Scontro in procura a Milano tra i magistrati del caso Pifferi. La pm Rosaria Stagnaro, coassegnataria, assieme al collega Francesco De Tommasi, del fascicolo sulla morte di Diana, la piccola di 18 mesi morta di stenti dopo essere stata lasciata sola cinque giorni dalla madre Alessia Pifferi, ha chiesto formalmente al procuratore capo di Milano Marcello Viola di lasciare il processo, a causa del mancato accordo con De Tommasi sul fascicolo parallelo, relativo all’indagine sulle psicologhe del carcere di San Vittore e l’avvocato di Pifferi, Alessia Pontenani.

Stagnaro ha esercitato la facoltà di rinuncia al fascicolo, prevista in caso di «insanabile contrasto» con il capo dell’ufficio o con il coassegnatario. E in questo caso gli attriti sarebbero sorti con De Tommasi, che non avrebbe informato la collega dell’indagine avviata dopo i test effettuati dalle psicologhe in carcere, in base ai quali il cui Qi di Pifferi sarebbe pari a 40, quello di una bambina di sette anni.

Il procuratore Viola ha chiesto l’acquisizione del parere della procuratrice aggiunta Maria Letizia Mannella e deciderà entro questa settimana se autorizzare Stagnaro a lasciare il processo, la cui prossima udienza è prevista il 4 marzo. Il caso era stato sin dall’inizio affidato ad entrambi i magistrati, anche in virtù della specializzazione di Stagnaro, che fa parte del dipartimento fasce deboli, dal momento che tra le contestazioni mosse a Pifferi vi era quella di maltrattamenti. Viola tenterà ora di comprendere se sul secondo fascicolo si sia creato o meno un cortocircuito, come pare probabile.

Il decreto di perquisizione a carico delle due psicologhe - accusate di aver svolto una vera e propria attività di consulenza difensiva - è infatti firmato dal solo De Tommasi, che in aula - prima di iscrivere le tre donne sul registro degli indagati - aveva protestato vibratamente contro gli esiti degli esami svolti in carcere. «Non ci sto a essere preso in giro», aveva tuonato, definendo Pifferi perfettamente in grado di intendere e di volere e i test effettuati al di fuori delle «competenze della struttura psichiatrica del carcere». Insomma, una sorta di manipolazione dell’imputata che lo avrebbe spinto a far partire l’indagine, coinvolgendo anche l’avvocato Pontenani, accusata di falso - pur essendo stata nominata dopo l’effettuazione dei test incriminati -, mossa che rischia di estromettere la stessa dal processo.

Secondo De Tommasi, le psicologhe nelle intercettazioni si pongono «esplicitamente, direttamente e immotivatamente in contrapposizione con questo pm», per «introdurre» risultati «favorevoli alla Pifferi», con un «lavoro in un certo qual modo clandestino». La notizia dell’indagine era arrivata nel giorno dedicato agli avvocati in pericolo e all’indomani dell’ultimo incontro tra Pifferi e il perito incaricato dal Tribunale di Milano di accertare le sue condizioni mentali, il cui lavoro prescinderà comunque dai due pareri discordanti di accusa e psicologhe penitenziarie.

La notizia aveva fatto infuriare l’ordine degli avvocati di Milano e la Camera penale, che avevano evidenziato l’anomalia di un’indagine che avrebbe potuto essere avviata al termine del processo, con la canonica trasmissione degli atti. «È difficile, mettendosi nei panni della collega, non avere la sensazione di un implicito invito a fare un passo indietro. E non vogliamo consentire che una situazione del genere passi inosservata. La funzione difensiva non deve essere mai in pericolo», avevano stigmatizzato Coa e Camera penale. Ora un nuovo capitolo della storia.