Palazzo Bachelet si avvia verso un rinnovo della geografia consiliare. Il prossimo 9 ottobre, infatti, scadranno le Commissioni e sarà necessario procedere con nuove nomine, rispetto alle quali i consiglieri possono indicare, entro il 18 settembre, la propria preferenza, sia per quanto riguarda la Commissione di destinazione sia per quanto riguarda le presidenze. A decidere sarà il Comitato di Presidenza, presieduto da Fabio Pinelli e rinnovato dopo la nomina del nuovo primo presidente Pasquale D’Ascola e del nuovo procuratore Pietro Gaeta.

Si tratta di un passaggio cruciale per la vita del Consiglio, anche per via dell’attivismo delle correnti, pronte a contendersi i posti migliori. E la Commissione più ambita, in questo senso, è la Quinta, quella che decide le nomine e, dunque, l’orientamento correntizio delle procure. Si tratta della prima vera e propria partita politica per la nuova “triade” del Csm. Un tema tutt’altro che secondario, poiché sono proprio le Commissioni il vero asse portante del lavoro consiliare.

Sebbene sia il plenum l’organo deliberativo per eccellenza, infatti, oltre il 90 percento delle delibere approvate proviene dal lavoro istruttorio svolto nelle Commissioni. Nella stragrande maggioranza dei casi, l’assemblea recepisce quanto viene proposto in quelle sedi. Ciò vale in generale, ma è ancor più evidente per organi come la Quinta, che ha una funzione cruciale. Ed è lì che il gioco delle correnti è più forte, dato che la posta in gioco sono gli incarichi direttivi e semidirettivi. Storicamente, la spartizione delle Commissioni ha rispecchiato un criterio “geopolitico”: ogni corrente tenta infatti di piazzare almeno un rappresentante in ogni Commissione, spesso secondo una logica da “Manuale Cencelli”.

In passato, si è anche assistito a scelte penalizzanti verso singoli consiglieri, come nel caso del togato indipendente Andrea Mirenda, attualmente in una sola Commissione (la Prima, quella delle incompatibilità), mentre tutti gli altri ne hanno ottenute almeno due. E ciò, a giugno dello scorso anno, fu motivo di polemica. Proprio per evitare giochi di potere, la sfida di Pinelli sarà quella di garantire la pluralità delle Commissioni, per ottenere una gestione democratica, trasparente e libera da logiche di potere. Un obiettivo dichiarato dal vicepresidente, che nelle ultime assemblee consiliari ha anche rivendicato come risultato di tale logica il sostanziale equilibrio in plenum: le decisioni consiliari, infatti, sono state adottate all’unanimità quasi nell’80 per cento dei casi. L’intenzione, dunque, è quella di rivedere la geografia consiliare senza creare squilibri di potere.

Alcune Commissioni sono di carattere tecnico e permanente – come quelle sul bilancio o sul regolamento – e restano relativamente stabili. Le Commissioni “operative”, invece, sono quelle su cui si concentra la vera contesa. Attualmente, il Csm rispecchia il rapporto di forze vigente tra le correnti. Tre le presidenze in mano a Magistratura indipendente: Paola D’Ovidio alla Terza (trasferimenti, promozioni e assegnazioni dei magistrati) e alla commissione Verifica titoli; e Maria Vittoria Marchianò alla Settima (organizzazione degli uffici giudiziari). Due le presidenze ad Area, con Tullio Morello alla Prima e Maurizio Carbone all’Ottava (magistratura onoraria), e una a Unicost, con Roberto D’Auria alla Sesta, quella che fornisce i pareri sulle leggi del governo, prima guidata da Marcello Basilico di Area.

Altre tre presidenze sono in mano ai laici di centrodestra, in particolare a tre consiglieri indicati da FdI: Daniela Bianchini alla Nona (rapporti istituzionali nazionali e internazionali; attività di formazione; esecuzione penale), che ha un posto in ben tre Commissioni (da vice nella Terza e in Quarta come componente semplice), Isabella Bertolini alla Quarta (valutazioni di professionalità) e Felice Giuffrè all’Ufficio Studi. Alla Quinta, infine, il laico di Italia viva Ernesto Carbone, che era riuscito a “strapparla” al centrodestra.

Il rinnovo delle Commissioni, previsto entro ottobre, è fondamentale anche in vista delle molte nomine ancora da effettuare. La Quinta, da sola, potrebbe trovarsi a gestire infatti oltre 200 fascicoli da qui a fine consiliatura, mentre la Terza sarà rilevante per i trasferimenti e le nomine di legittimità in luoghi cruciali come la Cassazione. La Settima, infine, avrà un ruolo chiave in ottica della gestione dei fondi Pnrr. Una volta raccolte le preferenze dei consiglieri, il Comitato di Presidenza ragionerà sulla distribuzione degli incarichi, cercando di garantire il massimo grado possibile di rotazione.

In un contesto in cui il rischio di una lottizzazione permanente sembra più vivo che mai – tanto da riflettersi persino nella disposizione fisica degli uffici di Palazzo Bachelet – il banco di prova non sarà soltanto tecnico, ma profondamente politico: riuscire a spezzare le catene della geografia correntizia senza cedere alla tentazione del compromesso al ribasso. E ciò rappresenterebbe non solo un risultato istituzionale, ma una dichiarazione d’intenti: il Csm può ancora essere la casa della magistratura, non il terreno di conquista delle correnti.