Una recente ordinanza della Corte Suprema ha focalizzato l'attenzione sulla complessa questione dell'inadempimento di una prestazione professionale e dei relativi compensi. La controversia ha ruotato attorno all'interpretazione di un presunto accordo verbale tra le parti e alla congruenza tra il compenso richiesto e le effettive prestazioni fornite.

I protagonisti di questo caso sono da un lato il convenuto e dall'altro l'avvocato che lo aveva assistito in una causa legale concernente il suo ex convivente.
In particolare, il convenuto aveva contestato un decreto ingiuntivo che lo obbligava al pagamento di un considerevole importo a favore dell'avvocato che lo aveva assistito nella suddetta causa legale, conclusasi con il rigetto della domanda dell'altra parte. Successivamente, il convenuto ha sollevato opposizione sostenendo l'esistenza di un accordo verbale tra le parti, subordinando il pagamento del compenso al risultato favorevole della causa.

Tuttavia il Tribunale di Venezia ha respinto l'opposizione, confermando il decreto ingiuntivo iniziale, sostenendo che non vi fossero questioni rilevanti al di là dell'accordo verbale e degli errori professionali dell'avvocato opposto. Successivamente, la Corte d'appello di Venezia ha ribadito questa decisione, affermando che l'accordo verbale non era stato dimostrato e che le critiche alla condotta difensiva dell'avvocato erano generiche. La Corte ha anche escluso la possibilità di una domanda risarcitoria specifica.

La Suprema Corte, a sua volta, ha rigettato il ricorso presentato, confermando le decisioni dei precendenti gradi giurisdizionali. Ha evidenziato l'interpretazione corretta dei motivi di gravame da parte della Corte d'Appello, concentrandosi sull'accordo verbale ipotizzato riguardante il compenso dell'avvocato e sulla corrispondenza tra tale compenso e il valore effettivo della causa.
È fondamentale ribadire il principio sottolineato dalla Corte, secondo il quale il giudizio sull'inadempimento di una prestazione professionale si articola in due fasi: il compimento dell'attività stessa e la sua esecuzione secondo gli standard di diligenza professionale richiesti. Inoltre, la Corte ha enfatizzato che spetta al professionista dimostrare l'effettiva erogazione delle prestazioni e l'applicazione corretta delle tariffe pertinenti in caso di contestazioni concernenti la diligenza professionale.

La sentenza ha quindi confermato il rigetto del ricorso ed ha condannato la parte convenuta al pagamento delle spese processuali in favore dell'avvocato opposto.