C’era una volta un luogo oscuro, di giornaletti e commediacce, e poi il regno di un maschio vero, occhiali neri e odio per le donne. Vennero Panchine Rosse, e 25 Novembre. Nel tempo, arrivarono a 3500 e più, gli orfani per mano degli assassini di donne. E per riprogrammare i maschi, insegnando non violenza e comprensione, serve tutto, anche una serie Netflix.

Contro il patriarcato, con una satira feroce e aperta, per accogliere con ironia l’urgente cambio di paradigma nelle relazioni tra sessi. Campagna crossmediale, cast perfetto, doppia regia di Matteo Oleotto e Letizia Lamartire, e sceneggiatura di Furio Andreotti, Giulia Calenda e Ugo Ripamonti, le otto puntate di Maschi veri surfano agilmente tra politicamente corretto e becerume di genere, mostrando che anche chi si sforza di cambiare, deve affrontare ancora una maggioranza di trogloditi. Né mancano affondi ironici alle nuove donne, nel generale disorientamento di una società che sta cambiando velocemente.

Nato dal format spagnolo Machos Alpha, il frizzante serial italiano meriterebbe una seconda stagione. Maschi veri, tra intimismo e grottesco, racconta il difficile passaggio di entrambi i sessi verso una nuova realtà sociale, mentre lo scardinamento di riferimenti indifendibili ha ripensato le relazioni umane.

Ed eccoli, i quattro quarantenni in crisi d’identità: il sensibile Mattia (Maurizio Lastrico) con ex moglie aggressiva (Nicole Grimaudo) e figlia adolescente (Alice Lupparelli); il maschilista Massimo (Matteo Martari) che rifiuta la propria sconfitta e il successo inatteso della fidanzata Daniela (Laura Adriani); l’ipocrita Riccardo (Francesco Montanari) spiazzato dalle proposte hot della compagna Ilenia (Sarah Felberbaum); e l’imbolsito autista di autobus Luigi (Pietro Sermonti), immune alle lusinghe della moglie- pantera Tiziana (Thony).

Cantando al karaoke “Quello che le donne non dicono” i maschi metteranno in scena un paradosso irrisolto: per sradicare il maschilismo tossico, l’unica sarebbe diventare... donne, ma resta difficile ritrovare un’identità nuova, più profonda. Così tra contraddizioni, fallimenti e bassezze nulla sembra più funzionare, tra uomini e donne: non lo sciovinismo, ma neanche il politicamente corretto, o i costosi corsi del guru progressista Corrado Fortuna. I rapporti, ormai a geometria variabile, sfumano in una generale inadeguatezza cui le nuove donne reagiscono con carattere, o emotività, laddove i maschi oppongono battute a vuoto e regressione, immersi in una piscina di paure, convenzioni, limiti. Maschi veri racconta senza sconti il patetico presente di ex predatori in disarmo, ma anche contrapposte fragilità, spie di un fallimento relazionale ampiamente generalizzato, tra chat sessiste e terremotate esistenze di coppia, dove la donna sessualmente libera sembra ancora un’eretica.

Di identitario c’è il lavoro, quando resta, e il gruppo del padel e la sua teoria di battutacce. Ma fuori dallo spogliatoio, la realtà delle relazioni resta in agguato, e nulla dà riparo, neppure cercare rapporti della durata di un click su Tinder. Nella difficoltà di riconoscere a ogni donna la libertà di esistere liberamente, si svela la nudità dei maschi, metafora crudele dell’assenza di identità e riferimenti, tra abiura di sé e modi sessisti duri a morire, mancata accettazione della trasformazione sociale e nostalgia del patriarcato. Crollato ogni schema, la parità di genere porta alla paralisi da panico, o alla fuga verso vite randagie, mentre persino lo scambismo diventa nemesi. Le donne, più consapevoli e risolute, attendono all’orizzonte che i maschi tornino a essere uomini.