La riforma costituzionale della giustizia approderà già oggi in Consiglio dei Ministri. L’ordine del giorno di Palazzo Chigi prevede infatti al primo punto, per la riunione che inizierà alle 13, “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”. La convocazione è arrivata ieri sera alle 22, due ore circa dopo il termine dell’incontro tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Dal Quirinale non è trapelata alcuna indiscrezione.

Riserbo assoluto sul contenuto del colloquio, che è considerato di prassi alla vigilia di una riforma costituzionale e del quale c’è un precedente in questa stessa legislatura, verificatosi quando la ministra delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati aveva anticipato al Colle la riforma del premierato. Secondo fonti parlamentari, l’approvazione del ddl costituzionale sarebbe potuta slittare a lunedì prossimo, in modo da non dare l’impressione di aver portato al Quirinale una riforma già pronta. Ipotesi poi smentita dai fatti.

L’incontro tra governo e Presidenza della Repubblica è iniziato intorno alle 19 e si è dunque focalizzato sulla separazione delle carriere, inserita all’interno di un complesso di modifiche assai più ampio. Nel testo preparato per il Consiglio dei ministri, e oggetto appunto dell’incontro di ieri sera al Colle, si prevede un Csm unico ma diviso in due sezioni, al cui vertice dovrebbe rimanere il presidente della Repubblica. Questa previsione del Consiglio superiore sdoppiato potrebbe forse affievolire appena le critiche dell’Anm, perché, almeno plasticamente, si attenua quell’idea un po’ indecifrabile di un governo autonomo dei magistrati requirenti sganciato da tutto.

Ma dall’altra parte c’è un’altra previsione che invece è destinata a sollevare un anatema senza se e senza ma: ossia il sorteggio integrale per i membri togati di Palazzo dei Marescialli. Tra i sorteggiabili dovrebbero essere inclusi i magistrati con almeno 15 anni di anzianità. L’ipotesi di un sorteggio secco e non “temperato” da una successiva elezione svuoterebbe completamente la valenza politica della componente togata e sarebbe, nell’ottica del governo, un colpo più forte ai gruppi associativi della magistratura, ma comporterebbe anche tensioni maggiori fra Esecutivo e Anm.

Non a caso due giorni fa proprio il sottosegretario Mantovano a Sky tg24 aveva dichiarato che l’obiettivo del governo è «ridimensionare il ruolo delle correnti, gli unici veri partiti rimasti sul campo, protagoniste spesso delle carriere dei magistrati». Secondo altre indiscrezioni, vi sarebbe l’aumento del numero dei membri laici dei Consiglio. Il ddl non prevede però modifiche all’articolo 112 della Costituzione, ovvero quello che riguarda l’obbligatorietà dell’azione penale. In ogni caso non si può escludere che in Consiglio dei ministri si faccia una scelta diversa, o meglio che il confronto politico pre-Cdm porti a conclusioni diverse su tutti i versanti. Basti pensare, ad esempio, che proprio al Senato è in discussione una proposta a prima firma del capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin che punta al sorteggio temperato e non secco dei togati al Csm. Quindi lo spazio per una discussione è aperto.

I giochi insomma non sono fatti anche considerato che il viceministro Francesco Paolo Sisto ha aperto uno spazio di dialogo con l’Anm a Palermo. Sono scelte, comunque, delle quali a via Arenula si è discusso a lungo in questi mesi, a dimostrazione della delicatezza delle questioni e del timore di evitare strappi in più direzioni. In primis con il Colle: la previsione di due Csm distinti, come inizialmente ipotizzato, avrebbe investito in modo diretto le prerogative del Capo dello Stato come presidente dell’organo di autogoverno.

È da escludere tuttavia che Mattarella abbia dato un suo giudizio su un progetto che deve essere sottoposto prima al vaglio del Cdm e poi al doppio passaggio parlamentare, per finire con il referendum popolare. Più volte in passato però ha sottolineato come la Costituzione preveda e imponga l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, che deve comunque nutrirsi anche del prestigio e dell’autorevolezza delle toghe. Ciò sembrerebbe forse attestare una valutazione neutrale ma anche l’assenza di pregiudizi da parte del Presidente.

Ma l’incontro di ieri era finalizzato anche a mitigare l’idea di una conflittualità con la magistratura: portare al Colle la riforma della giustizia va visto anche come tentativo di condividerla, nei limiti del consentito, con il garante dell’equilibrio tra i poteri dello Stato. Giorgia Meloni, che è stata rappresentata dal suo fedelissimo consigliere Mantovano, non ha mai avuto l’intenzione di dare alla modifica costituzionale una valenza di forte scontro come invece avvenne quando a presentare la riforma fu Silvio Berlusconi, e come viene rivendicata oggi dal suo partito in sua memoria. «Siamo finalmente in dirittura d’arrivo per la riforma della Giustizia», ha dichiarato proprio ieri il vicepremier Tajani, «una vittoria che va nella direzione della tutela dei cittadini e che dedichiamo al nostro leader Silvio Berlusconi».

Riavvolgendo i capitoli precedenti, la riforma costituzionale della separazione era stata più volte annunciata ma allo stesso tempo abortita perché appunto non era intenzione della presidente del Consiglio iniziare una battaglia con le toghe. E però Forza Italia ha fatto il suo pressing e ottenuto quello a cui stiamo assistendo. Si potrebbe dire che al momento sarebbe stato più facile portare definitivamente a casa la riforma del ddl penale Nordio, già approvata in prima lettura al Senato. Ma in campagna elettorale è sicuramente più spendibile una riforma che dai cittadini potrebbe essere considerata contro la casta dei magistrati e che segue di poco quella sui test psicoattitudinali per entrare in magistratura, approvata sempre nella medesima ottica. Mentre mettere il sigillo definitivo su una norma che abroga l’abuso di ufficio e anche su quella della prescrizione, passata invece già alla Camera, avrebbe significato attirarsi delle critiche in quanto entrambe potenzialmente viste come un alleggerimento verso la criminalità economica o altri tipi di delitti socialmente inaccettabili.

Sulle indiscrezioni emerse ieri si è espresso criticamente il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa: «Fonti di governo hanno sorprendentemente fatto trapelare la notizia dell’incontro Nordio-Mattarella. Una sgrammaticatura istituzionale, coerente con l’obiettivo dell’Esecutivo di usare in vista delle Europee il tema della separazione delle carriere (cancellando il lungo lavoro parlamentare). Un consiglio: evitino di tirare per la giacca il Capo dello Stato nelle loro sbracate strumentalizzazioni elettorali».