Luigi Bisignani, ex giornalista dell’Ansa e saggista, venne definito una decina di anni fa da Silvio Berlusconi “l’uomo più potente d’Italia”. La morte del fondatore di Forza Italia fa affiorare tanti ricordi, contenuti nel libro “I potenti al tempo di Giorgia” (Chiarelettere), scritto dallo stesso Bisignani con Paolo Madron.

Bisignani, tra i “potenti al tempo di Giorgia” non c’è più Berlusconi. Si apre una nuova fase per la politica e per l’Italia?

Quando io e Paolo Madron abbiamo scritto il libro, ci siamo posti il problema di Berlusconi ricoverato al San Raffaele. Le notizie che giungevano dalla famiglia e dagli amici più cari indicavano una situazione drammatica, tanto che all’inizio del libro, nella prima pagina, noi autori parliamo con dolore che comunque era scomparsa un’era, l’era del berlusconismo, con l’affermazione del momento di Meloni. Tutto il nostro libro immaginava, nonostante sperassimo il contrario, l’epilogo dell’era Berlusconi.

Berlusconi ha creato un’intera classe dirigente. I suoi eredi politici sapranno gestire quanto creato dal fondatore di Forza Italia?

No. Io credo, purtroppo, che per alcuni mesi prevarranno, come logico, sia il dolore che il rimpianto. Nonostante alcuni proveranno rimorso per averlo tradito, ci sarà un liberi tutti. Alcuni andranno di sicuro verso la Lega, altri verso Fratelli d’Italia. Bisogna capire che cosa ne sarà del simbolo di Forza Italia e chi lo erediterà. Forse, attorno a quel simbolo e a chi lo dovesse ereditare si potrà costruire una alternativa conservatrice, capace di aggregare le forze cattoliche, come quelle che stanno nel Pd, oppure alcune forze del centrodestra.

La figura di Marta Fascina secondo lei verrà valorizzata all’interno di Forza Italia o di quello che resterà o di quello che verrà costruito nel futuro prossimo?

Marta Fascina è solo l’ultima delle tante donne che hanno costellato la vita di Berlusconi. Nell’ultimo periodo con il finto matrimonio, forse anche diventato un matrimonio vero, questo lo sapremo solo più avanti, non credo che lei abbia né la forza, né il carisma, né l’autorevolezza di sopravvivere a Berlusconi come leader politico. Forse, soltanto come giovane vedova.

Lei è stato definito da Berlusconi «l’uomo più potente d’Italia». Un complimento importante…

Quella fu una battuta. Ci volevamo bene. Credo di essere stato uno dei primi, per non dire primissimi, ad averlo conosciuto quando lui non aveva ancora stava per diventare Cavaliere del lavoro. Me lo presentò Roberto Gervaso. Io lavoravo con il ministro del Tesoro dell’epoca, Gaetano Stammati, mentre un altro amico della prima ora di Berlusconi nella sua discesa a Roma fu Luigi Zanda, prima capo ufficio stampa del ministro dell’Interno, Francesco Cossiga, poi importante senatore del Pd. Da allora ho mantenuto con Berlusconi una grande amicizia.

Nel libro “I potenti al tempo di Giorgia”, scritto con Paolo Madron, vengono raccontati diversi aneddoti sull’evoluzione di Forza Italia ai tempi del Pdl. Tra questi quello sul nome: il partito avrebbe dovuto chiamarsi Fratelli d’Italia?

Esatto. Questo nome riguardava una intuizione della senatrice Michaela Biancofiore, che aveva pensato di cambiare il nome in Fratelli d’Italia. Cosa che poi non si fece. Il nome Fratelli d’Italia venne successivamente imposto da Fabio Rampelli. È lui il vero grande scopritore di Giorgia Meloni. Talmente bravo che, forse, per questo motivo proprio Meloni lo ha messo da parte. Io e Paolo Madron raccontiamo quale può essere il risvolto psicologico di Meloni nell’aver messo da parte quello che è certamente il suo “padre” politico.