 16 milioni ma ce ne vorrebbero 200 visto che il 50 per cento dei dibattimenti si conclude con assoluzione». Tornando al tema del convegno Costa ha detto: «Pure se uno viene assolto si ritrova pubblicata su Google persino tutta l’ordinanza di custodia cautelare. La verità processuale contrasta con quello che si trova in rete. E questo è un problema. Ne parlai con l’ex ministra Cartabia e lei mi suggerì di andare avanti. Così ho costruito l’emendamento passato all’unanimità».

Ma dalla teoria alla pratica c’è ancora della strada da fare: rispetto alla prima basterà che la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento apponga e sottoscriva una annotazione sul fascicolo del processo dove c’è anche la sentenza tuttavia, ha sostenuto Costa, «non tutte le cancellerie e i tribunali conoscono questa norma. Quindi dovrebbero essere informati attraverso delle note puntali elaborate dal Csm o dal ministero della Giustizia. Bisogna evitare che il testo della legge rimanga lettera morta».

Un esempio virtuoso è quello del Tribunale di Modena dove è stata emanata una circolare firmata dal presidente e dal dirigente amministrativo nella quale si danno disposizioni dettagliate e si chiede anche un monitoraggio. Costa ha poi criticato una recente sentenza della Cassazione (sentenza numero 2893 del 31 gennaio 2023 che si è poi ripetuta con l'ordinanza n. 6116 del 1° marzo 2023) secondo la quale solo a richiesta dell'interessato le testate giornalistiche hanno l'obbligo di aggiornare le vicende giudiziarie sulle quali hanno scritto articoli, non potendo gravare sulle testate l'onere di aggiornamento rispetto a vicende di cui si è scritto magari molto tempo addietro.

Per il responsabile giustizia di Azione, «questa decisione lascia molto a desiderare perché cristallizza il fatto che la stampa si occupi solo delle indagini e non del processo. Invece dovrebbe essere naturale da parte dei giornalisti prendere parte ai dibattimenti e dare spontaneamente notizia degli esiti. Non dovrebbe essere la parte a farne richiesta».

Dopo gli interventi di avvocati ed esperti, ha concluso i lavori il vice ministro alla giustizia Francesco Paolo Sisto che ha parlato della necessità di bilanciare tre diritti fondamentali: ossia gli articoli 21, 27 e 111 della Costituzione. «Dal mio punto di vista se un cittadino ottiene un risultato favorevole durante un giusto processo, questo risultato deve avere effetti a 360 gradi, deve radere al suolo ogni possibilità di remember rispetto a quanto accaduto», perché purtroppo «nel nostro Paese conta più un marchio che un 110 e lode e solo in Italia il processo mediatico è più aggressivo di quello che si celebra nelle aule giudiziarie».