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«Il buono e il cattivo qui sono la stessa persona. Che è forse l'unica cosa che ti dicono di non fare nei manuali di sceneggiatura. Un bel punto di partenza per fare qualcosa di diverso». Nelle prime battute del confronto con i giornalisti a dare la chiave di lettura di Tommaso, strano e incompiuto oggetto cinematografico firmato da Kim Rossi Stuart e qui a Venezia 73 fuori concorso, è Federico Starnone, cosceneggiatore del film. E non è una definizione vezzosa, perché non parliamo solo di un uomo con le sue contraddizioni, ma di un attore (cane, chissà quanto deve essere stato divertente e difficile interpretarlo per il cineasta, interprete maiuscolo di grandi ruoli) che ha una bipolarità emotiva e relazionale piuttosto pronunciata.Ci interessa poco, come e quanto del suo autore ci sia in quest'uomo, che altri non è che il bimbo di Anche Libero va bene, cresciuto. «Farò cose nuove, ho l'ambizione di cambiare sempre. No, Tommaso non sarà quello che è stato Apicella per Moretti. E poi non amo i confronti con altri». E' evidente, e lui lo ammette, che questo «è un film autoreferenziale, volevo farne almeno uno nella vita: ma è anche autoironico e autocritico». Tommaso non vive, nel film, un ottimo periodo: attore richiesto ma regista in crisi creativa - e la lunga gestazione di questa seconda opera, e anche la sua mancata riuscita, fa pensare che vi sia passato anche Rossi Stuart - ha inoltre un rapporto con le donne patologico. Fantastica su tutte, belle e brutte, le immagina nude sull'autobus o, in farmacia sogna di tenere stretti i fianchi della farmacista e amarla lì, con ruvida passione. Eppure a casa ha la splendida Jasmine Trinca, che lo desidera e lo ama. Ma lui quella voracità che ha fuori dalle quattro mura, la perde appena passa l'uscio di casa, appena la fantasia diventa realtà. E' un abbandonatore seriale: illude la partner di turno con promesse e impegni, poi usa la seconda casa come vigliacca via di fuga finché la giovanissima e affascinante Camilla Diana, con la sua veracità provocatoria e provocante, smontandone l'ego e confondendolo, alimentando quel desiderio costante ma senza soddisfarlo mai, lo aiuta a penetrare dentro se stesso. Forse non del tutto, ma di sicuro al punto di mettersi in discussione.Kim Rossi Stuart, da questo spunto, parte per un'opera molto, forse troppo scritta e pensata e con una tendenza a risolvere di testa ciò che, come il sesso e amore, è pancia e cuore. Razionalizza il suo coinvolgimento, con discreta schizofrenia artistica prende le distanze dal personaggio spesso ma gli disegna addosso il suo identikit (attore, regista, tende a lavorare poco), gioca in maniera divertente con i cliché di un attore che è stanco di recitare sul set ma non fa altro nella vita, e incoccia contro tutti gli stereotipi, compresi quelli che potrebbero riguardarlo, ma poi vuole emarginare il mestiere del suo protagonista, temendo possa totalizzare l'opera.C'è confusione, a volte anche positiva, in Tommaso, che nelle sale italiane arriverà l'8 settembre, c'è la voglia di non essere etichettato, di saltare tra i generi, che siano commedia, melodramma, dramma familiare o autobiopic. Quando è libero, il buon Kim, va bene: la scelta dell'ideale femmineo del protagonista, piuttosto rozzo e dozzinale, così come la ferocia e maniacale insistenza sui difetti fisici delle sue fidanzate, sono intuizioni divertenti e coraggiose, ma gran parte del film è invece invasa da un'incapacità di trovare una direzione, un'ispirazione costante, una ricerca. Anche le riuscite scene tra lui e la Diana, surreali e "violente", finiscono per sbiadire nella reiterazione. Si ferma, il lungometraggio, accontentandosi di specchiarsi e diventando progressivamente stilisticamente più sciatto e narrativamente più piatto. Il regista, dietro al film, si vede. Si capisce come lui sappia trovare e immaginare e far vivere situazioni diverse da ciò che offre l'immaginario italiano, ma il film non decolla. E' un po' come uno dei suoi comprimari, Renato Scarpa, psicoterapeuta naif che finisce per cercare sempre la stessa risposta a tutte le domande, che ha una grande capacità empatica e anche talento, ma non si muove da dov'è. E così Tommaso (e Kim), che rimane fondamentalmente un personaggio respingente, capace di ridicolizzarsi e mettersi a nudo, è vero, ma inchiodato ai suoi egoismi preconfezionati (vedi il rito sempre uguale con cui prova sempre a farsi lasciare). Sarà interessante vedere come reagirà il pubblico, perché Tommaso ha comunque il pregio di pretendere un pubblico attivo e partecipe. Troppo poco, però, e si comprende come il festival abbia voluto tutelare un autore promettente con una selezione fuori concorso.