PHOTO
ERNESTO CARBONE POLITICO
C’è una cosa sulla quale l’asse Area-Magistratura indipendente e i laici di centrodestra del Csm sono d’accordo: la proposta B, quella che introduceva i punteggi per determinare il candidato più adatto ad occupare un ruolo direttivo o semidirettivo, sarebbe in linea con la riforma della separazione delle carriere. Un’affermazione che spiega le inedite alleanze createsi nel plenum straordinario di martedì - proprio nel giorno in cui la Commissione Affari costituzionali piazzava il primo mattone per la riforma -, che ha decretato la vittoria della proposta A per il nuovo Testo unico della magistratura. Proposta che, di fatto, mantiene il massimo della discrezionalità - origine, secondo i sostenitori dell’altro testo, di tutti i mali della magistratura -, introducendo qualche piccolo correttivo. Come raccontato sull’edizione di ieri, la sorpresa non è stata solo l’accordo (ormai arcinoto) tra le due correnti maggioritarie, solitamente disposte ai lati opposti della barricata in plenum e, secondo i rumors, giustificato anche da patti elettorali in vista del rinnovo delle cariche dell’Anm.
A colpire è stato soprattutto, il voto comune tra laici di centrodestra e gli acerrimi nemici di Magistratura democratica, bersaglio polemico del governo nelle ultime settimane, entrambi schierati con la proposta B. Ma i motivi di tale scelta di campo sarebbero completamente diversi. Secondo i laici di centrodestra, infatti, sarebbe stata quella disegnata dalla proposta B la strada giusta per stemperare il potere delle correnti, in un’ottica, però, di revisione dell’organo di governo autonomo che rientrerebbe appieno nei piani della maggioranza di governo.
Per Md, Unicost, gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda e i laici Michele Papa e Roberto Romboli, invece, sarebbe vero l’esatto contrario: quella proposta, a loro dire, sarebbe l’unica alternativa al sorteggio, pure previsto dalla riforma. Ad indicare la continuità tra la politica di maggioranza e la proposta “ribelle” è stato il laico Felice Giuffrè di Fratelli d’Italia. «La proposta B si pone, a mio avviso, maggiormente in linea col disegno di legge di revisione costituzionale che è attualmente in discussione alle Camere - ha dichiarato -. Sotto questo profilo, quello sarà a mio avviso un elemento che consentirà di chiudere il cerchio e determinare la rigenerazione della magistratura dell’intero ordine giudiziario». Un concetto opposto a quello espresso, invece, da Fontana, secondo cui «conservare in capo al Consiglio il potere discrezionale, anticipando il suo esercizio (come proponeva il testo B, ndr), rappresenta la risposta alta all’ipotesi del sorteggio».
Per Mirenda, anzi, «la proposta dei punteggi non solo non era funzionale al sorteggio e alla separazione delle carriere ma, al contrario, proprio riducendo pesantemente la discrezionalità consiliare e valorizzando la pluralità dei percorsi professionali, si preparava ad un futuro Consiglio di sorteggiati non “governato” dalle correnti, dove meglio sarebbe stato evitare l’approccio personalistico e randomico di ciascun consigliere, foriero solo di oscillazioni “caso per caso”».
A conferma che non ci fosse l’intento di supportare la separazione c’è anche il voto di due laici indicati da partiti di opposizione, da mesi sulle barricate contro la riforma, ovvero Papa (M5S), ordinario di diritto penale, e Romboli ( Pd), emerito di diritto costituzionale. Insomma, visioni contrapposte, mentre l’accusa di promuovere la separazione è stata mossa anche alla proposta A, tra gli altri, dalla togata di Md Domenica Miele, relatore della proposta alternativa. «La fascia valorizza in modo eccessivo l’esperienza settoriale funzionale aprendo, in via di fatto, un’autostrada verso la separazione delle carriere ha affermato -. La nostra proposta a “punteggi” dà un segnale forte in questo peculiare momento storico e dimostra la nostra capacità di autoregolarci, facendo tesoro delle esperienze passate».
Comunque sia, a passare è stata la proposta “conservatrice”, consolidando l’inedito asse tra Area e Mi (corrente, quest’ultima, spesso accusata di collateralismo con il governo), col supporto della prima presidente della Cassazione Margherita Cassano e il procuratore generale Luigi Salvato. Una proposta, aveva spiegato il togato di Area Maurizio Carbone, il cui scopo è, da un lato, «preservare l’autonomia valutativa del Csm» e dall’altro evitare di «irrigidire oltremodo la discrezionalità amministrativa di un organo di rilevanza Costituzionale», cosa che rischierebbe «di delegare di fatto, ad altri soggetti, in primo luogo ai dirigenti degli uffici, con i loro rapporti informativi, i poteri di scelta, relegando il Csm a un ruolo quasi di “presa d’atto” di carriere magari preconfezionate, così svilendo le garanzie costituzionali che sono alla base del sistema di governo autonomo, incentivando le distorsioni che derivano dal cosiddetto “carrierismo”».
A votare con la maggioranza è stato anche il laico di Italia viva Ernesto Carbone, che ha sposato una posizione diversa da quella espressa - anche ieri dal partito di Matteo Renzi, da sempre schierato con la separazione delle carriere. Il laico, d’altronde, non ha mai fatto mistero della propria posizione, espressa anche ad ottobre dello scorso anno al congresso di Area Dg. «Io sono profondamente contrario alla separazione delle carriere - aveva affermato -. Perché se io oggi separo le carriere fra due anni, tre anni, cinque anni, dieci anni, inevitabilmente il pubblico ministero finisce sotto l’esecutivo. È un passaggio naturale. E questa la ritengo una cosa profondamente sbagliata. Tutto è migliorabile - ha poi aggiunto -, ma per il Csm non trovo un sistema migliore all’elezione. Se continuiamo a discutere sulle quote fra laici e togati, non andiamo da nessuna parte. Anzi, finiamo al sorteggio. E il sorteggio è la mortificazione della magistratura, della politica e dello Stato. Non è possibile che un organo di rilevanza costituzionale di autogoverno di uno dei tre poteri dello Stato venga eletto col sorteggio».
Ma non solo. Il nuovo testo, stando a quanto evidenziato da Unicost in un documento riassuntivo del plenum, valorizza le esperienze fuori ruolo, altro grande tema all’ordine del giorno della politica. «Le esperienze fuori ruolo considerate dall’articolo 29 del Testo unico, ivi compresa l’esperienza come consigliere del Csm, concorrono a formare gli indicatori principali di attitudine direttiva, pur non configurandosi, nella maggior parte dei casi, come attività in grado di rivelare una effettiva idoneità dirigenziale - affermano le toghe di Unicost -. Il fuori ruolo, pur essendo una esperienza significativa per il singolo magistrato, non lo è per la giurisdizione e non può essere utilizzata come un grimaldello per sorpassare a destra i colleghi in un sistema che, per come strutturato nella proposta approvata, è particolarmente aperto alla discrezione».