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«Una bolla di sapone». Titolano così, all’indomani della sentenza, i giornali emiliani, raccontando l’inchiesta che aveva appiccicato sopra il palazzo del Comune di Reggio Emilia l’etichetta “Appaltopoli”. Un processo che si è chiuso con l’assoluzione di 16 persone, smentendo, dunque, l’esistenza di un «sistema» per favorire i «soliti noti» nell’assegnazione degli appalti e che ha registrato quattro lievi condanne, con pene nettamente inferiori a quelle richieste dalla procura. A pronunciare la sentenza è stata la corte presieduta da Sarah Iusto, a latere Francesca Piergallini e Matteo Gambarati. Che ha quindi di fatto sgretolato l’impianto accusatorio delle pm Giulia Stignani e Valentina Salvi, quest’ultima impegnata in un altro processo con Iusto e Piergallini, ovvero “Angeli e Demoni”, dove l’ufficio di procura ipotizza l’esistenza di un altro sistema, quello degli affidi. Secondo l’ipotesi dell’accusa, le gare pubbliche sarebbero state confezionate su misura, con bandi fotocopia, per far finire gli appalti a soggetti selezionati. Ma l’unica vicenda degna di attenzione, secondo la Corte, sarebbe quella relativa al bando per l’affidamento del servizio di ripristino della sicurezza stradale, dal valore di 950mila, che sarebbe stato affidato secondo l’accusa in cambio di un accordo su una controversia per alcuni crediti vantati dall’autofficina nei confronti del Comune pari a 2 milioni e 700mila euro. Tutto il resto dall’appalto per la gestione dell’asilo nido “Maramotti” del valore di 850.000 euro fino a quello da 25 milioni per i servizi di gestione della sosta sulle “strisce blu”, del trasporto scolastico, controllo Ztl e bike- sharing - sarebbe avvenuto invece, stando alla sentenza, in maniera regolare. Stignani e Salvi avevano chiesto tredici condanne, tre assoluzioni e tre prescrizioni, invocando le pene più alte per Santo Gnoni, avvocato ed ex responsabile dell’ufficio legale del municipio, per il quale erano stati chiesti 11 anni di carcere, e per Roberto Montagnani, all’epoca dirigente del servizio Appalti, per il quale erano stati chiesti quattro anni e mezzo. I due - difesi dall’avvocato Liborio Cataliotti - sono stati condannati per il solo reato di turbata libertà degli incanti a un anno e 6 mesi, 1.200 euro di multa, pena sospesa. Per la stessa vicenda, sono stati condannati Vincenzo e Lorenzo Corradini, titolari dell’omonima autofficina - assistiti dagli avvocati Nino Giordano Ruffini e Vito Alessandro Pellegrino -, ai quali è stata inflitta la pena di un anno e 600 euro di multa, pena sospesa, a fronte di una richiesta di due anni. Per tutti e quattro è stata disposta anche l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione per un anno. Gnoni e Montanari sono invece stati assolti per le vicende degli altri bandi finiti a processo, cinque gare d’appalto, indette tra il 2015 e il 2017, per un valore complessivo di 27 milioni. Tra gli assolti ci sono anche Nando Rinaldi, attuale presidente dell’Istituzione Scuole e Nidi d’Infanzia, l’ex dirigente della Mobilità Alessandro Meggiato, l’ex assessore alle infrastrutture Mirko Tutino, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio, l’avvocato Paolo Coli, l’allora dirigente del settore comunale Scuole Paola Cagliari, Anna Maria Mazzocchi, membro commissione di gara, Tiziana Tondelli, funzionario dell’Istituzione e l’avvocato Stefano Vaccari.
L’inchiesta risale a giugno 2019, poco dopo le elezioni amministrative, quando gli uomini della Finanza perquisirono gli uffici del Comune. I reati contestati erano turbata libertà degli incanti, falsità ideologica del pubblico ufficiale, rivelazione di segreto d’ufficio, abuso d’ufficio e corruzione. «Per me la pronuncia è tanto clamorosa quanto giusta - ha commentato a Reggionline Cataliotti ( che aveva definito inutilizzabili le intercettazioni) -, non posso che ritenermi soddisfatto. Il lavoro è stato enorme, ma la buona fede dei miei clienti è stata assolutamente dimostrata». Per l’avvocato D’Andrea, «si è dimostrata la mancanza di quegli elementi, di quel sottobosco, di quel mondo parallelo che era costituito da intercettazioni telefoniche secondo la procura - ha dichiarato a Reggionline -.
Intercettazioni che non hanno dato atto di prove che potessero confermare un comportamento truffaldino da parte degli imputati». E ad esultare è anche il sindaco Luca Vecchi, inizialmente indagato e poi archiviato. «Una notizia di giustizia e limpidezza, che ribadisce la serietà e l’affidabilità dell’amministrazione comunale e di chi vi opera - ha dichiarato a Reggiosera -. L’integrità dell’amministrazione comunale di Reggio Emilia esce rafforzata dal processo appena concluso. Quanto è emerso è che in Comune non esisteva alcun “sistema”, alcun atto “cucito su misura” per favorire qualcuno. Queste gravi affermazioni accusatorie, se confermate dal giudizio, sarebbero state pesantissime».