A cosa serve l’unicità delle carriere se il procuratore diventa monarca assoluto all’interno dell’ufficio giudiziario? La provocazione arriva dal giudice Andrea Reale, componente della corrente “Articolo 101” all’interno dell’Associazione nazionale magistrati. A fornire lo spunto per la polemica, la decisione del Csm - a ben 4 anni di distanza dai fatti - di “assolvere” l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone per la gestione del fascicolo su Piero Amara, per il quale l’allora sostituto Stefano Rocco Fava aveva chiesto l’arresto, negato dal vertice di Piazzale Clodio.

Una diatriba che si era conclusa con la revoca del fascicolo al magistrato, facendo finire la questione davanti a Palazzo dei Marescialli, dove la pratica è rimasta in un cassetto fino alla scorsa settimana. La discussione in plenum si è conclusa con la «presa d’atto» del decreto 637/19 del 18 marzo 2019, con il quale Pignatone aveva sottratto il fascicolo a Fava, sulla base di un semplice assunto: stando alle norme e, in particolare, alla riforma del 2006 sull’ordinamento giudiziario, il procuratore può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell'esercizio delle attività di indagine. Questione che ha suscitato la reazione del consigliere indipendente Andrea Mirenda, secondo cui il procuratore è diventato, ormai, «monarca assoluto», arrivando a chiedersi cosa resti di quel «feticcio dell'unità culturale della giurisdizione su cui si fonda l'orientamento di chi è contrario alla separazione della carriere».

La questione è stata riproposta da Reale nella mailing list dell’Anm, evidenziando come «il processo di gerarchizzazione delle procure della Repubblica (...) umilia e burocratizza la figura del singolo sostituto, allontanando in maniera abissale il ruolo di quest'ultimo e la sua attività inquirente dalla "comune cultura della giurisdizione" della quale dovrebbe essere intrisa». Il pm, dunque, non sarebbe più soggetto soltanto alla legge, ma anche al procuratore, «un divario che rende incommensurabile la distanza rispetto alla funzione del giudice, alla sua terzietà, imparzialità, indipendenza interna ed esterna. E che inizia davvero a fare vacillare, anche tra i magistrati, il dogma della unicità delle carriere». Le conseguenze, afferma Reale, ricadono così anche sul giudice: «Non ha senso neanche avere una magistratura giudicante imparziale e (apparentemente) terza - afferma - quando i processi penali hanno ad oggetto soltanto le notizie di reato (e le attività di indagine) scelte e indirizzate univocamente da un Capo a suo piacere».

La mail di Reale è stata però accolta dal silenzio. Un mutismo spiegabile, forse, proprio dalla concretezza del problema, in un momento in cui il dibattito politico si infiamma sul tema della separazione delle carriere. Scelte come quella sul caso Pignatone, infatti, renderebbero necessaria una discussione che potrebbe prestare il fianco a chi, da anni, tenta di portare a casa la riforma più odiata dalle toghe. Ed è proprio perché il rischio è concreto, spiega al Dubbio Stefano Musolino, segretario generale di Magistratura democratica e sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, che la prossima circolare del Csm sull’organizzazione degli uffici sarà determinante. Le scelte che verranno effettuate, infatti, saranno importantissime per «evitare che si possano verificare cedimenti verso procure stile “monarchia”». La necessità di individuare nel procuratore il punto di riferimento all’interno delle procura non ha a che fare solo con l’organizzazione, ma anche con la omogeneizzazione dell’esercizio dell’azione penale e cautelare, «per rispettare il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge - spiega Musolino -. Tutti i poteri che si muovono in questa logica vanno certamente apprezzati. Ciò che, invece, tende a individuare nel procuratore non un primus inter pares ma, appunto, un monarca trova dei limiti costituzionali molto precisi».

Ma sono proprio le decisioni del Csm a rafforzare - o sgonfiare - la gerarchizzazione che rischia di svuotare il ruolo del pm. Per tale motivo il dibattito che sta per avviarsi sulle nuove regole interessa molto la magistratura. La riforma Cartabia ha procedimentalizzato, infatti, anche l’approvazione dei progetti organizzativi, prevedendo un parere del Csm. Sarà dunque importante capire quali saranno i criteri da rispettare.

Il percorso inizierà mercoledì, quando il plenum approverà il programma della settima commissione per i lavori preparatori. programma che prevede una riflessione condivisa con i procuratori e i sostituti impegnati nell'applicazione delle recenti modifiche normative, scelta, quest’ultima, che tranquillizza Musolino. «I progetti sulla separazione delle carriere prescindono dalla gerarchizzazione degli uffici - afferma il pm -. Ma se ci fosse una riforma a cui si aggiungesse una forte gerarchizzazione delle procure i cittadini si dovrebbero preoccupare: sarebbe eccessivo il potere riconosciuto in capo a pochi soggetti e non bilanciato costituzionalmente.

Se il Csm recedesse dal compito di garantire la costituzionalizzazione dell’ufficio del pm, l’impatto sulla cultura della unicità della giurisdizione sarebbe grave e, al di là di quelle che possono essere le riforme, su un piano culturale tenderebbe sempre di più a distinguere pm e giudici. Il cittadino sarebbe così esposto ad un pubblico ministero sempre più simile ad un avvocato della polizia».