Le voci dei giovani iscritti a Radicali Italiani, protagonisti di una nuova stagione politica: con al centro le battaglie civili

«Quando non ci sarà più Marco Pannella la parola “radicale” finirà per essere usata come aggettivo perché nessuno potrà avere l’autorevolezza necessaria per rivendicarne la continuità politica». Radicali italiani in questi anni si è assunta il compito di verificare se un tale pronostico, a fondamento di tante scissioni interne, fosse vero, cercando di offrire alle nuove generazioni una comunità dove poter apprendere, lottare e riformare, con regole democratiche e aperte, senza leader o padroni. Insomma, un luogo per fare politica radicale insieme. La modernità, con le sue nuove sfide, rende evidente il bisogno dell’originalità radicale, con la sua “intelligenza divergente”, cioè quella capacità di affrontare i problemi capovolgendo l’impostazione comune, andando alla radice per realizzare il cambiamento fino in fondo. È questa peculiarità ad affascinare tanti giovani iscritti che dal canto loro sono portatori di una nuova “politica del desiderio”, cioè un attivismo che in epoca di crisi economica, diffusa psicopatia e angoscia del futuro, si pone come scopo la qualità dell’esistenza. Nelle nuove generazioni tornano al centro le battaglie civili, ne è prova la grande mobilitazione referendaria su eutanasia e cannabis della scorsa estate e il riacceso interesse per le tematiche femministe e LGBTQIA+, oltre all’importanza assunta dall’emergenza climatica. Ma non solo. Il metodo di lotta nonviolenta e della disobbedienza civile, sembrano essere i più adatti, in un’epoca di bombardamento informativo e rivoluzione digitale, a far emergere storie personali capaci di emozionare. Insomma, ce n’è per pensare che Pannella e i Radicali già negli anni ’ 70 fossero “uomini e donne d’altri tempi”, quelli appena iniziati.

Quando è stato concepito Radicali italiani alcuni di loro erano appena nati. Vent’anni dopo neppure la pandemia è riuscita a fermarli e oggi sono i protagonisti di tante iniziative.

Federica Oneda, ventunenne della provincia di Brescia, è una delle coordinatrici del gruppo che

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in Radicali italiani si occupa di sex work, un tema che proprio durante i lockdown è tornato centrale in tante parti del mondo, con l’emergere delle contraddizioni proibizioniste: «la decriminalizzazione della prostituzione oggi è una delle battaglie fondamentali, perché è una lotta contro uno Stato che non sa osservare i fenomeni per quello che sono. Le leggi penali guidate da intollerabili giudizi morali colpiscono nel privato le vite di migliaia di persone e il loro diritto di lavorare, scegliere e autodeterminarsi». Ma tu come sei arrivata nei Radicali? «Circa due anni fa, durante una lezione di diritto pubblico, il mio professore disse che se oggi potevamo godere di grandi riforme dovevamo ringraziare i Radicali. Quelle parole mi risuonarono in testa per giorni, perché anche io sentivo un bisogno impellente di contribuire a cambiare le cose».

Simile per certi versi l’approdo di Riccardo Varveri, pescarese, classe 1997: «Dopo la maturità mi sono preso un anno sabbatico. Ho lavorato in una pizzeria il cui titolare, Gennaro, è radicale. Grazie a lui ho iniziato a conoscerne la storia. Dello spirito radicale all’inizio ho apprezzato il fare politica non distaccata, ma empatica, emozionale».

Un percorso di ricerca attraverso la politica è stato invece quello di Vittoria Loffi che di anni ne ha 24 e oggi coordina la campagna “Libera di abortire”, promossa da Radicali italiani e decine di altre realtà: «Ho iniziato militando con il PD, ma dopo alcuni anni percepivo la mancanza di interesse sincero per quei temi che rientrano nel macrogruppo dei diritti civili e politici, che sono la precondizione senza la quale è praticamente impossibile vivere con dignità, riconoscimento e autodeterminazione» . Una volta chi arrivava nei radicali aveva visto e sentito Marco Pannella, in qualche modo è successo anche a Filippo Blengino che appena sedicenne segue i funerali del leader radicale a Piazza Navona: «Le tante testimonianze di stima e di rievocazione delle decine di battaglie di Pannella e dei radicali mi aprirono un mondo fatto di lotte che condivido».

Galeotta è stata la pandemia per la scintilla radicale di Luca Biscuola, milanese di 22 anni che finito il primo lockdown ha contribuito alla nascita di “Studenti Presenti”, un'organizzazione che attraverso manifestazioni nonviolente aveva l'obiettivo di ripristinare le lezioni in aula. Lì è scattata la conoscenza con i rappresentanti radicali che quelle manifestazioni sostenevano: «I Radicali hanno la capacità di cercare soluzioni ai problemi soprattutto quando queste non coincidono con scelte più facili, esortano ad andare sempre alla radice dei fenomeni senza ricorrere a misure da Stato etico, sicuritario e antiscientifico».

“«scriversi a Radicali Italiani – aggiunge Federica – significa non accettare lo stallo della politica italiana, significa dare centralità a temi, storie e persone dimenticati da altri partiti, significa contribuire a un Paese più laico, libero e giusto».

Sulla stessa linea civile prosegue Vittoria che per Radicali italiani ha curato anche “Tette in sù”, un podcast che ha aperto la discussione sui nuovi femminismi: «La battaglia per la tutela e la liberalizzazione dei diritti riproduttivi – sottolinea – dovrebbe essere la prerogativa politica dell’oggi. Esiste una stretta correlazione tra la forma di Stato di ciascun Paese e la sua concezione dei diritti riproduttivi: la prima attiene al rapporto tra autorità e libertà, e i secondi sono da sempre tra i più importanti sintomi di autodeterminazione individuale e piena cittadinanza».

Ma sui temi d’interesse c’è un vero caleidoscopio tenuto insieme da una visione di libertà e autodeterminazione che possono vivere solo se vive lo Stato di diritto, come spiega Riccardo: «La rule of law è tutto ciò su cui si reggono le liberaldemocrazie. Penso che si debba guardare alla complessità e non alla singola battaglia, ma se devo dirtene una è quella relativa all’abolizione del valore legale del titolo di studio. Non siamo i nostri titoli. Paradossalmente in Italia molti dei grandi inventori come Bill Gates non potrebbero partecipare ai concorsi in un ipotetico ministero della transizione digitale!». Dalle big tech Filippo invece ci porta alla realtà carceraria. Come segretario dell’associazione Radicali Cuneo ha già accumulato una lunga serie di iniziative: «La detenzione è uno strumento sempre più punitivo anziché rieducativo. Le pene alternative al carcere, come servizi socialmente utili, mirano davvero alla riabilitazione del condannato nella società. Il sistema di oggi crea delle discariche sociali, incentivando la recidiva».

Il tema delle carceri è legato poi alle leggi securitarie e proibizioniste. «La battaglia che trovo più importante – sottolinea Luca – è quella per la legalizzazione della cannabis. Sembra un tema secondario, ma credo che il proibizionismo riunisca in sé tutto ciò che c’è di male nel nostro Paese: il disprezzo della scienza, la mancanza di una visione economica, la volontà di punire tutto ciò che non piace, l’odio per la libertà e una visione carcerocentrica».

«Radicali italiani è una casa antica ma in continua costruzione – conclude Vittoria – ed è già questo un motivo per cui iscriversi: la possibilità di costruire un'identità tutti insieme. Ogni giorno si lavora per comprendere i “perché”, così da offrire i “come”. Si pongono le fondamenta per i diritti di tutte e tutti e un’idea comune di società, ma anche di città, di relazioni, di vita».