Gli avvocati di Vibo Valentia hanno proclamato lo stato di agitazione per porre all’attenzione delle istituzioni le condizioni in cui versa il Tribunale. Una situazione allarmante che ha indotto il Coa, presieduto da Francesco De Luca, a chiedere l’intervento del ministro della Giustizia. Il presidente degli avvocati vibonesi ha inoltre informato il Consiglio nazionale forense e il Csm. A preoccupare e scoraggiare le toghe di calabresi sono anche i dati pubblicati all’inizio di dicembre dal Sole- 24Ore: il loro risulta essere il Tribunale più lento d’Italia per quanto riguarda la definizione delle cause civili, con una durata media superiore a 800 giorni.

In materia di lavoro, inoltre, ci sono ancora contenziosi risalenti a dieci anni fa. I problemi che sono costretti ad affrontare i cittadini e gli avvocati sono conseguenza di una pianta organica incompleta.

«La classifica di recente pubblicata – dice il presidente De Luca – ha sorpreso tanti, ma non gli avvocati vibonesi e chi li rappresenta». La scelta dello stato di agitazione, connessa alla situazione drammatica della giustizia civile, è stata inevitabile. «La maggior parte dei procedimenti – evidenzia il presidente dell’Ordine forense – si conclude in media nell’arco di otto- nove anni, compresi quelli definiti urgenti dal legislatore. Ancora più grave la circostanza che, fino a marzo del prossimo anno, per carenza di organico, sarà impossibile riunire il collegio civile per i relativi procedimenti di competenza.

Una situazione insostenibile che induce i cittadini a perdere fiducia nella giustizia e nelle istituzioni, ma anche nei propri legali, spesso ritenuti responsabili dell’eccessiva durata dei giudizi».

Il Coa di Vibo ha chiesto al guardasigilli di intervenire con urgenza. Pochi giorni fa il riscontro da parte del ministero. Una delegazione dell’Ordine vibonese sarà ricevuta alla fine del prossimo mese di gennaio in via Arenula da Carlo Nordio.

«Abbiamo chiesto – aggiunge De Luca – un’audizione al ministro per segnalare la grave situazione in cui versa la giustizia civile nel Tribunale, dovuta, innanzitutto e principalmente, all’esiguo numero di magistrati e personale amministrativo in servizio, nonché ai frequenti trasferimenti dei giudici in altre sedi e all’applicazione di alcuni magistrati al settore penale per la composizione dei collegi giudicanti nei maxiprocessi di criminalità organizzata. Nel penale, infatti, non si registrano particolari problemi, anzi, proprio qualche settimana addietro

si è concluso il processo “Rinascita Scott” che, dopo quello celebratosi a Palermo, costituisce il processo più grande nella storia giudiziaria del nostro Paese. Ha registrato un incredibile impegno profuso dal collegio giudicante, dai pubblici ministeri e da tutti i difensori, che hanno tenuto centinaia di udienze andate avanti per giorni sino a tarda ora». Il Coa di Vibo Valentia si appella al ministro della Giustizia affinché faccia ogni sforzo possibile per risolvere il problema della pianta organica carente. «Nel civile – conclude De Luca – appare assolutamente improcrastinabile la repentina copertura dei posti, al fine di procedere a un significativo taglio dei tempi di definizione dei procedimenti civili ed evitare, così, di assistere inermi ai continui rinvii delle udienze, in particolare quelle di precisazione delle conclusioni rinviate ripetutamente e costantemente. I rinvii mortificano e vanificano il lavoro svolto dagli avvocati.

Solo così, il sistema giudiziario sarà in grado di garantire in tempi adeguati la tutela dei diritti della collettività per com’è richiesto ad un moderno Stato europeo. L’attuale situazione richiede un intervento urgente e non più prorogabile della politica, volto a garantire il principio costituzionale della ragionevole durata del processo e a dare risposte celeri alle istanze dei cittadini in un territorio già troppo martoriato».

L’Unione regionale degli Ordini forensi della Calabria “Zaleuco Locrese”, presieduta da Rosario Maria Infantino, ha espresso vicinanza al Coa di Vibo Valentia e auspica tempestivi interventi.

«Chiediamo – si legge in una nota – che la politica, assumendosi le dovute responsabilità, si attivi concretamente, affinché, andando oltre quelle riforme che, di certo, non hanno reso più snelli né il processo penale né quello civile e non ne hanno ridotti i tempi, si adoperi per sopperire alle gravi carenze di risorse in modo da rendere realmente il sistema giudiziario italiano in grado di offrire la giusta tutela dei diritti in quei ragionevoli tempi del processo richiesti dall’Europa».