A Giovanni LeonePresidente della Repubblica ItalianaFaccio vivo appello, con profonda deferenza, al tuo alto senso di umanità e di giustizia, affinché, d'accordo con il Governo, voglia rendere possibile una equa e umanitaria trattativa per scambio di prigionieri politici, la quale mi consenta di essere restituito alla famiglia, che ha grave e urgente bisogno di me. Le tante forme di solidarietà sperimentate, t'indirizzino per la strada giusta.Ti ringrazio profondamente e ti saluto con viva cordialitàAldo MoroA Amintore FanfaniOnorevole Presidente del Senato,in questo momento estremamente difficile, ritengo mio diritto e dovere, come membro del Parlamento italiano, di rivolgermi a Lei che ne è, insieme con il Presidente della Camera, il supremo custode. Lo faccio nello spirito di tanti anni di colleganza parlamentare, per scongiurarla di adoperarsi, nei modi più opportuni, affinché sia avviata, con le adeguate garanzie, un'equa trattativa umanitaria, che consenta di procedere ad uno scambio di prigionieri politici ed a me di tornare in seno alla famiglia che ha grave ed urgente bisogno di me. Lo spirito umanitario che anima il Parlamento ebbe già a manifestarsi in sede di Costituente, alla quale anche in questo campo ebbi a dare il mio contributo, e si è fatto visibile con l'abolizione della pena di morte ed in molteplici leggi ed iniziative. D'altra parte non sfuggono alle Assemblee né i problemi di sicurezza, che però possono essere adeguatamente risolti, né la complessità del problema politico per il quale non sarebbero sufficienti scelte semplici e riduttive.Al di là di questa problematica io affido a Lei, signor Presidente, con fiducia ed affetto la mia persona, nella speranza che tanti anni di stima, amicizia e collaborazione mi valgano un aiuto decisivo, che ricostituisca il Plenum del Parlamento e che mi dia l'unica gioia che cerco, il ricongiungimento con la mia amata famiglia.Con i più sinceri e vivi ringraziamenti, voglia gradire i miei più deferenti saluti.Suo Aldo MoroA Pietro IngraoOnorevole Presidente della Camera,in questo momento estremamente difficile, ritengo mio diritto e dovere, come membro del Parlamento italiano, di rivolgermi a Lei che ne è, insieme con il Presidente del Senato, il supremo custode. Lo faccio nello spirito di tanti anni di colleganza parlamentare, per scongiurarla di adoperarsi, nei modi più opportuni, affinché sia avviata con le adeguate garanzie, un'equa trattativa umanitaria, che consenta di procedere ad uno scambio di prigionieri politici ed a me di tornare in seno alla famiglia che ha grave ed urgente bisogno di me. Lo spirito umanitario che anima il Parlamento ebbe già a manifestarsi in sede di Costituente, alla quale anche in questo campo ebbi a dare il mio contributo, e si è fatto visibile con l'abolizione della pena di morte ed in molteplici leggi ed iniziative. D'altra parte non sfuggono alle Assemblee né i problemi di sicurezza, che possono però essere adeguatamente risolti, né la complessità del problema politico per il quale non sarebbero sufficienti scelte semplici e riduttive.Al di là di questa problematica io affido a Lei, Signor Presidente, con fiducia ed affetto la mia persona, nella speranza che tanti anni di stima, amicizia e collaborazione mi valgano un aiuto decisivo che ricostituisca il Plenum del Parlamento e che mi dia l'unica gioia che cerco, il ricongiungimento con la mia amata famiglia. Con i più sinceri e vivi ringraziamenti, voglia gradire i miei più deferenti saluti.Suo Aldo MoroGrandi manifestazioni sindacali per la ricorrenza del Primo Maggio, festa del lavoro. In tutti i comizi la vicenda Moro assume centralità. Zaccagnini incontra Craxi in mattinata e si riconvocano per l'indomani. Nel pomeriggio si reca a Botteghe Oscure per vedere Berlinguer, che