La Corte d'Assise di Milano ha condannato all'ergastolo Alessia Pifferi, imputata per l'omicidio pluriaggravato della figlia di quasi 18 mesi Diana abbandonata dal 14 luglio al 20 luglio 2022 e lasciata morire di stenti. I giudici hanno escluso l'aggravante della premeditazione. 

L'avvocata della difesa, Alessia Pontenani, aveva chiesto l'assoluzione sostenendo che non era intenzione della 38enne uccidere la figlia: fu "abbandono di minore". L'accusa, in aula, nella replica, ha confermato la richiesta all'ergastolo, già avanzata nel corso dell'udienza di aprile. Per il pm Francesco De Tommasi si tratta invece di una “una sentenza giusta, una prima tappa per l'accertamento della verità. Ci ho creduto sempre e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima”, ha commentato il pm, per il quale non andava riconosciuto alcun beneficio ad Pifferi "per tante ragioni, ma soprattutto perché ha mentito sulla vita di sua figlia, l'ha tradita quando l'ha lasciata sola, l'ha tradita in questo processo, quando non ha avuto il coraggio di assumersi le sue responsabilità. Diana guarderebbe la madre e implorerebbe il suo perdono perché i bambini sono così. Condannatela all'ergastolo per dare giustizia a Diana".

L’arringa difensiva 

"Alessia Pifferi non ha mai voluto uccidere la figlia. Esiste un reato nel nostro codice: l’abbandono di minore. È il caso della morte di Diana. Ha commesso qualcosa di tragico quando ha abbandonato la bambina", ha detto in aula Pontenani concludendo la propria arringa. "Non c'è stata volontarietà: se avesse voluto ucciderla l'avrebbe fatta sparire", ha spiegato la legale.

Se l'imputata ha commesso un reato "è quello di abbandono di minore". Alessia Pifferi "non ha mai pensato alle conseguenze delle sue azioni tanto che ha dato l'allarme. Avesse premeditato questo delitto orribile non saremmo qui, ma a cercare una bambina scomparsa. Esiste un reato nel nostro codice che è l'abbandono di minore: è il nostro caso, è il caso di Diana". L'imputata "lo compie la prima volta che va al supermercato senza la figlia, nel primo weekend in cui la lascia sola a casa, nel secondo, nell'ultima maledetta settimana. Sperava, credeva in cuor suo che non sarebbe successo nulla". Diana Pifferi "era una donna abbandonata a se stessa. Capisco il dolore della famiglia, forse giustificato dal timore di essere chiamati in causa con una forma di corresponsabilità; e forse la corresponsabilità ce l'ha chi l'ha sentita piangere e non è intervenuto o chi per una settimana non si è preoccupato di fosse questa bambina; tutti sono responsabili". 

“Io non credo che Alessia Pifferi sia una persona totalmente capace di intendere e volere. Ai periti che gli domandavano cosa poteva succedere alla bambina rispondeva che poteva cadere dal lettino - ha proseguito la legale - sente voci, sente odori che nessuno sente, è stata vittima di violenza sessuale, non è andata a scuola, ha un deficit cognitivo, psicomotorio, è vissuta senza un lavoro, in condizioni di estrema indigenza". E ancora "non sapeva di essere incinta, partorisce in casa senza aiuti, non ha mai pensato alle conseguenze delle proprie azioni. Se lo avesse saputo non saremmo qui ma staremmo cercando una bambina scomparsa da due anni", ha insistito Pontenani ribadendo la richiesta di assoluzione per la sua cliente. "Lei non riesce a capire la differenza tra l'omicidio a coltellate e quello per omissione. Continua a ripetere di non aver ucciso la figlia. Quindi ritengo sia necessario comunque riconoscere le attenuanti generiche. Vi lascio nelle mani Alessia e Diana, entrambe persone sfortunate, perché abbiano davvero giustizia", ha concluso rivolgendosi alla Corte.