C’è uno strano silenzio nel primo giorno della Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, edizione numero 77, in programma dal 2 al 12 settembre. È quello dell’ordine derivante dalle misure anti-Covid di distanziamento sociale, quello che impone di prenotare le proiezioni online invece di sostare in fila e che erige un muro tra la gente e il red carpet delle star per evitare l’assembramento di fan. Il silenzio di Venezia 77 è anche quello di una manifestazione che vuole ripartire dal buio della sala, dalla cinefilia pura, dove i film vanno finalmente e nuovamente condivisi con il vicino a una, due sedie di distanza. Apre il festival un film italiano, per la prima volta dopo 11 anni ed è Lacci di Daniele Luchetti. L’autore di pellicole come l’ultima Momenti di trascurabile felicità o il fortunato La Nostra vita, ha fatto nuovamente coppia alla sceneggiatura con Francesco Piccolo per adattare sul grande schermo il romanzo omonimo di Domenico Starnone ambientato a Napoli tra gli anni 80’ ed oggi. Lacci è una storia d’amore nel corso degli anni, di tradimenti, di cose non dette, reazioni sopite e regole, condizionamenti, legami che per citare il regista Luchetti, “somigliano più al filo spinato che a lacci amorosi”. Ad arricchire il racconto di una famiglia, due generazioni e una donna la cui presenza da amante, divide e riunisce, un cast ricchissimo, a partire dai due protagonisti, Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio, nel ruolo di Vanda e Aldo, poi interpretati negli anni della maturità da Laura Morante e Silvio Orlando. Nei panni dei figli ormai grandi, Adriano Giannini e Giovanna Mezzogiorno mentre in veste di donna della discordia, Linda Caridi. In un incontro con mascherine fisse, Luchetti rompe il ghiaccio per raccontare questo suo nuovo lavoro che ha il compito di aprire le danze di Venezia 77 e che dopo una speciale anteprima, sia alla Mostra sia in collegamento in 100 sale italiane, sarà nelle sale italiane dal 1 ottobre. Sulla famiglia, raccontata in tantissimi suoi film se non tutti, Luchetti dichiara: “Se devo essere onesto lo capisco sempre dopo, che ho fatto nuovamente un film sulla famiglia” commenta il regista che rivela: “durante la presentazione di Mio Fratello è figlio unico ad un festival straniero mi dissero che il tema del mio paese è la famiglia, un microcosmo che ci aiuta a raccontare un paese intero e più mi avvicino ad essa e più capisco che nei rapporti familiari l’Italia è rappresentata pienamente”. Lacci mette a nudo il modo diverso con cui i due protagonisti affrontano il separarsi, l’insoddisfazione e il tradimento. È Francesco Piccolo a sottolineare questa differenza:  “io credo che la differenza tra gli uomini e le donne in questo film e forse in generale, è che le donne cercano e trovano risposte e gli uomini invece ripetono le domande e non capiscono mai” chiosa lo sceneggiatore. Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio trovano in Laura Morante e Silvio Orlando il loro alter ego maturo pur non essendoci somiglianza fisica tra loro: “Qui si trattava di rappresentare due tappe dell'esistenza e non li ho voluti scegliere in base alla somiglianza fisica ma ho avuto fiducia nello spettatore nel voler credere a quello che gli si sta raccontando” precisa Luchetti a proposito dell’età. Il regista di La scuola sembra aver riscontrato consensi da parte di tutti i suoi attori, pienamente entusiasti dei loro personaggi e del modo in cui sono stati guidati, a cominciare da Laura Morante che della sua esperienza sul film dice: “prima delle riprese abbiamo fatto un periodo di lettura che serviva essenzialmente ad accordarci come dei musicisti, c’è stata più una ricerca di accordo musicale che non di somiglianza fisica. Penso che un film debba essere autentico non verosimigliante e che le due cose spesso non coincidono. Questo è un film che è riuscito ad essere autentico e quindi quanto sia verosimile resta un tema secondario”. Approfondisce invece l’analisi del suo “Aldo” Luigi Lo Cascio che lo descrive: “Se dovessi pensare ad una delle caratteristiche fondamentali del mio personaggio - dichiara l’attore - è che è confuso, non parla moltissimo e agisce, fa delle scelte particolari che si ripercuotono sugli altri e non sa calcolare bene le conseguenze della devastazione che produce. La cosa bella del film e del testo di partenza, è che c’è un capitombolo, proprio dal momento della riconciliazione apparente, in cui  Aldo torna a casa ed inizia il vero dramma,  quello della menzogna, reticenza,  in cui ognuno si chiude in se stesso” commenta infine l’attore. Contentissimi anche Adriano Giannini e Linda Caridi, anche loro presenti a Venezia, per entrambi la parola d’ordine è libertà, di sbagliare, di vivere i personaggi: “è stata una settimana di lavoro molto intensa ma divertente perché c’era questa voglia di provare a sbagliare - interviene Giannini - Daniele diceva ‘proviamo’ e non ‘prova’ a fare un'altra cosa. Il proviamo vuol dire proprio: insieme cerchiamo qualcos’altro. Io mi sentivo assolutamente non giudicato e libero di sbagliare”. Sul suo personaggio centrato e risolto poi aggiunge la Caridi: “il personaggio di Lidia doveva essere funzionale alla storia nella misura in cui diventa una primavera per Aldo, un'ondata di leggerezza ed è effettivamente, nonostante la giovane età, una donna risolta, centrata soprattutto rispetto agli altri personaggi che sono invece spezzati da questi lacci”. A Daniele Luchetti il compito poi di esprimere il suo stato d’animo nel segnare l’apertura di questa edizione diversa da tutte le altre: “Quando ci hanno invitato a inaugurare il festival sono stato felicissimo di essere i primi ad riaprire le danze. Una cosa è vedere i film e una cosa è andare al cinema, se siamo qui vuol dire che il film lo abbiamo visto insieme, siete stati vicino a qualcuno anche se la sedia a accanto a voi era vuota. Questa la differenza tra un festival online e una sala cinematografica anche con mascherine, scafandri e respiratori artificiali”. In bocca al lupo a Venezia 77 che conclude il suo primo giorno a testa alta.