alla fine dell'incontro, dice: «Non vedo perché la posizione della maggioranza e del governo dovrebbe venire modificata rispetto all'ultimatum delle Br». Infine, il segretario democristiano convoca la delegazione Dc nel suo studio, chiedendo anche la presenza di Andreotti. Intanto Berlinguer e Natta vanno da Andreotti, a cui dicono di temere iniziative destabilizzanti per il governo.Craxi, dopo aver visto Freato, tiene una riunione con gli avvocati del suo comitato di giuristi. Considerando impercorribile la richiesta brigatista del rilascio di tredici detenuti, crede che «riducendo il numero acquista importanza la qualità». Questa «qualità» la intravede in Paola Besuschio, detenuta brigatista che peraltro figura nell'elenco del comunicato n. 8 delle Br. Le sue condizioni di salute la configurano come «un caso veramente umanitario».Il 2 maggio, di mattina presto, Craxi vede Andreotti al quale espone le sue proposte, che si concentrano sulla liberazione della Besuschio. Teme sia la possibilità che Moro venga ucciso presto sia un'eventuale reazione di vendetta. Propone di evitare qualsiasi dibattito parlamentare e, più che mai, una votazione sulla trattativa. Considera necessario evitare un gran clamore sulla stampa. A Craxi, Andreotti obietta che la Besuschio ha altre condanne e chiede quale elemento di certezza vi sia in merito al fatto che graziando lei le Br rilascino Moro.Poi, Craxi incontra Berlinguer nel palazzo dove hanno sede i gruppi parlamentari. L'incontro è gelido, e si rileva dalle dichiarazioni alla stampa di entrambi i leader: «Ci siamo scambiati le nostre opinioni. Penso che ci incontreremo ancora. Quando? Non lo so», dice Berlinguer. Anche Craxi è molto secco: «Non desidero fare dichiarazioni. Dico soltanto che ci siamo scambiati delle opinioni». Berlinguer telefona ad Andreotti. Nel tardo pomeriggio, a piazza del Gesù, l'incontro tra la delegazione socialista e il vertice democristiano durerà fin quasi mezzanotte. Zaccagnini ha intanto consultato socialdemocratici e repubblicani; gli uni e gli altri hanno definito vaghe e approssimative le proposte socialiste. Craxi illustra quella che continua a definire «una ipotesi in via umanitaria», evitando ogni considerazione sulla trattativa. Ma la delegazione democristiana respinge ogni possibilità al riguardo.Il 3 maggio, a piazza Barberini, a Roma, Moretti, Balzerani e Seghetti si incontrano con Morucci e Faranda. È un incontro pericoloso dal punto di vista della clandestinità e delle regole di sicurezza, ma il dissenso dei due per un esito mortale del sequestro Moro è consistente. Oltre ai ragionamenti politici, spendono una riluttanza a eliminare un prigioniero, un argomento questo che non deve suonare del tutto estraneo a chi con Moro sta condividendo minimi gesti di vita quotidiana. Ma Moretti e gli altri sembrano determinati. Non solo l'esecutivo ha già deciso, ma tutte le colonne sono state interpellate e il responso è univoco: il Tribunale del Popolo ha stabilito una condanna.Il 4 maggio, l'Unità titola "Una via non praticabile" un articolo in cui si criticano duramente le iniziative socialiste, considerate dannose sotto il profilo giuridico e politico. Ogni ipotesi viene valutata e respinta. L'articolo conclude chiedendosi se così non «si finisca col recare grave nocumento sia alla causa del rigore costituzionale sia a quella stessa della vita di Moro». Nella stessa prima pagina, un fondo, I santuari, argomenta ancora la scelta della fermezza, ma soprattutto si chiede perché le indagini non compiano passi avanti e si fermino quando «sulla loro strada incontrano oscuri quanto protetti santuari? forse ben più potenti dell'organizzazione terrorista».La Dc comunica che il 9 maggio si terrà la direzione del partito per convocare il Consiglio nazionale.