A pochi mesi dall'aver stregato il pubblico della Quinzaine des Realizateurs dello scorso Festival di Cannes con la sua personale visione del poeta cileno Pablo Neruda (Neruda, uscito quest'anno), Pablo Larraín è sbarcato al Lido per presentare, in concorso a Venezia 73, Jackie, film biografico che narra i giorni successivi all'omicidio del presidente John Fitzgerald Kennedy attraverso gli occhi di sua moglie Jacqueline.Sin dall'annuncio inaspettato della sua partecipazione in concorso, alla conferenza stampa della Mostra del Cinema che si è tenuta a luglio, l'attesa è stata spasmodica. Sul suo settimo film e primo negli Stati Uniti, nella Hollywood istituzionale e patinata che apparentemente non gli appartiene, ci si chiedeva se fosse stato in grado di trovare l'equilibrio, di infondere la sua poetica in un universo abituato ad un approccio troppo realistico nel raccontare vite. Lo sguardo di Pablo Larraín va troppo in profondità per cadere in una trappola così visibile e così Jackie colpisce ed ancora una volta stupisce.Cosa ha spinto un regista così legato al suo paese e impegnato a raccontarne gioie, dolori, gesta e personaggi a volersi confrontare con la figura di una donna così importante nella storia degli Stati Uniti? sicuramente la proposta del regista Darren Aronofsky (produttore di Jackie, incontrato al Festival di Berlino nel 2015 dove il regista cileno era in concorso con El Club, che vinse l'Orso d'argento), la possibilità di raccontare avvenimenti storici che tutti conosciamo dal punto di vista di Jackie e l'occasione di dirigere una protagonista femminile per la prima volta. Il volto, gli occhi, le parole e la voce di Jackie infatti appartengono a Natalie Portman. L'attrice dona luce, colori, sfumature e dolore a questa donna che, nei giorni successivi alla morte del marito, non solo riuscì a renderlo una leggenda ma fece di se stessa un'icona.«Jackie fu regina senza corona, si ritrovò a perdere sia il trono che il marito» ha detto Larraín. «Mi piace pensare che non potremmo mai sapere com'era veramente Jackie. Tutto ciò che potevamo fare era cercarla e mettere insieme un film che raccogliesse dei frammenti di memoria, idee, immagini e persone» ha spiegato il regista di Santiago del Cile.Tra estratti di interviste, registrazioni, pubblicazioni, fotografie, Natalie Portman e Pablo Larraín hanno tentato di immaginare chi era, com'era e cosa provava Jackie in quei giorni, con la certezza che non sarebbero mai riusciti a catturarne totalmente l'essenza ma solo a intravedere il suo percorso di vita attraverso il filtro e la magia del cinema.Il film non possiede una forma lineare ma segue, come in altri film di Larraín, una struttura emozionale. Il dolore di Jackie e la sua elaborazione del trauma costruiscono lo scheletro del film. Non possiamo sapere tutto di Jacqueline ma ogni aspetto della sua persona è rappresentato senza giudizio né riserve. Cambia tono di voce Natalie Portman per tracciare una distinzione tra la figura pubblica e la donna e madre del privato. Attraversiamo con lei i ricordi del trauma, e dell'incidente, il marito che le cade addosso dopo il secondo sparo, il rumore del proiettile, il sangue sui vestiti. Attraverso un montaggio emotivo, viviamo il dramma di una donna la cui vita è cambiata in un secondo.Egoista, vanitosa, icona di stile, madre attenta, fumatrice incallita, sposa devota, è stata tutto questo Jackie o forse no, ma non importa. Non era fondamentale per Pablo Larraín saperlo e non è necessario per lo spettatore scoprirlo. Una cosa risulta chiara dal film: aprendo le porte della Casa Bianca al mondo, pur essendo relegata nel suo recinto di convenzioni e condizionamenti, Jackie Kennedy ha contribuito a cambiare la percezione che gli americani e non solo avevano delle figure politiche pubbliche.Grazie al suo personaggio in Jackie, Natalie Portman si posiziona ufficialmente accanto ad Amy Adams nella corsa immaginaria verso l'Oscar, almeno a giudicare dall'estremo entusiasmo con cui il film è stato accolto alla Mostra del Cinema di Venezia. Per quanto Pablo Larraín, non possiamo che sperare che sia arrivato finalmente per lui il momento di auspicare alla bramata statuetta.