L’allontanamento produce più danni dell’abuso. Anche nel caso in cui a macchiarsi di quel reato sia il padre del minore. Lo ha ribadito ancora una volta in aula Elena Francia, consulente dell’accusa nel processo sui presunti affidi illeciti “Angeli e Demoni”. Una sua interpretazione personale - questa alla fine l’ammissione - che avrebbe dunque fatto da base ad una corposa relazione, che individuava nei bambini coinvolti nel “caso Bibbiano” danni post traumatici da stress causati dall’intervento dei servizi sociali. Il tutto anche se, stando ai manuali, l’affido non è ricompreso tra le cause scatenanti la Ptsd.


Nessuna campagna denigratoria


Ancora una volta protagonista della seconda giornata di controesame è stato Luca Bauccio, avvocato, insieme a Francesca Guazzi, di Nadia Bolognini, una delle psicoterapeute imputate. Bauccio è riuscito a far ammettere alla consulente che alcune delle frasi che per mesi hanno tenuto banco sui giornali - la presunta denigrazione dei genitori da parte della psicoterapeuta - in realtà non sarebbero mai state pronunciate. Tutto ruota attorno al progressivo 663, che stando alle carte che compongono l’accusa racchiuderebbe frasi contro la madre di uno dei minori coinvolti. Ma in quell’audio non ci sarebbe alcuna traccia della presunta campagna denigratoria avviata da Bolognini contro la donna, tanto che Francia ha dovuto ammettere l’errore. Così come non c’è nulla nei confronti del padre: la psicologa, anche in questo caso, non è riuscita a rintracciare nelle trascrizioni le frasi denigratorie nei confronti del padre. La consulente ha dunque affermato di aver dedotto «dal clima e dall’atteggiamento» tale attitudine di Bolognini, pur non avendo visto le sedute.

Secondo Francia, psicologi e servizi sociali sarebbero stati “alienanti”, di fatto applicando i criteri della (inesistente) Pas - concepiti per la relazione genitore - figlio - alla relazione tra terapeuta e paziente. «Da quale fonte scientifica ha tratto spunto?», ha chiesto dunque Bauccio. «È stata una mia valutazione», ha replicato Francia. Ma non solo: durante una delle sedute, Bolognini, di fronte ad una minore che dichiarava di voler vedere i genitori, ha risposto in maniera positiva, sostenendo che si trattava di una bellissima frase e consigliando alla bambina di «far parlare sempre il suo cuore». Il difensore ha dunque chiesto alla consulente come ritenesse conciliabile questa affermazione come la figura dello “psicoterapeuta alienante” da lei tratteggiata. La psicologa ha replicato sostenendo che una sola frase positiva non modificherebbe l’impatto di molte negative. Ma davanti alla richiesta di mostrare quelle che avrebbero impattato negativamente sulla cognizione dei genitori da parte della bambina la consulente non ha saputo dare indicazioni.
In scena è andato anche uno scontro “casalingo” tra Francia e Rita Rossi, altra consulente della procura, collega di studio proprio di Francia. Mentre per quest’ultima, infatti, lo psicoterapeuta deve essere neutro, per Rossi la psicoterapia è intrinsecamente suggestiva e non può e non deve essere neutra, in quanto tendente al cambiamento. «È d’accordo con Rossi?», ha chiesto Bauccio. «No», ha risposto Francia. Eppure, proprio Rossi - asso nella manica della procura - ha accusato Bolognini di essere stata suggestiva, pur sostenendo, professionalmente, l’inevitabilità di tale atteggiamento terapeutico.

Il disturbo post traumatico da stress

Secondo Francia, una delle minori coinvolte nel caso Bibbiano avrebbe manifestato un disturbo post traumatico da stress collegato all’allontanamento. Bauccio ha dunque chiesto alla consulente le cause del disturbo in questione, indicate dalla psicologa in morte, violenza e abuso. E proprio l’abuso era uno dei sospetti che riguardavano la minore. «L’allontanamento non c’è - ha fatto notare Bauccio -, dove lo colloca?». Per Francia la risposta è «pericolo di morte». Non perché la minore sia stata minacciata, ma perché dopo l’allontanamento, ha immaginato Francia, la bambina potrebbe aver pensato «è la fine, sono morta». Un pericolo “metaforico” non previsto, però, dal Dsm-5, la “bibbia” degli psicoterapeuti. «È stata una mia interpretazione», ha dunque ribadito Francia.

L’allontanamento produce più danni dell'abuso

La consulente ha inoltre sottolineato ancora una volta che l’allontanamento da una famiglia produce più danni dell’abuso. E quindi anche di fronte ad una «penetrazione digitale», come nel caso di una delle minori, considerata dalla legge a tutti gli effetti un abuso, la cosa peggiore rimane l’allontanamento. Secondo Francia, infatti, quel gesto, compiuto dal padre, non sarebbe stato idoneo a produrre la così grave manifestazione di Ptsd riscontrata nella bambina, un concetto che, di fatto, ha ribaltato il Dsm-5.


Le sit mancanti

Durante l’udienza di mercoledì Oliviero Mazza, difensore insieme a Rossella Ognibene dell’ex responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi, ha svelato l’esistenza di alcune sit che il pubblico ministero non ha depositato. Si tratta delle dichiarazioni della madre del “caso zero”: la donna, sentita dal pubblico ministero in questo procedimento, aveva dichiarato che la bambina, dopo l’affido, era più serena e tranquilla rispetto a prima. Quelle sit non sono nel fascicolo, ma sono state consegnate alla consulente Rossi. La difesa ha eccepito la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini e di tutti gli atti conseguenti, quantomeno con riferimento ai capi di imputazione riguardanti la posizione di questa minore. Mazza ha inoltre ribadito l’eccezione di inutilizzabilità delle consulenze tecniche, evidenziando come la stessa Francia abbia parlato di malattie in regressione, il che renderebbe l’accertamento tecnico irripetibile e, in quanto tale, da compiere nel contraddittorio. Infine, il Tribunale ha disposto l’ascolto del responsabile finanziario dell’Unione Val d’Enza Iuri Menozzi, teste del pm, come persona indagabile ex articolo 210 del codice di procedura penale.