Ascolti i tormentoni estivi e fotografi il tuo tempo. Il 2017? «Questa sera andiamo in disco / Entriamo con il timbro / La mia ragazza porta due sue amiche single / Con questa boccia ci paghi l’affitto / Scroccare è ancora meglio che esser ricco…» cantano in Senza pagare Fedex e J- Ax. Mentre nel video di Takagi& Ketra e le voci di Arisa e Lorenzo Fragola si sente: «Siamo l’esercito del selfie / Di chi si abbronza con l’iPhone / Ma non abbiamo più contatti / Soltanto like a un altro post…». E infine Cristiano Malgioglio rilancia O maior golpe do mundo: «Mi sono innamorato / ma di tuo marito…». Non c’è dubbio, nelle hit estive aleggia la contemporaneità nel migliore dei modi. Ed è proprio per questo che quarant’anni fa, anche nelle spiagge, si poteva ascoltare Stefano Rosso cantare Una storia disonesta: «Si discuteva dei problemi dello Stato / si andò a finire sull’hascisc legalizzato / che casa mia pareva quasi il parlamento / erano in quindici ma mi parevan cento…». E infine: «Che bello col giradischi acceso e lo spinello / non sarà stato giusto si lo so / ma in quindici eravamo troppi o no? / E questa amici miei è una storia disonesta / e puoi cambiarci i personaggi ma quanta politica ci puoi trovar… ». Davvero una fotografia di una certa anima freak e alternativa del ’ 77.

Scomparso prematuramente nel 2008, il cantautore romano Stefano Rosso è passato alla storia della nostra musica pop per quella strofa della sua canzone settantasettina – «che bello, due amici, una chitarra e uno spinello» – molto programmata dalle radio libere dell’epoca che gli porta anche un servizio a lui dedicato dal programma tv Odeon. Tutto quanto fa spettacolo. «Lui, con la sua deliziosa erre moscia, è il primo – annota Alberto Tonti in Ballarono una sola estate- Anni Settanta ( Rizzoli, 2008) – ad avere il coraggio di parlare di droghe ( molto leggere) in una canzone. È il primo a inventarsi uno stile impastato di folk all’americana e di tradizione trasteverina, di grande abilità nell’uso della chitarra e di voglia di cantare “saltame addosso”, di testi dissacranti sulla quotidianità e di grande comunicativa musicale». Tra l’altro, sull’onda del successo estivo, subito dopo incide … e allora senti cosa fò, un album in cui, oltre alla canzone omonima, c’era la riproposizione di un suo precedente successo, Letto 26, e Bologna ’ 77 dedicata a Giorgiana Masi, la ragazza che era rimasta uccisa il 12 maggio durante una manifestazione dei radicali a Roma.

