Il nome del presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, sarà legato per sempre alla casa circondariale di Bollate. La famiglia Onida ha donato alla seconda casa di reclusione di Milano l’intera biblioteca dell’insigne giurista, scomparso quasi un anno fa.

La donazione dei libri – circa 2mila - appartenuti al professor Onida è avvenuta sabato scorso alla presenza di una rappresentanza di detenuti, nel V reparto, dove saranno collocati tutti i volumi in una biblioteca intitolata all’accademico. Hanno partecipato alla commemorazione, tra gli altri, Marco Onida (figlio del presidente emerito della Corte Costituzionale), Marta Cartabia (già ministra della Giustizia), Silvana Sciarra (presidente della Corte Costituzionale), Andrea Ostellari (sottosegretario alla Giustizia) e Giovanna Di Rosa (presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano).

Un legame fortissimo quello con Bollate. Tutti ricordano l’appassionato impegno di Valerio Onida, che, come volontario, ha prestato attività di consulenza giuridica in favore dei detenuti grazie allo Sportello giuridico, attivato nel 2002 con il prezioso supporto proprio dell’ex presidente della Consulta. Anche questa struttura è stata intitolata al costituzionalista milanese.

L’ex ministra della Giustizia, Marta Cartabia, è stata allieva di Onida e ha affidato al Dubbio un commosso ricordo. «Lo sportello giuridico e la biblioteca personale donata al carcere di Bollate – dice - sono il segno tangibile della grande eredità che Valerio Onida lascia a Milano e a tutto il paese. Una eredità fatta di grandi convinzioni ideali e di umili e nascosti gesti concreti che hanno permesso a quegli ideali di diventare storia. Una eredità consegnata alle tante persone che hanno camminato dentro le sue orme e che ora proseguono il suo impegno».

Se a Bollate è stato creato un modello innovativo, il merito va pure a Onida. Di questo è convinto il direttore della casa circondariale, Giorgio Leggieri. «Ricordare Valerio Onida – afferma Leggieri – ha un duplice valore. È stato un grande giurista e allo stesso tempo ha sempre caratterizzato ogni attività da una profonda umanità. L’attenzione alle persone è stata la cifra del suo intervento ed è rimasta nel dna dell’istituto di Bollate e al di là delle possibili soluzioni questo fa sempre la differenza. L’apporto del professor Onida è consistito nel mettersi a disposizione dei più fragili e dei più deboli. A riprova di ciò, si pensi all’attenzione che ha sempre rivolto agli stranieri rispetto a problematiche oggi gestite in altro modo. Il professor Onida ha gettato le fondamenta dello Sportello giuridico, lo sportello dei diritti e il segretariato sociale. Alle soglie del 2002 già si abbozzarono quelle che sono oggi le strutture esistenti. È la dimostrazione della grande lungimiranza di Valerio Onida».

Leggieri si sofferma, oltre che sulla donazione dei libri, sugli strumenti attivati nel carcere di Bollate. «I volumi donati – aggiunge - rendono viva la testimonianza di un grande giurista e di un grande uomo. È un segnale di attenzione al modello organizzativo di Bollate, che, partendo dallo Sportello giuridico, può prendere vita in altri istituti purché sia alimentato da un preciso contesto organizzativo. Se lo Sportello diventa uno strumento attivo e di partecipazione dei detenuti alla vita detentiva, credo che gli scenari possano cambiare molto. Siamo arrivati ad uno Sportello giuridico che nell’arco di vent’anni ha consentito a tante persone, con competenze diverse, di dare un apporto prezioso. Sempre, però, con solo obiettivo: creare un sistema che renda praticabile l’esercizio dei diritti all’interno del carcere in un contesto normativo che cambia».

Antonino La Lumia, presidente del Coa di Milano, sottolinea l’importanza dell’eredità lasciata dall’ex presidente della Corte Costituzionale: «L’intitolazione dello Sportello giuridico del carcere di Bollate al professor Onida appare la naturale conseguenza dell’impegno, umano e professionale insieme, che egli ha profuso nell’attività di consulenza giuridica gratuita in favore dei detenuti del carcere di Bollate. Dopo aver lasciato la Consulta, si è infatti dedicato alla gestione dello Sportello giuridico, mettendo la sua esperienza e professionalità al servizio dei detenuti, per aiutarli a gestire i rapporti con il Tribunale di Sorveglianza, la direzione e gli educatori. Tale opera era prestata in favore degli “ultimi”, tra i detenuti, coloro che non hanno mezzi, perlopiù stranieri, troppo spesso abbandonati a loro stessi e ignari persino della loro situazione giuridica».

La coordinatrice della Commissione carcere del Coa milanese, Beatrice Saldarini, ricorda l’impegno di Onida in favore dei detenuti. «In principio – afferma - capitava che noi avvocati ci imbattessimo stupefatti in istanze o incidenti di esecuzioni sottoscritti personalmente da detenuti, ma redatti incredibilmente in modo magistrale, spesso accolti, o comunque fonte di riflessione. In breve, si è svelato il mistero: dietro quegli scritti vi era l’opera del professor Onida, che, con un’umiltà pari alla sua sapienza giuridica, metteva alla prova i nostri giudici in favore dei più derelitti tra i detenuti. Il fondamento che ha sempre ispirato il suo pensiero e le sue azioni è la legalità: la cultura della legalità come cifra quotidiana del vivere, anche in una situazione di detenzione, ove le condizioni di privazione e difficoltà non possono e non devono costituire un alibi per la resa di questi ideali. Il tutto con la consapevolezza che non è sufficiente che le leggi ci siano, ma occorre che siano applicate, creando le condizioni organizzative e culturali perché ciò avvenga. E alla realizzazione di questa missione si è dedicato, con la stessa determinazione, da studioso, giudice costituzionale, volontario, da uomo e da giurista».

In una giornata importante, come quella di domani, risuonano ancora di più le parole che pronunciò Valerio Onida davanti agli studenti del liceo “Galilei” di Legnano nel febbraio del 2018: «La Costituzione, oggi, ci chiede di rivitalizzare i suoi principi e di applicarli alla nuova e diversa realtà in cui viviamo. I problemi attuali vanno affrontati continuando a rimanere aperti all’Europa, al mondo e alle novità, senza smettere di confrontarsi con i principi della Costituzione, per fare in modo che i traguardi che quest’ultima impone siano ancora suscettibili di essere perseguiti. Se perdiamo questa fede, sul futuro non saprei come si possa formulare una prognosi fausta».