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Uomo dell'instancabile "fare", capace di coniugare elaborazione teorica a non capacità di realismo pragmatico, ad Altiero Spinelli si adatta perfettamente uno dei concetti chiave di Max Weber: «È perfettamente esatto, e confermato da tutta l'esperienza storica, che il possibile non sarebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l'impossibile». Per tutta la vita Spinelli si batte per la costruzione di un'Europa politica a modello federale.L'"avventura" inizia nel 1941. E' confinato con altri militanti antifascisti nell'isola di Ventotene; e qui, mentre l'Europa è devastata dalla guerra, patisce le dittature nazi-fasciste ed è solo l'Inghilterra a resistere, assieme a Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, "sogna". Un "sogno" guardato con grande sospetto dagli altri confinati, i comunisti legati a filo doppio con Mosca, ma anche non pochi azionisti. Il "Manifesto di Ventotene", è la sua concreta utopia, nutrita dal "dialogo" con Luigi Einaudi, il grande economista liberale che poi diventerà presidente della Repubblica. Racconta Spinelli: «Grazie al fatto che Ernesto poteva corrispondere con Einaudi, abbiamo ricevuto da lui alcune pubblicazioni dei federali inglesi, c'era un movimento federalista animato da un lord inglese che si chiamava Lothian, intellettualmente una produzione molto buona, abbiamo cominciato a vedere che c'era chi pensava al problema dell'unità europea».Hanno un motto: «La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà». Ancora Spinelli: «Abbiamo messo su questo 'Manifesto' dove ci sono idee fondamentali, come il fatto che la Federazione Europea non è una cosa che verrà, è una costruzione che gli uomini devono fare, è una cosa della nostra epoca?».L'Europa prefigurata dal "Manifesto" è esattamente l'opposto dell'attuale, dove sembrano dilagare i veleni di nazionalisti beceri ed egoisti, miopi, cretini. Quel "Manifesto" anzi, ancora oggi è l'unico antidoto a questa mortifera intossicazione. Spinelli, Rossi, Colorni, non sono acchiappafarfalle che vivono in una loro turris eburnea, isolati dal mondo? Sono i più realisti di tutti. Vedono bene l'Europa morire schiacciata dai conflitti scatenati dai nazionalismi; e appunto rifacendosi al concetto kantiano di pace, elaborano il loro "progetto".Il presidente del Consiglio Matteo Renzi propone investimenti nella "cultura", per contrastare terrorismo e intolleranze. Ecco: si potrebbe cominciare con la stampa e la diffusione, in Italia e ovunque, del "Manifesto di Ventotene" e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Difficile dire quale potrebbe essere, oggi, la reazione di Spinelli dopo Brexit, in questi giorni turbolenti dove, per usare una felice espressione di Marco Pannella, più che la grande patria europea si afferma l'Europa delle piccole patrie. Probabilmente, caparbio com'era, valuterebbe la situazione, studierebbe i possibili errori commessi, e si getterebbe nuovamente a capofitto nell'azione politica. Più che mai attuale e preziosa, la sua "visione", la cosa più concreta, necessaria, urgente. La sintesi è ancora nelle sue parole: "La vera divisione è tra quelle che dobbiamo chiamare le forze del progresso e quelle della conservazione: non è più quella tradizionale, ma sarà tra quelli che vogliono adoperare quel tanto di potere che posseggono per promuovere la costruzione europea, e quelli che vogliono adoperarlo per restaurare invece il vecchio".I simboli sono importanti, servono per coltivare la memoria, che è indispensabile per ricordare quello che è stato, e cercare di ricavarne qualche utile insegnamento. Un altro "simbolo" che andrebbe ricordato più spesso di quanto non accada, è il ristorante "Crocodile" a Strasburgo. Il 9 luglio del 1980 Spinelli riunisce in quel ristorante otto eurodeputati che raccolgono il suo appello: la Comunità deve riformarsi o perire. Solo l'Europarlamento, infatti, può elaborare un progetto per renderla democratica ed efficace, dal momento che la responsabilità della crisi è dei governi "nazionali". La Comunità attraversa una crisi gravissima: i governi litigano sulle spoglie di un bilancio largamente dedicato alle spese agricole e non sono previste strategie per garantire dimensione europea a ricerca, ambiente, innovazione e coesione territoriale.Nasce così il "Club del Coccodrillo", che influenza l'integrazione europea fin dal progetto dell'Europarlamento del 1984. Ispira le riforme che hanno permesso, fra l'altro, l'introduzione della cittadinanza europea, il potere di co-decisione fra Parlamento e Consiglio, la politica della società europea e la ripartizione delle competenze fra Unione e Stati membri secondo il principio di sussidiarietà. Lo si ricorda perché, oggi lo vediamo bene, c'è grande necessità di un "Coccodrillo" due; e più che mai si patisce l'assenza di grandi personalità come Spinelli, Rossi e Colorni; ma anche di quanti ne hanno raccolto in seguito, il "testimone": Konrad Adenauer, Joseph Beck, Johan Willem Beyen, Winston Churchill, Alcide De Gasperi, Walter Hallstein, Sicco Mansholt, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak e gli altri "visionari" che hanno ispirato l'Unione europea, sostenendo la necessità di una forza politica esterna ai partiti tradizionali, inevitabilmente legati alla lotta politica nazionale, e per questo incapaci di rispondere efficacemente alle sfide dei nuovi tempi. Pensano sì a una moneta unica, ma anche a una comune difesa, a un sistema fiscale omogeneo, a un Parlamento europeo con effettivi poteri.Ci sono "matti" concreti figli di quella cultura e di quella tradizione? Sì. Pochi, con pochi mezzi, fino a ieri stretti a Marco Pannella, e ora privi anche della loro guida; e sono quel centinaio di "pazzi malinconici" che si raccolgono sotto le bandiere del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito. "Pazzi" veri: dal 1 al 3 settembre si riuniscono a congresso nientemeno che in un carcere, quello romano di Rebibbia (è mai accaduto un congresso politico in un carcere?); e il tema del congresso è quanto mai significativo: "Da Ventotene a Rebibbia": dagli Stati Uniti d'Europa da costruire al diritto umano e civile alla conoscenza e al diritto al diritto. C'entra Spinelli? Sì. Poco prima di morire uno Spinelli amareggiato per l'"involuzione" dell'Europa confida a Pannella la sua convinzione sempre più profonda che le iniziative radicali sono le uniche, ormai, in grado di dare vigore ed essere speranza; e quasi in punto di morte si fa promettere da Pannella "che quando non ci sarò più, il tuo impegno nella battaglia federalista resterà permanente e vicino alle mie progettualità... ".E ora altro "piccolo" gesto simbolico: ascoltiamoci (e gustiamoci) l' "Inno alla gioia", questo grandissimo messaggio di pace con il quale Beethoven vuole formulare un aperto invito alla fratellanza universale "An die Freude" è una lirica nella quale la gioia è intesa non certo come semplice spensieratezza e allegria, ma come risultato a cui l'uomo giunge quando si libera dal male, dall'odio e dalla cattiveria. Proprio per questa esortazione è stato assunto dall'Unione europea come suo suo inno. Spinelli, Rossi, Colorni e tutti gli altri "padri" degli Stati Uniti d'Europa ne saranno compiaciuti.