Il ministro Carlo Nordio lo aveva preannunciato a fine aprile al convegno “Senza dignità” organizzato all’università Roma Tre da Radio Radicale: «Dobbiamo superare il sistema carcerocentrico e il sovraffollamento, che è fonte di suicidi. Non di certo con un’amnistia, che rappresenta un fallimento dello Stato e verrebbe negativamente compresa dai cittadini: quello che occorrerà fare è limitare la carcerazione preventiva e intervenire nei confronti di quelle persone condannate per reati minori e vicine al fine pena, e per i tossicodipendenti». Come? «Rimodulando e affievolendo la detenzione, facendole ospitare dalle comunità, molte delle quali si sono rese già disponibili», aveva concluso il titolare di via Arenula. In quei giorni ancora non si sapeva quale strumento normativo l’Esecutivo avesse intenzione di utilizzare, per intervenire sul sovraffollamento. Una delle ipotesi era favorire una rapida approvazione della proposta di legge Giachetti- Bernardini sulla liberazione anticipata. Invece, adesso, da quanto appreso da fonti del ministero, la soluzione, già messa nero su bianco, potrebbe essere presentata, sotto forma di decreto legge, durante lo stesso Consiglio dei ministri in cui sarà licenziato anche il ddl costituzionale sulla separazione delle carriere. E il testo con il “divorzio” tra giudici e pm, ha detto ieri Nordio, dovrebbe essere deliberato a Palazzo Chigi «verosimilmente» il 29 maggio.

Che la direzione non fosse quella di un emendamento governativo alla proposta sulla “liberazione anticipata” ( tuttora all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio), lo si era intuito da un altro passaggio dell’intervento di Nordio al dibattito di Radio Radicale, quando aveva bocciato il provvedimento firmato dal parlamentare di Italia Viva e dalla presidente di Nessuno Tocchi Caino: «Una liberazione anticipata lineare può sembrare una resa dello Stato: sarebbe meglio se la deflazione, anche per numeri maggiori di detenuti, avvenisse con una detenzione alternativa». In realtà la proposta Giachetti- Bernardini non prevede un automatismo nella concessione del beneficio, ma la valutazione del magistrato di sorveglianza.

Si ipotizza di innalzare da 45 a 60 giorni ogni 6 mesi il “taglio alla pena residua” previsto con la liberazione anticipata ordinaria, tuttora in vigore, sotto forma di semplice estensione dello

sconto di pena già usufruito dai condannati che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ne abbiano fatto domanda e l’abbiano ottenuto in virtù della loro buona condotta, proprio grazie alla valutazione del giudice di sorveglianza. Qualche settimana fa il governo aveva fatto trapelare l’intenzione di non ostacolare, quanto meno, questa soluzione, cestinando invece l’altro articolo del progetto normativo del deputato renziano, ossia la liberazione anticipata speciale, concepita per essere applicata, a fronte dell’emergenza sovraffollamento, nei due anni successivi all’entrata in vigore, e che avrebbe comportato un abbuono di 75 giorni ogni 6 mesi.

Ma Esecutivo e ministero della Giustizia hanno preferito assumere direttamente l’iniziativa, e sarà difficile, a questo punto, che, nei 60 giorni necessari, la legge di conversione del decreto venga abbinata alla proposta Giachetti, la cui discussione ha visto per ora uno stop, dopo il ciclo di audizioni.

Il decreto legge dovrebbe anche prevedere l’aumento delle telefonate per i detenuti e, in teoria, quanto meno un processo di snellimento per la concessione della liberazione anticipata ordinaria già vigente, con un “alleggerimento” del carico per i giudici di sorveglianza, in grave affanno. Come? Affidando la valutazione al pubblico ministero competente per l’esecuzione. Una simile via d’uscita dall’ingolfamento dei Tribunali di sorveglianza era stata ipotizzata proprio sulle pagine del Dubbio da Rita Bernardini: «C’è una soluzione già proposta dalla commissione Ruotolo, istituita da Marta Cartabia, e che è sostenuta anche dalla autorevole presidente di un Tribunale di Sorveglianza, Silvia Dominioni di Bari: affidare al pm titolare dell’esecuzione, anziché ai Tribunali, il calcolo del maggior sconto di pena, i 30 giorni l’anno in più da riconoscere a tutti i detenuti che, dal 2016, hanno già fatto domanda per la riduzione di 45 giorni, e che hanno mantenuto la buona condotta. Si attiverebbe un automatismo in grado di liberare in poco tempo migliaia di detenuti». Significherebbe che almeno 5000 reclusi potrebbero lasciare la cella.

Il problema però è che se il governo non intende appoggiare né l’aumento dello sconto della liberazione anticipata ordinaria, né tantomeno quella speciale, affidare al pm la valutazione delle singole domande equivale a liberare pochissime centinaia di detenuti l’anno, altro che migliaia.