Dalla grottesca vicenda di Enzo Tortora siamo impegnati a far compiere all’Italia passi avanti in termini di Stato di diritto

PRESIDENTE RADICALI ITALIANI

Dal 2000 a oggi nelle carceri italiane sono avvenuti quasi 1.300 suicidi; il 2022 con 52 suicidi al 20 agosto si presenta come uno degli anni peggiori del nuovo secolo, che ha visto il record di 72 suicidi nel 2009. È la punta tragica di un enorme iceberg che è rappresentato dai mali della nostra giustizia, con un sistema carcerario lontano anni luce dagli obiettivi stabiliti dalla Costituzione. Da Radicali, innanzitutto insieme alle Camere Penali, abbiamo sempre posto il tema della riforma della giustizia al centro della nostra attività politica. In questo campo più che altrove pare impossibile nel nostro Paese scardinare preconcetti, corporativismi, conservatorismi e rendite di posizione. Eppure è chiaro a tutti che cadere nelle maglie di questa giustizia significa non sapere come se ne uscirà, in particolare se si tratta di cittadini con pochi mezzi, poche conoscenze e scarsa scolarizzazione.

Proprio su queste pagine, meritoriamente, Antonio Alizzi ha ricordato il coraggio di Piero Angela quando nel lontano 1983 difese Enzo Tortora dalle infamie che gli piovevano addosso da pentiti bugiardi, da una parte della magistratura e gran parte del giornalismo e della politica italiana. Su quella vicenda grottesca i Radicali costruirono una battaglia per la “Giustizia giusta” che è ancora oggi assolutamente centrale e che ci vede impegnati nel rilancio di iniziative fondamentali per far compiere all’Italia passi avanti in termini di Stato di diritto. Chiedere la separazione delle carriere dei magistrati, ottenere che cessi un utilizzo vergognoso della custodia cautelare, l’abolizione dell’obbligo dell’azione penale, la responsabilità personale dei magistrati che per colpa grave o dolo compiono errori sulla pelle di innocenti, è necessario tanto quanto conquistare la riforma del sistema carcerario, per fornire alternative concrete alla carcerazione che, è dimostrato, non solo non è efficace per il reinserimento dei condannati ma spesso è strumento di inserimento nella criminalità organizzata. Il nostro è un sistema giudiziario che tiene dietro le sbarre un terzo dei detenuti in attesa di giudizio, quindi innocenti per la legge, e un terzo dei detenuti per reati connessi alla violazione della legge criminogena sulla droga.

Su questi temi va dato atto alla ministra Cartabia di aver dato una scossa ma è ben altro quel che servirebbe in termini di riforme e di consapevolezza di una politica che troppo spesso utilizza la giustizia come clava contro gli avversari e si trincera dietro un garantismo ipocrita quando a finire sui giornali per ipotesi di reato sono amici o compagni di partito.

Le elezioni del 25 settembre potrebbero fornire risposte? Ne dubitiamo. È per questo che oggi più di sempre serve dare forza a chi di queste priorità e di questi temi ha fatto la propria storia politica.

ENZO TORTORA E MARCO PANNELLA DURANTE IL PROCESSO DEL 1986