Crescita zero per l’Italia nel 2019. È il Rapporto di primavera del Centro Studi di Confindustria a disegnare un futuro al palo per il nostro Paese. I dati di primavera presentati oggi, infatti, rivedono al ribasso di 0,9 punti le stime sul Pil elaborate appena lo scorso ottobre. Sei mesi pesanti per l’economia italiana, tra «l’aumento dello spread e una manovra non orientata alla crescita», durante i quali la domanda interna è sostanzialmente crollata, e gli investimenti privati hanno registrato, dopo anni di aumento un - 2,5%. Anche le esportazioni, tradizionale settore traino, hanno rallentato l’andatura sull’onda della minore crescita del commercio mondiale e della frenata della Germania, anche se - si riconosce - sarà solo grazie al + 2,6% che metteranno comunque a segno nel 2019 e al + 3,4% nel 2020 che il paese «potrà evitare una recessione». Leggero miglioramento invece per il Pil del 2020 che il Csc stima poter raggiungere il + 0,4% anche se tutto è condizionato al rilancio di «quel clima di fiducia senza il quale le politiche potranno ben poco».

Servono dunque «misure di stimolo», investimenti, infrastrutture; in una parola un cambio di passo del governo che dovrebbe riportare al centro dell’agenda politica imprese e lavoratori per poter uscire dalla crisi. «È arrivato il momento per il governo di fare un salto di qualità: passi dal contratto di governo ad un patto per lo sviluppo e l’occupazione.

Il primo anno si sono fatti il Reddito di Cittadinanza e Quota 100 ma oggi è il rallentamento dell’economia a imporre un salto di qualità. Noi siamo pronti», chiede il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia rivendicando «interventi choc» con cui riportare un carreggiata l’economia italiana.

Gli industriali, peraltro, guardano con apprensione ai dati di finanza pubblica: nel 2019 il rapporto deficit/ Pil salirà al 2,6%, 0,6 punti percentuali in più di quanto previsto nell’ottobre scorso.