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sentenze memorabili
Conoscere la storia attraverso alcuni processi. L’avvocato Augusto Conte nel suo ultimo libro, “Sentenze memorabili” Edizioni Il Grifo, pagg. 207, euro 18), conduce il lettore in un viaggio che dura diversi secoli e che ha come protagonisti, tra gli altri, Dante, Galileo Galilei, Gioacchino Murat, fino ad arrivare ad un “principe del Foro” come Alfredo De Marsico. La carriera di Conte, che indossa la toga da cinquantasette anni, è costellata non solo da successi nelle aule giudiziarie, ma si caratterizza per il suo infaticabile impegno culturale. Prolifico scrittore, Conte è autore di decine di testi rivolti agli operatori del diritto e dedicati alla storia dell’avvocatura. Un impegno ed una passione che lo rendono un raffinato uomo di cultura. L’ultimo lavoro editoriale riguarda le sentenze pronunciate in occasione di fatti che, direttamente o indirettamente, hanno segnato il corso della storia.
«Gli accadimenti umani - dice al Dubbio l’avvocato Conte -, nell'avvicendarsi delle società, normalmente costituiscono oggetto di studio di storici, di sociologi, di filosofi, di teologi e più raramente di giuristi, e ancora più sporadicamente vengono utilizzate per le strutturazioni storiche le pronunce giurisdizionali che determinano i destini degli uomini e delle società, a volte deviandoli. Con questa mia ultima ricerca ho inteso innanzitutto soddisfare una esigenza storica sulla giurisdizione. Ho voluto fornire elementi utili agli storici, ai sociologi, ai filosofi, ai teologi, per ricomporre e ristrutturare eventi attraverso i provvedimenti giudiziari, specie nel campo penale, che non solo segnano la vita delle persone cui sono destinate, mutandone il corso, ma incidono sui mutamenti della società».
Alcune sentenze hanno consentito al legislatore di affrontare particolari fenomeni sociali. «Ordinariamente – spiega l’autore di “Sentenze memorabili” - la legislazione, più che prevenire, segue il divenire dei mutamenti sociali, specialmente quando si presentano fenomeni che sconvolgono la società. Diverse volte, in tutti i tempi, il legislatore ha dovuto fare ricorso alla legislazione di emergenza per contenere la diffusione e la perpetuazione di accadimenti. Si pensi alla Legge Pica del 1863 per contenere il fenomeno di quello che fu definito “brigantaggio”, alle “Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa” e alle “Misure a favore di chi si dissocia dal terrorismo”».
«Anche le decisioni giurisprudenziali hanno stimolato il legislatore, che si muove molto lentamente, a introdurre leggi. Come stiamo verificando in questi ultimi tempi, la Corte Costituzionale, interessata in via incidentale su problematiche sollevate nel corso di giudizi ordinari che interessano la salute, la vita, i diritti dei cittadini, per evitare di travalicare dai suoi compiti con l'emanazione di sentenze “additive”, su temi delicati, ha più volte dato impulso al Parlamento di legiferare, non ottenendo sollecite risposte per il freno costituito dai variegati schieramenti politici».
«Un processo non può restituire la verità, ma fornire una ricostruzione, «umanamente accettabile», in grado di appagare il senso del giusto nella collettività. Si pensi a quanto affrontato da Galileo Galilei. «Molte decisioni adottate a conclusione di processi – commenta Conte - non solo condizionano, non solo intralciano il corso degli eventi, ma ritardano l’evoluzione storica. Emblematica è, per stare al campo della scienza, la condanna di Galileo Galilei, che, oltre a ritardare l’evolversi della scienza, fornisce una verità deliberata rivelatasi poi fallace. Nel campo socio- politico le sentenze del Tribunale Speciale fascista soffocarono le libertà democratiche di pensiero e di esercizio delle ideologie che si opponevano al regime, frenando le aspirazioni, personali e sociali, al cambiamento».
Tra i casi giudiziari contenuti in “Sentenze memorabili” anche quello che ha riguardato Alfredo De Marsico, ministro della Giustizia e aderente all’ordine del giorno di Dino Grandi che portò alla caduta del fascismo. De Marsico fu professore di Diritto e Procedura penale. Dopo la Seconda guerra mondiale ricoprì per molti anni la carica di presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli. «Il “Processo di Verona” – evidenzia Augusto Conte - non colpì né l'uomo, né l’avvocato- professore. Venne pronunciata una sentenza che si può con fatica definire politica, che condannò a morte i traditori dell’idea fascista. Il processo e la sentenza furono imposti dagli ex alleati tedeschi e favoriti da fascisti delusi perché tenuti a margine durante il regime, perché facinorosi e contrari all’armonia che il fascismo voleva creare. Sottrattosi con la latitanza alla condanna, dopo avere subito l’epurazione, De Marsico riprese la cattedra di Diritto Penale alla Sapienza di Roma, fu eletto consecutivamente per dieci anni presidente dell’Ordine di Napoli, ma soprattutto ritornò a discutere nel Foro, regalandoci la sua oratoria, non enfatica o ridondante, ma essenziale e avvincente, alla quale l’impronta del classicismo forense veniva raffinata e filtrata da contenuti giuridici e scientifici».
Qui i ricordi di Conte affiorano con limpida emozione: «Ho avuto modo più volte di constatare di persona la caratura umana e professionale di De Marsico. Nel 1976, nel corso di un processo presso la Corte di Assise di Appello di Lecce, nel quale difendevamo imputati con distinti capo di imputazione, trascorsi una giornata indimenticabile in compagnia del maestro. Mi confidò che stava riordinando i pensieri sulla notte del Gran Consiglio, mentre a me sembrava di essere a colloquio con la storia».