Se l'avessero fatto apposta sarebbe un esperimento letterario di prim'ordine. Due scrittori, sorella e fratello, entrambi dotatissimi e vicini per età, lei più grande di appena due anni, raccontano la stessa vicenda autobiografica, identica ma colta da punti di vista opposti: quello di un maschio che rifiuta la comunità in cui è nato e cresciuto e quello di una femmina per cui ribellarsi, proprio in quanto femmina, è infinitamente più arduo. La comunità è quella di un "mondo che non c'è più", la dimensione particolarissima anche all'interno dell'ebraismo, dell'universo ebraico-orientale. Il mondo degli Shtetl, del misticismo chassidico, delle grandi e lussuose corti rabbiniche i cui maestri erano venerati come santi e si tramandavano spesso il titolo di padre in figlio.Gli autori che hanno raccontato in due libri straordinari la loro esperienza privata all'interno di quella realtà scomparsa sono Esther Kreitman Singer, nel suo primo romanzo pubblicato, La danza dei demoni, del 1936, e suo fratello Israel Singer, che la stessa vicenda aveva narrato tre anni prima nel suo Da un mondo che non c'è più. Il romanzo di Esther, che era già uscito anni fa in Italia col titolo Deborah, è stato da poco riportato da Bollati-Boringhieri nelle librerie nella nuova traduzione di Marina Morpurgo. Il libro di Israel, che al contrario del romanzo della sorella, è esplicitamente una memoria autobiografica, è uscito in Italia nel 2015 in due diverse versioni: col titolo originale e la traduzione di Marina Morpurgo da Bollati-Boringhieri. Col titolo La pecora nera e la traduzione di Anna Linda Callow da Adelphi.I genitori di Esther e Israel venivano da correnti opposte dell'ebraismo orientale. Il padre era un rabbino chassidico, un mistico che credeva nella possibilità di una comunione con Dio veicolata dalle emozioni estatiche più che dalla ragione e nelle doti sovrannaturali assolute, inclusa la capacità di compiere miracoli, dei "santi" delle corti chassidiche, gli Tsadik che si tramandavano spesso titolo e santità di padre in figlio. La madre, donna colta che a differenza delle ebree chassidiche aveva studiato, era invece figlia di uno dei più importanti e sapienti rabbini ost-juden. Si trattava però di un'illuminista che disprezzava la mistica chassidica e la considerava alla stregua di una superstizione.I giovani Singer erano dunque cresciuti in una famiglia segnata dal gelo, con un padre che si sforzava continuamente di piacere e rendere orgogliosa una moglie sprezzante e fredda. Tanto più che il rabbino non era affatto portato alle cose di questo mondo. La famiglia era quindi costretta a vivere molto poveramente in un piccolissimo Shtetl. Quando il padre fu chiamato a insegnare in una delle più importanti corti rabbiniche le cose peggiorarono ulteriormente. Il santo si rivelò presto un furbo imbroglione che rifiutava di pagare il maestro, lasciando la sua famiglia nella miseria più nera. A salvarli fu un conoscente occasionale, che convinse il padre dei due ragazzi a trasferirsi in una delle zone ebraiche più misere e malfamate di Varsavia priva di rabbino, dove la situazione della famiglia migliorò sensibilmente.Israel, illuminista e vicino al socialismo, racconta la storia facendosene protagonista e guardandola dal punto di vista della madre e del nonno materno. Non nasconde il disprezzo per le superstizioni chassidiche e per il piccolo mondo dello Shtetl. Non c'è velo di poesia o magia, neppure nel ricordo, ad addolcirne lo sguardo. Applica alla storia sua e della sua famiglia lo stesso realismo crudo che si ritrova nei suoi grandi romanzi.Esther, la femmina tenuta lontana dai libri dal padre, ignorata dalla madre infelice, divorata da un desiderio di sapere che è condannata a non appagare, non riesce mai a farsi protagonista della sua stessa storia. La racconta come chi è costretto a osservare senza partecipare, impegnata in un combattimento impari per sottrarsi a quel destino. Che è però la chiave del suo stile pittorico, opposto a quello del fratello. Esther sa