Ha un che di sferzante, il tono adottato da Raffele Fitto, e da Palazzo Chigi, nel comunicato sul Pnrr. Ce n’è per tutti: a cominciare dai sindaci che dovranno provvedere con risorse locali qualora le opere ammesse ai finanziamenti Ue (e relative ai cosiddetti Piani urbani integrati) non fossero realizzate nei tempi previsti. Stesso discorso anche per le scuole della prima infanzia, sulle quali pure si abbatterà la scure del «definanziamento» qualora le amministrazioni locali non completino entro fine anno la fase di progettazione.

In campo sanitario c’è già un ridimensionamento sulle cosiddette case di comunità, che dovrebbero rivoluzionare l’assistenza di base ma il cui numero è stato tagliato, almeno nel Piano di ripresa e resilienza, perché, spiega il ministro Orazio Schillaci, «sono aumentati del 30% i prezzi delle costruzioni». Ce n’è per tutti, in una giornata che vede il responsabile degli Affari europei Fitto e la Cabina di regia di Palazzo Chigi nelle vesti di spietati controllori, con la complicità dei tecnici di Bruxelles.

E visto che nessuno è escluso dal richiamo al rispetto dei tempi, il discorso vale pure per il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Vincolato tra l’altro, come tutte le amministrazioni dello Stato, a un’ulteriore rivoluzione imposta dal Pnrr: la netta riduzione dei tempi per il pagamento dei servizi resi da soggetti esterni. E qui siamo a un aspetto che riguarda anche gli avvocati, tenuti a garantire il patrocinio a spese dello Stato e le difese d’ufficio ma abituati a ricevere i relativi compensi con margini di differimento anche pluriennali (attenuati solo dalle possibilità di compensazione con oneri fiscali e previdenziali). Ebbene, come previsto dal Pnrr, su precisa richiesta dei “servizi” di Bruxelles (i tecnici che vigilano per conto della Commissione Ue), si dovrà cambiare definitivamente registro di qui a un anno.

Si dovrà arrivare a un regime che, ad oggi, pare fantascentifico, e che infatti lascia intravedere incognite non banali sulla sostenibilità dell’impegno preso con l’Europa: via Arenula dovrà (come altri ministeri) acconciarsi ad assicurare che i propri pagamenti vengano eseguiti, udite udite, in un «tempo medio pari a trenta giorni, con un ritardo medio pari a zero giorni».

Tra i vari passaggi sferzanti o comunque severi contenuti nell’ampio comunicato di Palazzo Chigi, quest’ultima frase supera per distacco tutti gli altri. Difficile decidere se vi si debba leggere bonaria ironia o un ultimatum. Vale la pena di citare per intero il passaggio, che restituisce non solo il tono ultimativo, appunto, in cui si muovono Fitto e i controllori europei, ma anche un certo malcelato allarme sullo sforzo che andrà sostenuto per raggiungere gli obiettivi: «Nel corso della seconda sessione di lavoro della Cabina di regia, presieduta dal ministro Fitto alla presenza del ministro Nordio, del sottosegretario Albano (in rappresentanza del titolare del Mef Giorgetti, ndr) e dei delegati dell’Interno e della Difesa, è stata verificata la situazione rispetto alle azioni in corso per la riduzione dei tempi di pagamento delle Pa e delle autorità sanitarie, che prevedono obiettivi nella quinta e settima rata» del Pnrr.

Il governo, ricorda la nota, «nella proposta di rimodulazione del Pnrr» presentata lo scorso 7 agosto, «ha richiesto lo spostamento degli obiettivi, finalizzato a consentire una puntuale verifica con un orizzonte temporale annuale». Tradotto: sulla stabilizzazione dei tempi di pagamento da parte delle Pa, che devono diventare “svizzeri”, già abbiamo chiesto all’Ue una deroga, e non possiamo chiederne di ulteriori. La nota infatti così prosegue: «In particolare, per le amministrazioni diverse dalle sanitarie», dunque anche per la Giustizia, «è previsto un tempo medio di pagamento pari a trenta giorni, con un ritardo medio pari a ’’zero giorni’’», e quest’ultima espressione è messa, nel comunicato, tra virgolette apposta per enfatizzare l’avvertimento. «Gli stessi target andranno soddisfatti dopo 12 mesi (T4/2024)», entro l’ottobre dell’anno prossimo, quindi. «Sull’articolato punto è stato avviato un costruttivo confronto, attraverso diverse riunioni tecniche, con i servizi della Commissione europea». Eccoli, i “servizi” Ue.

Infine, si ricorda dalla Cabina di regia che il coinvolgimento dei ministeri dell’Interno, della Giustizia e della Difesa è stato “reclamato” dal Mef, che “risponde” direttamente a Bruxelles, e serve a richiamare i titolari di quei dicasteri «all’adozione di interventi mirati, anche di carattere organizzativo, per raggiungere gli obiettivi previsti». A via Arenula, per esempio, saranno necessari seri rinforzi di organico: tradotto nel linguaggio della nota di Fitto, «nei prossimi giorni saranno definiti specifici piani di azione, che le singole amministrazioni», cioè i ministri, «implementeranno per consentire la rendicontazione degli obiettivi». Non avete scampo, avrebbero potuto aggiungere.

Riguardo a via Arenula c’è ovviamente anche dell’altro. Innanzitutto, Nordio ha assicurato a Fitto, alla Cabina di regia e ai “servizi” di Bruxelles che «nei prossimi giorni saranno adottati gli ultimi decreti attuativi relativi alla riforma della giustizia civile». C’è stato un check sulla «digitalizzazione della giustizia» ma soprattutto sulla rimodulazione del Pnrr riguardo alle percentuali di riduzione dell’arretrato civile.

Qui il confronto è stato interlocutorio: il guardasigilli ha illustrato il restyling già discusso con i tecnici Ue, e che prevede di tagliare le cause di primo grado, entro giugno 2026, non del 90%, come ipotizzato all’epoca di Marta Cartabia, ma di un più realistico 32%. Se ne riparlerà «nel corso delle prossime interlocuzioni, per la completa verifica delle singole proposte». Almeno su questo, via Arenula sarà meno sotto pressione. Ma sui pagamenti, a quanto pare, si passa alla tolleranza zero.