Con termini da calcolarsi a ritroso rispetto alla data d’udienza confermata o modificata con il decreto dal giudice di cui art. 171-bis («verifiche preliminari») le parti originarie e l’eventuale terzo chiamato dal convenuto dovranno, con le «memorie integrative» di cui all’art. 171-ter, definire l’estensione soggettiva del giudizio e i themi decidendum e probandum.

La mera lettura di tale ultima disposizione permette di evincere che i contenuti delle tre memorie integrative corrispondono in gran parte a quanto dispone l’art. 183, c. 6 per la c.d. appendice di trattazione scritta, tuttora applicabile alle citazioni notificate prima del primo marzo, nonché ai giudizi pendenti al 28 febbraio 2023.

Rispetto a queste ultime, tuttavia le nuove memorie si arricchiscono di temi ulteriori, in conseguenza delle verifiche preliminari compiute dal giudice ai sensi dell’art. 171-bis (vedi Il Dubbio di lunedì 27 febbraio). Quando questi abbia indicato «questioni rilevabili d'ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione», le parti saranno chiamate a interloquirvi per iscritto nella prima memoria. Si tratta, tuttavia, di un’interlocuzione non destinata ad imprimere una diversa svolta al proseguimento del processo, atteso che anche a fronte di una questione pregiudiziale impediente l’esame del merito, ovvero della riscontrata sussistenza dei presupposti obbligatori di applicazione del rito in semplificato di cognizione, il luogo in cui il giudice rispettivamente provvederà ai sensi dell’art. 187 disponendo la rimessione della causa in decisione ovvero 183-bis ordinando la conversione del rito, verranno resi nell’udienza di trattazione.

Si tratta di un indubbio spreco di tempi e attività processuali atteso che, a fronte di situazioni che incidono sulla stessa ammissibilità del giudizio ovvero sulla sua prosecuzione innanzi ad altro giudice, comparto giurisdizionale o anche innanzi agli arbitri, postergare la decisione allo scambio di tre memorie determina esclusivamente un irragionevole ampliamento dei tempi del giudizio. Stesso discorso ove il rito debba essere ex lege convertito nelle forme della cognizione semplificata previste dall’art. 281-decies e ss.

Quanto alle attività relative alla progressiva definizione del thema decidendum, la prima memoria – da depositarsi entro i 40 giorni precedenti all’udienza – è il luogo in cui l’attore deve a pena di decadenza proporre le domande e le eccezioni nuove che sono conseguenza delle eccezioni proposte dalle parti costituite, nonché chiedere l’autorizzazione alla chiamata in giudizio in causa di un terzo.

Tutte le parti con tale memoria possono precisare o modificare le domande, eccezioni e conclusioni già proposte. Nella seconda memoria - da depositarsi entro i 20 giorni precedenti all’udienza – trovano spazio l’attività di replica rispetto ai nova emersi dalla memoria precedente, nonché articolare a pena di decadenza la prova diretta ed effettuare i depositi documentali.

La terza e ultima memoria, - da depositarsi entro i 10 giorni precedenti all’udienza - infatti, è destinata all’indicazione della sola prova contraria, oltre che alle repliche rispetto a quanto articolato dalle controparti nel termine precedente.

Il punto sullo ius variandi consentito

Fatta salva la complicazione derivante dall’autorizzazione alla chiamata del terzo da parte dell’attore, che avverrà in udienza e, dunque, successivamente allo scambio delle memorie tra le parti fino a quel momento costituite, il testo riformato ripropone la progressione tra seconda e terza memoria per la definitiva perimetrazione dell’oggetto del processo. Su tale profilo e, dunque, sui delicati aspetti tra domanda nuova e modificata, si è registrato un certo fermento giurisprudenziale che, attesane la permanente attualità, val la pena ripercorrere sinteticamente.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 12310 del 2015 hanno fatto il punto sui concetti di domanda «nuova», «precisata» e «modificata», rivoluzionato il senso di quest’ultima rispetto all’orientamento fino a quel momento maggioritario. Nuove e vietate in sede di trattazione sono le domande diverse da quelle che per l’attore rappresentano una reazione alle opzioni difensive del convenuto. Domande precisate sono tutte quelle che presentano interventi che non incidono sulla sostanza dell’oggetto e del titolo allegati, ma concorrono a meglio definirla, circostanziarla, chiarirla.

Con riferimento alle domande modificate le Sezioni Unite, superano la massima tradizionale secondo la quale le modifiche di petitum e causa petendi costituiscono mutatio libelli vietata, stabilendo che la modificazione della domanda ammissibile in sede di trattazione possa «riguardare anche uno od entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda risultante dalla modifica rimanga in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio».

