La tragedia continua a colpire dietro le sbarre del sistema penitenziario italiano, con un recente aggiornamento che porta il conto dei suicidi a 24 in meno di 70 giorni dall'inizio dell'anno. La voce del dolore si alza dalle famiglie distrutte, mentre le istituzioni sembrano inerti di fronte a questa crescente crisi umanitaria.

Non si è fatto in tempo nel dare notizia dei tre suicidi avvenuti nel giro di 24 ore, che solo dopo giorni dal fatto è emerso che un altro giovane detenuto si è tolto la vita nel carcere di Parma. Il ragazzo, in carcere da dicembre, era dal 10 marzo in isolamento per motivi disciplinari. Il garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, si è subito recato nel carcere di Parma per un confronto con la direzione. «Il giovane – sottolinea il garante – aveva già messo in atto gesti di autolesionismo e per questo solleciteremo le autorità al fine di capire se sia stato attivato il protocollo antisuicidario come previsto in questi casi».

Ciò che rende ancora più scioccante questa serie di suicidi è l'assenza di azioni concrete da parte del governo. La proposta di legge presentata dal deputato Giachetti di Italia Viva è in commissione Giustizia e deve affrontare un lungo iter, mentre quella presentata da Riccardo Magi di +Europa giace ancora nel cassetto. In tutto ciò non si concretizza nemmeno la liberalizzazione delle telefonate in carcere e maggiore affettività.

Il sistema penitenziario dovrebbe essere un luogo di rieducazione e reinserimento sociale, come sancito dall'articolo 27 della Costituzione. Tuttavia, ogni volta che un detenuto si toglie la vita, questo scopo viene tradito in modo doloroso e inequivocabile. Il sistema, che dovrebbe reinserire, fallisce in maniera eclatante. Parafrasando le parole della “Canzone del Maggio” di Fabrizio De Andrè, ogni volta che un detenuto muore suicida, anche se noi ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti.

A proposito di fallimenti, alcuni suicidi risultano anche singolari. È il caso di Patrick Guarnieri, un giovane ventenne, che si è tolto la vita tre giorni fa, proprio il giorno del suo compleanno, nel carcere di Castrogno a Teramo. L’associazione Sbarre di Zucchero denuncia che la versione ufficiale del suicidio viene contestata dallo zio e dal cugino di Patrick, sostenuti da testimonianze di altri detenuti nella stessa sezione. Le accuse sono precise e gravi: si sospetta che dietro la morte di Patrick ci siano delle responsabilità dirette. “Sbarre senza Zucchero” si unisce al grido di dolore della famiglia di Patrick, chiedendo che sia fatta piena luce su questo caso. L’episodio, l’ennesimo, rimane una ferita aperta che richiede risposte e azioni concrete per evitare che tragedie simili accadano in futuro.

Il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, di fronte alla triste escalation dei suicidi in carcere, il mese scorso ha emesso una circolare ribadendo l'importanza di affrontare questo fenomeno con la massima attenzione. Per far comprendere l’importanza, ha ricordato i dati più recenti dell'Istat, disponibili fino al 2020, i quali indicano che il tasso di suicidi nella popolazione era di circa 6,18 casi per 100.000 abitanti, mentre negli istituti penitenziari per adulti nel 2023 si sono verificati 66 suicidi su circa 60.000 detenuti, con un rapporto di 111,6 casi per 100.000 abitanti. Eppure, sebbene il Dap sia impegnato nella prevenzione del suicidio, le regole attuali limitano significativamente l'efficacia di tali sforzi, richiedendo urgentemente interventi legislativi. A sollevare le critiche è stato soprattutto il segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio, il quale ha messo in luce le condizioni di sovraffollamento e la mancanza di risorse adeguate. Di fatto, dopo quella circolare, i suicidi non si sono fermati.

Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha espresso profonda preoccupazione a fronte dell’escalation, definendolo un chiaro segnale del fallimento delle istituzioni carcerarie. Gonnella ha sottolineato l'urgenza di adottare politiche volte a contrastare il sovraffollamento carcerario, che deumanizza le persone riducendole a numeri senza volto. Ha criticato il disegno di legge sulla sicurezza in discussione, temendo che possa aggravare ulteriormente la situazione e aumentare il numero di sofferenze. Ha richiamato l'attenzione sulle misure proposte da tempo da Antigone, come il diritto dei detenuti di effettuare chiamate giornaliere ai propri cari anziché settimanali, sottolineando che queste iniziative potrebbero essere cruciali nel prevenire futuri tragici eventi. Ha quindi invitato governo e Parlamento a discutere pubblicamente sul tema delle carceri e ha esortato i parlamentari a visitare le sezioni più affollate e disagiate degli istituti per comprendere meglio la realtà detentiva. Infine, Gonnella ha lanciato un allarme sul nuovo reato di rivolta penitenziaria previsto nel ddl sicurezza, sottolineando il rischio di aumentare gli atti di autolesionismo, i tentativi di suicidio e i suicidi tra i detenuti. Ha auspicato il ritiro di questo provvedimento e l'approvazione di norme che favoriscano la modernizzazione, l'umanizzazione e la deflazione del sistema carcerario. Ha ribadito la disponibilità di Antigone a discutere con chiunque sia interessato ad ascoltare le loro proposte e il loro parere su come migliorare il sistema carcerario.

L’urgenza di azioni immediate è evidente, considerando il crescente numero di suicidi in carcere, che ha già raggiunto cifre inquietanti all'inizio di quest'anno. Il tempo stringe, e ogni giorno senza azione significa potenzialmente un altro tragico evento. La speranza ora risiede nell'azione legislativa per affrontare questa vera e propria emergenza umanitaria.