decrivere nei particolari, con una partecipazione che le permette di cogliere l'essenza, quello stesso mondo che Israel sferza con la sua prosa. Proprio perché costretta a ritirarsi sul fondo della storia, è in grado di coglierne tutti gli aspetti e di descriverli con la partecipazione che manca alla visione del fratello. Non sfuggono la bellezza del padre, la sua nobiltà infelice, e pur senza mai scivolare in un giudizio feroce, destina la sua empatia e la sua comprensione al rabbino generoso e inetto molto più che alla madre intellettuale e gelida.Quando la famiglia arriva a Varsavia però i punti di vista aumentano, con l'ingresso in scena di Isaac il fratellino piccolo, destinato a diventare uno dei più grandi scrittori del Novecento e a vincere il Nobel nel 1978. Più giovane di Esther di 13 anni e di Israel di 11, Isaac Baashevish era probabilmente troppo piccolo per ricordare gli anni dello Shtetl. Sulla corte rabbinica di via Krochmalna a Varsavia ha scritto però un libro di ricordi, Alla corte di mio padre, che non è solo considerato tra i suoi migliori ma rivela come le storie che aveva sentito raccontare lì da quelli che si rivolgevano al padre perché risolvesse, in veste di giudice, controversie spinose o casi difficili sono stati poi l'inesauribile materiale di tutta la sua opera e in particolare dei racconti, nei quali Isaac eccelle più che nei romanzi. Il mondo dell'ebraismo orientale, nella sua visione è insieme grottesco e incantato, spesso surreale eppure capace di presentare in ogni vicenda raccontata una sorta di dilemma filosofico. A Esther, la sorella infelice condannata a un ruolo non suo e destinata a soffrirne per tutta la vita, Isaac ha dedicato uno dei suoi racconti migliori e forse il più famoso di tutti, anche per il film che ne ha tratto, come regista e interprete, Barbra Streisand: Yentl, la storia di una ragazza che pur di studiare nella yeshiva, la scuola rabbinica, si fa passare per maschio,Nei loro romanzi, nei racconti e nelle memorie tutti e tre i Singer hanno parlato di un mondo che non c'è più, quello ost-juden, l'ebraismo orientale che aveva trovato modo di costruire una sorta di "patria in esilio", con la sua cultura specifica e la sua lingua, l'yiddish adoperato da tutti e tre gli scrittori nelle versioni originale. Ma lo hanno fatto da angolazioni diverse, che si riflettono poi immediatamente sui rispettivi stili di scrittura. Israel, razionale e beffardo, è consapevole di essere stato tra gli agenti della disgregazione di quel mondo. Lo guarda a ritroso a volte con affetto ma mai con rimpianto. Lo inserisce nel quadro ampio delle trasformazioni storiche e sociali circostanti, a partire dalla rivoluzione russa. Lo rievoca senza sconti e senza sentimentalismi, come il grande scrittore realista che era.Anche Esther, la prima a scrivere costretta però a bruciare tutto dopo il matrimonio combinato, è un agente della disgregazione di quel mondo, col suo rifiuto di accettare il ruolo riservato alle donne, ma ne è anche una vittima che tuttavia non arriva mai al rifiuto drastico di Israel e sembra anzi essere quella che meglio di tutti riesce a cogliere le qualità di quel mondo scomparso.Isaac cresciuto già nella grande città e con l'esempio dei fratelli maggiori è il solo a raccontare il mondo ebraico-orientale senza aver vissuto da protagonista ma solo come testimone della sua fine. E' l'unico, soprattutto, a scrivere dopo la Shoah, consapevole che il mondo ost-juden non c'era più non solo perché erano venute meno la sua cultura e il suo tessuto sociale, ma perché era stato cancellato e sterminato. Lo traspone quindi in una dimensione fantastica, quasi onirica, diversa sia dal realismo ancora ottocentsco del fratello sia dalla visione più intima e partecipe ma ancora realista della sorella.Esther Kreitman è stata considerata a lungo solo "la sorella dei Singer". Ora chiunque può scoprire che era invece molto più di questo e stupirsi chiedendosi come dalla stessa famiglia siano potuti arrivare tre scrittori così eccezionali.