Circola già una certa preoccupazione, nella magistratura e tra le opposizioni (con echi su alcuni giornali), per il testo base approvato in commissione Giustizia alla Camera in materia di prescrizione, che riprende la proposta dell’azzurro Pietro Pittalis. Come ci spiega lo stesso deputato di FI ( e vicepresidente della commissione), «il testo è ancora migliorabile», ma il punto centrale è il ritorno alla prescrizione sostanziale «in modo da garantire che le lungaggini del sistema giustizia non si scarichino sugli imputati».

Ma vediamo cosa prevede la proposta, da tutti vista come un mero ritorno alla ex Cirielli. Il meccanismo, fa notare Pittalis, «è molto semplice: la prescrizione comincia a decorrere dalla presunta commissione del fatto. Essa sarà parametrata alla pena prevista per quella specifica fattispecie di reato. Non sarà comunque inferiore ai quattro anni per le contravvenzioni e a sei anni per i delitti; in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere». Secondo il parlamentare di Forza Italia, certo, «la legge ex Cirielli del 2005 ha funzionato e posto un limite al fine processo mai».

D’altra parte, fonti parlamentari hanno già prospettato che, con il lavoro emendativo, si andrà verso una riforma non riducibile né a un ripristino della legge Orlando né alla ex Cirielli. La questione su cui in questi giorni dovranno discutere le forze di maggioranza – insieme ad Azione e Italia Viva, che hanno appoggiato il testo base – è quella di un’eventuale sospensione della prescrizione per alcuni casi particolari. In pratica il tema vero ora sarà decidere se andare verso una riformulazione snella dell’istituto o apportare dei correttivi.

Una cosa è certa: non potrà coesistere il doppio binario della prescrizione sostanziale e della improcedibilità. E per il vicepresidente della commissione Giustizia, «questa è anche una risposta a chi critica questa riforma: l’improcedibilità è stata un escamotage sia politico che tecnico per rispondere alle esigenze del Pnrr e tentare di abbattere il carico penale. Come abbiamo sentito in alcune audizioni, per effetto di questa misura si sta effettivamente verificando un abbattimento senza precedenti dei processi».

Come sappiamo, con la riforma Cartabia i processi “decadono” se durano più di due anni in appello e uno in Cassazione, fatte alcune eccezioni. «Il problema agitato dalle opposizioni e da alcuni organi di stampa ha davvero del paradossale», dice Pittalis: si ritiene appunto che con questa riforma molti processi vadano al macero, cosa che piuttosto sta accadendo in virtù dell’improcedibilità.

Il riferimento è anche a un articolo apparso nei giorni scorsi sul Fatto Quotidiano dal titolo “Le vittime di Viareggio e del Morandi contro il ritorno alle ex Cirielli”, in cui si scrive che i familiari delle persone morte nelle due tragedie, come in quella del Mottarone, temono si tratti di uno strumento normativo concepito per garantire l’impunità. Pittalis osserva: «Non può essere un singolo processo a dettare la regola generale, il funzionamento della giustizia non può essere caratterizzato, messi da parte i reati di particolare gravità sociale come quelli di mafia o terrorismo, dall’eccezione».

Secondo il deputato di FI occorre riportare al centro «l’efficienza del processo e le regole del giusto processo, scongiurando la condizione di imputato a vita, come ripetono spesso le Camere penali. Certo, le vittime hanno giustamente diritto a costituirsi parte civile e a veder punito il responsabile. Tuttavia il protagonista del processo resta l’imputato», ricorda il parlamentare e avvocato, «e non possiamo scaricare su di lui l’inefficienza della macchina giudiziaria. La pretesa punitiva dello Stato non può essere eterna», anche perché, come emerso da un Rapporto dell’Eurispes, elaborato in collaborazione con l’Ucpi, «le ragioni della lentezza dei processi sono strutturali, sia fisiologiche che patologiche, e nulla c’entrano con l'attività della difesa».

C’è da dire però che da parte delle opposizioni e anche della magistratura la critica che arriva a queste riforme è quella secondo cui l’attuale governo sarebbe intenzionato ad ammorbidire la lotta alla corruzione e salvare i colletti bianchi: «Niente di tutto questo», replica Pittalis, «secondo me, invece, qualcuno dovrebbe chiedersi perché nascono certe inchieste inizialmente roboanti e poi al contrario si concludano con le assoluzioni, e la vita degli imputati comunque rovinata: non ha torto chi dice che già il processo è una pena».

Ad agosto Nordio prefigurò l’ipotesi di far decorrere l’orologio della prescrizione dal momento in cui il reato viene scoperto, e non, come avviene sempre, da quando sarebbe stato commesso. L’idea fece infuriare proprio Forza Italia: «Non ho sentito dichiarazioni ufficiali del ministro in questo senso, neanche nelle sue linee programmatiche», osserva Pittalis. «Anzi, gli ho sentito dire che non è possibile affidare al sistema giudiziario le chiavi della libertà delle persone. Quello che mi preme dire – conclude il parlamentare di FI – è che mi dispiace che l’opposizione ancora una volta strumentalizzi questa ipotesi di riforma, che non vuole assolutamente rinunciare all’accertamento della verità».