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«Guardi, come prima cosa bisognerebbe evitare che i magistrati sottoposti a procedimento disciplinare siano difesi a spese dello Stato e quindi di tutti noi cittadini», dice l’avvocato genovese Stefano Cavanna, componente della sezione disciplinare del Csm nella scorsa consiliatura.
Avvocato Cavanna, paghiamo la difesa tecnica dei magistrati?
Certo. Il giudice o il pm incolpato ha la facoltà di farsi assistere da un collega, e il regolamento di amministrazione e contabilità del Csm prevede espressamente che a quest’ultimo, oltre al pagamento di una indennità di missione, vengano rimborsate per intero le spese di viaggio per raggiungere Roma.
Quindi al magistrato che decide di farsi assistere dal collega che non lavora nella Capitale, il treno o l’aereo lo rimborsa il Csm?
È cosi. Da presidente della commissione Bilancio del Csm mi ero battuto affinché questo privilegio anacronistico venisse abolito.
Invece è rimasto.
Il disciplinare dei magistrati è l’unico ad avere natura giurisdizionale, mentre tutti gli altri sono dei procedimenti amministrativi. Ha mai visto che lo Stato paga il treno all’avvocato che va in tribunale per difendere un suo assistito?
Cosa pensa dell’Alta Corte?
Il discorso è complesso. E comunque prima di imbarcarsi in riforme costituzionali dall’esito quanto mai incerto, sarebbe opportuno intervenire sulle norme attuali.
Ad esempio?
Abrogare l’assoluzione per scarsa rilevanza del fatto, spesso motivata sulla mancanza di strepitus: se non lo ha saputo nessuno, perché punire il magistrato? Assurdo. La quasi totalità dei procedimenti termina invece così. E poi intervenire sulle fattispecie disciplinari, studiate apposta per punire il meno possibile.
Qualche altra modifica senza toccare la Costituzione?
Riformare l’esercizio dell’azione disciplinare e vietare l’archiviazione in via istruttoria da parte della procuratore generale senza un vaglio della sezione disciplinare del Csm. La riforma Mastella del 2006 ha eliminato qualsiasi possibilità di verifica sull’esercizio dell’azione disciplinare da parte della Procura generale della Cassazione, che può procedere alla pre- archiviazione in istruttoria senza che la sezione disciplinare anche solo lo sappia o, successivamente, possa conoscerne le motivazioni. Il risultato, ad esempio, è stato che fatti connessi allo scandalo Palamara, casi assolutamente assimilabili, sono stati trattati in maniera opposta. Alcuni sono stati perseguiti, altri, i più, sono spariti nelle nebbie. In sostanza, la Procura generale ha fatto quel che ha voluto senza che anche solo si potesse sapere in base a quale ragionamento, e men che meno che lo si potesse sindacare.
L’azione disciplinare però può essere esercitata anche dal ministro della Giustizia.
Si, ma trattandosi di un organo politico, è evidente che non sia una garanzia, tanto è vero che si tratta di iniziative rarissime.
Lei ha polemizzato spesso, sia in plenum che sulla stampa, con il procuratore generale di allora per questi fatti.
In occasione di discussioni su trasferimenti di ufficio, si scopriva che alcuni erano stati graziati e altri no. È chiaro che prevedere la discrezionalità del pubblico ministero significa sancire la definitiva legittimazione del correntismo da tutti deprecato a parole. Avevo proposto, senza alcun risultato, la modifica della norma affinché, in sede di riforma, si prevedesse l’incolpazione coatta nel processo disciplinare.
Un intervento da fare subito?
Limitare il potere delle correnti dell’Anm, cambiando la composizione della sezione disciplinare, ora a maggioranza togata, prevedendone invece la parità con i laici. Rotazione biennale dei suoi componenti e modifica del ruolo del presidente, ora affidato al vicepresidente del Csm.
Cosa si otterrebbe con questa modifica?
Il vicepresidente del Csm è eletto con i voti indispensabili dei togati. È lecito pensare che la sua terzietà potrà essere condizionata, quando si troverà a giudicare un togato appartenente alla corrente che è stata determinante per la sua elezione...