La portata innovatrice di questa decisione sta nell’aver ancorato l’ammissibilità dei nova alla permanenza di una «connessione alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio» e al «bene della vita» già richiesto, a prescindere dalla modificazione degli elementi identificativi.

Viene, dunque superato, il divieto di modificare gli elementi oggettivi della domanda ma viene ammessa anche la modifica del petitum e/o della causa petendi della domanda originariamente formulata, purché rimanga immutata la situazione sostanziale dedotta in giudizio e non sia determinata alcuna compromissione delle potenzialità difensive della controparte o l'allungamento dei tempi del processo. Le modificazioni della domanda che si pongono in un rapporto di alternatività rispetto a quella originaria, sostituendosi ad essa, ovvero – come statuito dalle medesime Sezioni Unite con la sentenza n. 22404 del 2018 - chi si sommano a quella originaria se articolate per incompatibilità (cumulo condizionato).

La giurisprudenza successiva si è quasi sempre attenuta allo schema indicato pur qualche divaricazione, in tal modo dimostrando che l’obiettivo dichiarato dalle Sezioni Unite nel 2015 volto a superare «la logica giurisprudenziale del caso per caso volta a privilegiare un approccio settoriale» non è stato completamente raggiunto, né è forse oggettivamente raggiungibile.

Tirando le fila, dunque, nel rispetto dell’indefettibile condizione che la domanda frutto della modifica rientri nell’ambito della medesima vicenda sostanziale dedotta ab origine con l’atto di citazione e, dunque, che il bene della vita richiesto rimanga il medesimo l’attore potrà modificare quella ivi proposta purché articoli domande connesse per alternatività o per incompatibilità rispetto al rapporto sostanziale originario. Il contraddittorio è assicurato dalle possibilità, con la seconda memoria di replicare alle domande e alle eccezioni nuove o modificate dalle altre parti nonché di proporre le eccezioni che ne costituiscano la conseguenza. La terza memoria diviene, dunque, il luogo ove replicare a queste ultime.

L’udienza di prima comparizione e trattazione: le possibili alternative

Finalmente giunti in prima udienza, cui le parti dovranno comparire personalmente, con esclusione, dunque e senza dubbio della possibilità di disporre la trattazione scritta ex art. 127 bis.

Le attività che possono compiersi in questa udienza variano a seconda di quanto risulta dalle attività precedenti.

Ed infatti, il giudice potrebbe:

1) rinviare direttamente la causa in decisione ai sensi del novellato art. 187 c.p.c, per la sussistenza di una questione impediente l’esame nel merito già sottoposta alle parti con il provvedimento reso ex art. 171-bis e sulla quale, dunque, le medesime abbiano già esercitato il proprio diritto al contraddittorio.

2) autorizzare la chiamata in causa del terzo richiesta dall’attore nella prima memoria integrativa, con conseguente rinvio della prima udienza. A norma del novellato art. 269, difatti, se il giudice concede l'autorizzazione, «fissa una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell'articolo 163-bis». In tal caso, pur restando ferme per le parti le preclusioni maturate anteriormente alla chiamata in causa del terzo «i termini indicati dall’articolo 171-ter decorrono nuovamente rispetto all’udienza fissata per la citazione del terzo» (art. 269, c. 5).

3) interrogare «liberamente le parti, richiedendo, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e tenta la conciliazione a norma dell'articolo 185», ovvero formulare la proposta di conciliazione di cui all’art. 185-bis.

Tali doverose attività aprono scenari differenti. Lo studio delle sei memorie frattanto depositate e l’interrogatorio libero delle parti, potrebbero far emergere nuove questioni rilevabili d’ufficio non già segnalate in sede di verifiche preliminari. In questo caso il giudice dovrà attivare il meccanismo di recupero del contraddittorio previsto dal novellato art. 101, comma 2, c.p.c. Inoltre, se vi è richiesta congiunta delle parti, il tentativo di conciliazione si svolgerà in altra udienza a norma dell’art. 185, c. 1.

4) disporre la conversione del rito nelle forme della cognizione semplificata, ai sensi dell’art. 183-bis.

5) provvedere sulle richieste istruttorie e fissare entro novanta giorni l’udienza per l’assunzione.

6) predisporre il calendario delle udienze successive sino a quella di rimessione della causa in decisione, indicando gli incombenti che verranno espletati in ciascuna di esse.

A fronte dell’obiettivo di giungere alla prima udienza con un giudice già in grado di rimettere la causa in decisione ovvero di provvedere sulle istanze istruttorie, le complicazioni che derivano dall’aver posticipato il contatto tra questi e le parti all’articolazione di complesse attività che potrebbero risultare inutili o comunque incomplete appaiono decisamente maggiori e francamente irragionevoli.