Era la più pop tra le grandi stelle del nostro cinema, a cominciare da quel soprannome allitterato che diventò uno slogan nazionale: “la Lollo”, come una diva della porta accanto, una che non se l’è tirata mai un giorno nella vita, persino quando era di casa con i mostri sacri di Hollywood, Humphrey Bogart, Sean Connery, Rock Hudson, Burt Lancaster, Anthony Quinn, Frank Sinatra.

E anche quando camminava per Sunset boulevard Gina Lollobrigida è sempre rimasta la ragazza di Subiaco, la “ciociarella” come diceva con malcelata cattiveria Silvana Pampanini con cui ebbe una rivalità e un’inimicizia feroci, ma perla Lollo, lontana da qualsiasi snobbismo, quel tratto popolano e quasi “rurale” era una caratteristica preziosa, quasi un vanto.

Lei che era figlia di un piccolo rivenditore di mobili caduto in disgrazia per un bombardamento anglo-americano che nel 1943 distrusse completamente il suo magazzino e che da bambina ha conosciuto la povertà vera. E dalla quale era uscita con il sorriso, da donna del popolo in senso lato, non come la Magnani che del popolo era invece un’icona “politica”con quel grumo di gravità teatrale che ne fece la diva più amata dagli intellettuali.

E poi il corpo, simbolo dell’Italia del boom economico e dell’imminente rivoluzione dei costumi: è per lei che Vittorio de Sica, dopo aver recitato al suo fianco nel Processo di Frine di Alessandro Blasetti, inventò il termine «maggiorata», l’attrice tutta forme e curve, “ad alto voltaggio” che in negli anni del dopoguerra ribalta completamente i canoni di bellezza femminile. Maggiorate erano anche Sophia Loren e Silvana Mangano con cui ha condiviso l’age d’or del successo, rimanendo però sempre se stessa, priva dell’eleganza borbonica della Loren e dell’intensità della Mangano, legata a una semplicità naturalistica che le veniva dal carattere, aperto e socievole e che ne faceva l’interprete perfetta per le commedie nazional-popolari, senza velleità autoriali o sofisticati trasformismi.

La sua bersagliera in Pane amore e Fantasia (1953) di Luigi Comencini è uno dei personaggi più amati di sempre del nostro cinema e anche una delle vette più alte della sua fortuna artistica con il Nastro d’argento per la migliore interpretazione femminile, la conquista dell’Orso al festival di Berlino e la nomination all’Oscar per migliore pellicola straniera.

Successo di pubblico enorme, che replica due anni dopo con il sequel Pane, amore e gelosia.

Nel frattempo è diventata una star internazionale e vola al di là dell’oceano dove lavora con attori e registi importanti come King Vidor, John Houston, Robert Siodmark. Non saranno mai dei ruoli memorabili, perché la Lollo è un’attrice brillante, poco abituata a prendersi sul serio e per nulla incuriosita dalle trasfigurazioni drammatiche.

Negli Usa stringe una bella amicizia con Marylin Monroe: «L'ho conosciuta appena approdata a New York nel '50. Bella, discreta ma sola. Le ho voluto subito bene. L'ho frequentata a Los Angeles e siamo diventate amiche. Era una ragazza fragile aveva bisogno di protezione e si fidava troppo degli altri, purtroppo non aveva la mia forza di carattere».

Già, la forza d’animo della “Lollo” mai manipolabile, mai succube degli uomini (a parte la truffa che ha subito ultranovantenne, negli ultimi anni della sua vita), lei che a 18 anni, studentessa al primo anno di Belle arti a Roma subì una violenza sessuale da parte di un «noto calciatore della Lazio», come ha raccontato molti anni dopo, spiegando di essersi voluta sposare giovanissima con Milko Škofic per superare quel trauma: «Di sicuro non lo feci per amore».

Negli anni 70 continua a lavorare nel cinema ma in modo sempre più sporadico, e si dedica a nuove passioni, come la fotografia, la pittura, la scultura (ha esposto le sue opere in mezzo mondo), conoscendo artisti come Salvador Dalì. Ella Fritzgerald, David Cassidy, o personalità politiche come Herry Kissinger, il Richelieu del presidente Nixon.

Ma anche con sortite nel giornalismo con una celebre intervista a Fidel Castro ch,e quando venne in visita Italia, chiese di incontrare solo due persone: il Papa e... la Lollobrigida. Pare che il lider maximo ne fosse perdutamente innamorato e comunque è cosa nota che tra i due fosse nata una breve e intensa love story.

In quel decennio tutti la ricorderanno per il ruolo della Fata turchina nel Pinocchio televisivo di Comencini, primo grande sceneggiato entrato a far parte dell’immaginario collettivo. Gli anni ottanta segnano l’abbandono quasi totale della settima arte che omaggerà fino all’ultimo con alcuni cameo, m anche con fugaci apparizioni in serie tv americane diventate di culto anche in Italia come Falcon Crest e Love Boat. Nel 1988 accetta di interpretare il ruolo della madre della protagonista in La Romana di Giuseppe Patroni Griffi, remake dell’omonimo film da lei interpretato nel 1954. Gli ultimi anni della sua vita sono dedicati alla vita privata, niente più cinema, niente più fiction, ma diverse partecipazioni in televisione, richiestaissima per la miniera di aneddoti e perché memoria vivente del nostro cinema nell’epoca del suo maggior splendore.

Il 2 febbraio del 2018 le viene dedicata una stella sulla celebre Hollywood Walk of Fame di Los Angeles.