Se il candidato a un concorso, nel proprio elaborato, riproduce quasi testualmente ciò che è scritto nel manuale, non è detto che abbia per forza copiato: lo ha stabilito il Tar di Palermo, nel respingere il ricorso della concorrente di una selezione indetta dall'Università del capoluogo siciliano.

La donna aveva chiesto l'esclusione del candidato piazzato davanti a lei in graduatoria, sostenendo che avesse copiato: i giudici amministrativi le hanno dato torto, affermando come la natura tecnica del testo da redigere non consentisse particolari spunti di originalità.

«Non è irragionevole ritenere – scrive il Tar - che il candidato mediamente preparato per lo svolgimento della prova concorsuale, anche attraverso la ripetuta consultazione dello stesso manuale, potesse naturalmente essere portato a illustrare la procedura argomento della prova, secondo l'impostazione fornita dallo stesso manuale». Il collegio ha accolto le tesi degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, difensori del "resistente".

Il concorso indetto dall'ateneo palermitano era una procedura riservata agli interni ed era stato bandito nel 2019, per la copertura di un posto di categoria EP, posizione economica EP1, per il settore Coordinamento e audit dei processi contabili, riservata al personale in servizio a tempo indeterminato nella categoria D. La donna che aveva presentato ricorso sosteneva che l'elaborato "incriminato" fosse stato copiato dal Manuale tecnico operativo del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e anche che contenesse un segno di riconoscimento, la dicitura "traccia n. 2".