Per restare a canzoni che rappresentano meglio di altre lo spirito dell’epoca, va ricordato che a giugno del ’ 77 esce il 33 giri di Edoardo Bennato Burattino senza fili, l’album che vendendo un milione di copie, risultando quello più venduto in Italia nell’intero 1977. È un concept album ispirato a Pinocchio e si delinea – anche questo in sintonia col “ribellismo” tipico dell’anno – come una metafora del potere, che impone la propria cultura e la propria nozione di normalità, respingendo e opprimendo chi si allontani dalle regole prefissate e osi cercare una propria, personale visione del mondo. Indimenticabili brani come Il gatto e la volpe, È stata tua la colpa, In prigione in prigione… Canzoni – come anche quella di Stefano Rosso – facilmente cantabili con l’accompagnamento di una chitarra e quindi diffusissime tra le comitive giovanili di quel ’ 77… Insieme all’album di Bennato, andavano forte anche altri due ellepì “made in Italy”: Samarcanda di Roberto Vecchioni e Io tu noi tutti di Lucio Battisti, dal quale era stato tratto un singolo 45 giri di enorme successo: Amarsi un po’/ Sì, viaggiare. Anche questi due, senz’altro, tra i motivi più gettonati – tra radio e juke- boxe – della colonna sonora di quell’estate. Con loro, un album che verrà riscoperto un paio d’anni dopo: Aida di Rino Gaetano. «Qualche mese fa – spiegava lo stesso cantautore, che scomparirà giovanissimo solo quattro anni dopo – ho visto un film molto importante, che è Novecento di Bertolucci. Questo film era un po’ la storia dell’Italia, raccontata proprio in due parti. Io ho cercato di scrivere, di portare in canzonetta, la storia degli ultimi 70 anni, partendo un po’ dalle guerre coloniali fino ad oggi. E mi sono servito, per raccontarla, di una donna che ha vissuto attraverso i suoi amori e i suoi umori e la sua cultura, la politica italiana. Questa donna si chiama Aida». L’innovazione del testo l’ha spiegata al meglio Marco Molendini: «Siamo nel ’ 77, l’anno del piombo, terrorismo e fatalismo. Raccontare passato e presente non era facile». E Rino è riuscito a farlo «con una disinvoltura assolutamente originale», invitando a sfogliare un album dei ricordi «che passa dai tabù religiosi alle guerre coloniali, all’alalà dannunziano, al primo fascismo e ai suoi vestiti “di lino e seta”, alla guerra, al dopoguerra», sino alla «contrapposizione tra Cristo e Stalìn, ai trent’anni che sarebbero seguiti tra safari, caccia grossa, depredazioni, scandali e tentennamenti» . Ma, per venire ai veri tormentoni estivi, anche se ancora non si chiamavano così, quello “assoluto” dell’estate ’ 77 fu Ti amo, cantato da Umberto Tozzi e scritto insieme a Giancarlo Bigazzi. Fu il brano più ascoltato dovunque e comunque. Dal 23 luglio in avanti è il disco primo nella classifica delle hit. E rimane in classifica ininterrottamente fino al 22 di ottobre. Il saldo finale sarà di otto milioni di copie in tutto il mondo. I francesi, oltretutto, neanche la traducono ed è un gran successo anche da loro in italiano. «Ero bambino – ha scritto il narratore e poeta Aldo Nove – e mi trovavo a una festa di paese. Quando dagli altoparlanti iniziò a diffondersi la musica di Ti amo mi accadde una cosa irripetibile: era come se tutto si fermasse di fronte a quelle note e a quelle parole. Il ritmo della canzone sembrava essere perfettamente coincidente con quello del vento che iniziava ad alzarsi sul fare della sera e il mio respiro anche: si legava alla musica, in un’unica vibrazione della vita, della mia vita, nella magia di una canzone. Sapevo, in quell’istante, sentivo con certezza che quella canzone avrebbe superato gli anni e i decenni… ». Certo, anche altre canzoni occuparono i posti più alti della hit parade in quei tra caldi mesi del ’ 77, ma quasi tutte straniere: I feel love di Donna Summer, Zodiac di Roberta Kelly, Ma Baker dei Boney M e Year of the Cat di Al Stewart. Poco sotto in classifica però, a un certo punto, trionfò A canzuncella

degli Alunni del Sole, e questa era una canzone italiana. Con quel brano e l’album omonimo il gruppo napoletano – i due fratelli Bruno ( chitarra) e Paolo ( chitarra e voce) Morelli, Gianpaolo Borra ( basso) e Giulio Selfrigio ( batteria) vennero convinti da Giampiero Reverberi a mescolare rock e canzone napoletana: «Il singolo – ricorda Alberto Tonti – va fino al sesto posto in classifica, diventa uno dei loro più grandi successi, con paccate di copie vendute sia in Italia sia all’estero».

Nella seconda parte dell’estate scalano la classifica dei dischi più venduti anche L’angelo azzurro di Umberto Balsamo, Solo tu dei Matia Bazar, Profeta non sarò di Demis Roussos e Dammi solo un minuto dei Pooh. Rimangono sempre ai primi posti, per tutto agosto, dischi usciti a primavera come Amarsi un po’ di Battisti, A woman in love, il rifacimento della canzone americana da parte di Adriano Celentano e Rocky ( Gonna Fly Now) di Maynard Ferguson, colonna sonora dell’omonimo film con Sylvester Stallone uscito in Italia nel ’ 77. Continuano ad essere ascoltati brani sanremesi come Bella da morire degli Homo Sapiens e Tu mi rubi l’anima dei Collage. Per non dire di Renato Zero e dei suoi brani Mi vendo e Il cielo, in quello che fu l’anno del suo exploit al Teatro Tenda. Il brano più “ballato” di quella stagione – e anche questo è importante – fu però Don’t let me be misunderstood dei Santa Esmeralda. Ma la vera rivelazione delle spiagge agostane italiane fu – come abbiamo accennato – Umberto Balsamo. La sua canzone L’angelo azzurro entra nella hit parade dopo ferragosto, dopo sette settimane è già in testa e per altri quattro mesi galleggia sempre entro i Top ten: un successo clamoroso. La canzone era stata scritta da Balsamo insieme a Cristiano Malgioglio. Il quale, come abbiamo visto, è tornato alla carica proprio quarant’anni dopo, con il brano Mi sono innamorato di tuo marito, originariamente portato al successo negli anni ’ 70 dal duo brasiliano Deny e Dino e di cui il paroliere e cantante ha adattato il testo in italiano. Corsi e ricorsi dell’immaginario pop e delle estati al ritmo di musica.