IL LAVORO RENDE LIBERI?

FOUNDER DI “ECONOMIA CARCERARIA”

Con la fine dei grandi imperi, il lavoro del detenuto diventa non più necessario.

Assistiamo alla dissoluzione dell’impero e l’uomo torna a vivere in dimensioni sociali molto più piccole. Ci sono i feudi e intorno ad essi vivono piccole comunità di agricoltori, allevatori e commercianti. Le grandi opere pubbliche, così importanti per le grandi organizzazioni statali del passato, non esistono più, e non c’è più bisogno del lavoro forzato e non retribuito.

Anche la pena si deve adeguare al nuovo sistema statale. Tornano in auge i vecchi princìpi del codice Hammurabi, anche se calmierati, le pene sono pecuniarie e/ o corporali. Si afferma anche un nuovo tipo di pena per i reati che maggiormente rappresentano una pericolosità sociale: la messa al bando.

In società così piccole ed omogenee essere messi fuori dalle mura che proteggevano il borgo, senza possibilità di entrare, e il dover affrontare foreste e fiere significava morte certa. Sicuramente in un modo più che economico del carcere a vita o della pena di morte per uno Stato, che deve garantire giustizia e sicurezza. Altra pena che si diffonde in questo periodo è la “messa alla gogna”, unico mezzo allora conosciuto e necessario per garantire una funzione general- preventiva della pena. Lavoro e carcere, quindi, difficilmente compaiono in questo periodo.

Solo nell’Alto Medioevo, con la nascita dei comuni e con l’affermarsi della borghesia finanziaria e con una nobiltà sempre più influente, nasce l’idea del carcere. La messa alla gogna, il bando e le punizioni corporali potevano essere pene troppo sconvenienti per membri di una famiglia facoltosa o comunque in vista. Nasce l’idea di avere giustizia attraverso la limitazione della libertà. Il carcere si afferma come una pena per “privilegiati”, e in seguito anche per persone meno abbienti che non potevano risarcire economicamente il danno alla vittima del reato.

Le carceri non sono strutture pubbliche e si affida il servizio a privati, i quali vedono in questa concessione una opportunità di business. Le spese del carcere erano a carico del detenuto, il più delle volte solvente per le proprie origini nobiliari o borghesi. In caso di insolvenza il detenuto contraeva un debito con il proprio carceriere, costretto a pagarlo una volta libero.

Per questo motivo le pene solitamente non duravano molti anni, si permetteva al carceriere di avere un ricambio di persone più frequente e un credito esigibile per ogni recluso. Se ci pensiamo bene, non siamo molto distanti dalle attuali spese di mantenimento cui sono condannati gli ospiti delle nostre patrie galere.