Il test maggiormente impiegato per le selezioni psicocattitudinali è il “Minnesota multiphasic personality inventory” (Mmpi). Questo test permette di studiare le caratteristiche, normali e patologiche, della persona. I principali ambiti di utilizzo sono la psicologia del lavoro (selezione del personale, valutazione di candidati nei concorsi), e la psicologia giuridica (perizie e consulenze). Trattandosi di un test nato per finalità mediche, non misura il quoziente intellettivo ma permette di scoprire patologie di natura psichiatrica, nevrosi, psicosi.

Fra le malattie mentali, fino al 1990, era presente anche l’omosessualità. Per questo motivo, essendo da sempre utilizzato nelle procedure di arruolamento da parte delle Forze armate, ad iniziare dai carabinieri, in caso essa fosse stata riscontrata era disposto, a carico dell’aspirante, il suo congedo immediato, previo ricovero all’ospedale militare. Dopo quella data, l’Organizzazione mondiale della sanità derubricò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola una semplice “variante del comportamento umano”.

La prima versione di questo test risale al 1942 e negli anni è stata oggetto di continui aggiornamenti. Il “Minnesota” è formato da 567 affermazioni, denominate “item”: per ogni item si deve indicare “vero”, “falso”, “prevalentemente vero” o “prevalentemente falso”.

Questi sono i primi dieci item del test “Mmpi”: “Mi piacciono le riviste di meccanica”, “Ho un buon appetito”, “Mi sveglio fresco e riposato quasi tutte le mattine”, “Penso che mi piacerebbe lavorare come bibliotecario”, “Vengo facilmente svegliato dai rumori”, “Mio padre è una buona persona, o (se suo padre è morto) mio padre è stato una buona persona”, “Mi piace leggere gli articoli di cronaca nera”, “Di solito ho le mani e i piedi abbastanza caldi”, “La mia vita di ogni giorno è piena di cose che mi interessano”, “Sono capace di lavorare come lo sono sempre stato”.

Ogni affermazione e ogni “vero” o “falso” hanno un significato, per gli psicologi e gli psichiatri, che sono gli unici a poter somministrare il test. Senza entrare nello specifico, gli item del “Minnesota” fanno riferimento a una “scala” alla quale sono attribuiti determinati punteggi. Si tratta di 13 scale in totale, che analizzano la personalità nei suoi vari aspetti. Fra queste scale, ci sono quelle di validità che valutano se il questionario è compilato con sincerità e accuratezza; quelle cliniche di base che valutano le dimensioni più significative della personalità; quelle supplementari che approfondiscono i temi delle scale di base; quelle di contenuto che approfondiscono la conoscenza della personalità e i sintomi di eventuali patologie. Sono di particolare importanza le tre scale di validità, perché hanno lo scopo di valutare in quale misura il questionario è stato compilato con sincerità e accuratezza. Alcuni item, infatti, sono potenzialmente in contraddizione fra loro.

Per effettuare il test vengono normalmente messi a disposizione 120 minuti. Gli studi psicologici ritengono che per rispondere a tutti gli item siano necessari fra i 60 e i 90 minuti. Di conseguenza chi compila il test in meno di 60 minuti ha dedicato una scarsa attenzione alla lettura degli item. Una volta effettuato il “Minnesota”, si passa poi al colloquio con lo psicologo o lo psichiatra per la valutazione finale.

In rete ci sono tanti siti che forniscono consigli per come effettuare il test. Il primo è di non andare di fretta. Molti item, come detto, sono ripetitivi. È importante la concentrazione e prestare attenzione agli avverbi (molto, poco, raramente) e alle doppie negazioni contenute nella stessa affermazione, che potrebbero alterare il senso della frase stessa. Fondamentale è anche rispondere a tutti gli item: troppe omissioni potrebbero invalidare il test. Ovviamente, bisogna rispondere con sincerità e coerenza: “forzare" le risposte per tentare di apparire migliori è sintomo di insicurezza. Da ultimo, non serve interpretare gli item pensando al significato nascosto che potrebbero avere: sono affermazioni chiare e precise che non necessitano di particolari interpretazioni.

«Non vedo controindicazioni nel somministrare il Minnesota ai magistrati», afferma il professor Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche dell’Ausl di Modena e presidente della Società italiana di epidemiologia psichiatrica (Siep). «Chi svolge un’attività con grandi responsabilità, come appunto i magistrati, non dovrebbe temere il test», prosegue Starace, ricordando che comunque, nella procedura, c’è sempre l’intervento di uno psicologo o di uno psichiatra. «Mi stupiscono molto queste polemiche, soprattutto perché il test viene utilizzato nelle attività peritali che vengono svolte nell’ambito dei processi. E i magistrati per primi si avvalgono poi delle risultanze di questo test», conclude Starace, stoppando così sul nascere le obiezioni sollevate dalla Anm, contrarissima ai test per le toghe.