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«Mai nella storia dell'uomo, – annota l'archeologo Daniele Morandi Bonacossi – neppure nei momenti più bui dei conflitti mondiali del secolo scorso, il patrimonio culturale dell'umanità aveva subito devastazioni così sistematiche e intenzionali come oggi in Siria e Iraq». Il riferimento inerisce la distruzione di cui è stata fatta oggetto dal terrorismo fondamentalista e iconoclasta la città di Palmira, dal 1980 iscritta nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'UNESCO come “uno dei più importanti crogiuoli culturali del mondo antico, crocevia di numerose civiltà”. Alla millenaria identità culturale dell'antica città siriana è dedicata la mostra Volti di Palmira ad Aquileia che termina oggi al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.Palmira e Aquileia: due città di confine, depositarie di culture diverse e fiorenti scambi commerciali. «Aquileia e Palmira, – rileva Marta Novello, Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia e curatrice dell'esposizione insieme a Cristiano Tussi, Direttore della Fondazione Aquileia – entrambi centri multiculturali e multilingue, posto l'uno nel punto di incontro tra le principali rotte mediterranee ed europee, l'altro ai confini tra l'Occidente romano e l'Oriente partico-sassanide, ben rappresentano, con le loro sculture e i loro volti ancora vivi, quell'unità culturale che attraverso la contaminazione di modelli eterogenei, pur nelle diverse espressioni formali, costituì la peculiarità del mondo romano». Di Palmira, “sposa del deserto”, sospesa tra Oriente e Occidente, già parlò Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia: «Palmira è una nobile città per il sito in cui si trova, per le ricchezze del suolo, per la piacevolezza delle sue acque. Da ogni lato distese di sabbia circondano i suoi campi, ed ella è come isolata dal mondo per opera della natura. Godendo di una sorte privilegiata tra i due maggiori imperi, quello dei Romani e quello dei Parti, ella viene sollecitata dall'uno e dall'altro, quando si scatenano le discordie». La contaminazione culturale viene particolarmente esemplata dal tipico abbigliamento palmireno, come testimonia la lastra proveniente dal Museo Tucci, dove la figura femminile è vestita alla greca con chiton (tunica) e himation (mantello), mentre il fanciullo ritratto poco distante indossa, in conformità alla moda partica, una tunica al ginocchio con galloni dipinti, orlo svasato alle estremità e pantaloni a sbuffo. La mostra, che raccoglie sedici pezzi originari di Palmira – alcuni dei quali riuniti per la prima volta in seguito alla loro dispersione nelle collezioni occidentali – e otto da Aquileia, ci restituisce la spiccata individualità perpetuata nei volti dei cittadini palmireni, poiché, come sottolinea l'archeologa Gioia Zenoni, «è attraverso questi volti che l'Europa ha conosciuto per la prima volta Palmira ed è ancora grazie alle storie di questi personaggi, raccontate dall'archeologia, che si mantiene viva la memoria di Palmira, di quello che è stata e di ciò che rappresenta oggi per il popolo siriano». Ne costituiscono esempi mirabili, fra gli altri, la testa di sacerdote proveniente dai Musei Vaticani, contrassegnata dal copricapo tronco-conico (modius) caratteristico del culto di Bel, e la testa che giunge dalla Custodia di Terra Santa – molti reperti concessi in prestito dalla Custodia di Terra Sancta sono stati restaurati per l'occasione –, ornata da una corona, fissata da un medaglione, di foglie e bacche di alloro. Adeguata rappresentazione viene riservata anche all'universo femminile di Palmira, effigiato nella mostra da cinque dame elegantemente vestite, e la ricchezza di ornamenti a esso collegato – finanche Baudelaire, ne I fiori del male, non mancò di esaltare i gioielli palmireni –, costituito da diademi, fibulae, bracciali e anelli. Gravita, intorno alla mostra Volti di Palmira ad Aquileia, anche una serie di iniziative concomitanti – come la rassegna Sguardi su Palmira – fotografie di Elio Ciol eseguite il 29 marzo 1996, con venti scatti inediti anteriori alle recenti distruzioni, l'esposizione in piazza Capitolo della scultura Le memorie di Zenobia dell'artista contemporaneo siriano Elias Naman, una serie di conferenze dei docenti Daniele Morandi Bonacossi e Paolo Matthiae e la proiezione, il 26 luglio, del cortometraggio Quel giorno a Palmira di Alberto Castellani, con un'intervista a Khaled al-Asaad, direttore del sito archeologico che si rifiutò di collaborare con i terroristi e per questo venne barbaramente decapitato il 18 agosto 2015 –, nell'auspicio, espresso nelle parole del Presidente della Fondazione Aquileia Antonio Zanardi Landi, che «la cultura e le radici comuni possano davvero aiutare la convivenza e la tolleranza, che sempre più siamo convinti rappresentino la vera essenza dell'Europa e dell'essere europei».