Cinquant'anni fa, nel dicembre 1968, si scoprì che l'anno della rivolta, in Italia, non sarebbe finito. A siglare quella scoperta, destinato a restare poi inciso nella memoria, fu un episodio in realtà minore ma ad altissimo impatto mediatico: la contestazione di fronte alla Scala, in occasione della prima, la sera del 7 dicembre. A Milano e forse in Italia occasione più mondana di quella non ce n'era. Era la serata giusta per tirare fuori gli smoking, i vestiti di lusso fatti fare apposta, per sfoggiare gioielli e acconciature da strillo.

Non fu una manifestazione preparata con cura, quasi una decisione estemporanea, presa come reazione agli omicidi di Avola di cinque giorni prima, quando due braccianti erano stati uccisi nel corso di una manifestazione contro una ' gabbia salariale' che divideva in due la provincia. Lo shock era stato immenso. L'uccisione di manifestanti era stata merce comune negli anni di Scelba e per tutti i ' 50, ma dopo la strage di Reggio Emilia nel 1960 il clima era cambiato, sembrava si fosse voltata pagina una volta per tutte. A organizzare quasi su due piedi la manifestazione era stato il Movimento studentesco della Statale di Milano, che si andava già delineando come un gruppo a sé all'interno del movimento, con un servizio d'ordine, i ' katanga', particolarmente efferato anche, e forse soprattutto, nei confronti delle altre aree di movimento. Nel dicembre ' 68 quella divisione, che avrebbe poi segnato i ' 70 a Milano, non era però ancora evidentissima.

Il passaparola non ebbe particolare successo. La sera, di fronte alla Scala, c'erano solo alcune centinaia di studenti. Per un po' fu solo faccenda di fischi e cartelli, poi una coppia, lui in smoking, lei ingioiellata, ebbe la pessima idea di passare troppo vicino ai manifestanti, tenuti a distanza ma non troppo da una truppa esagerata di celere e carabinieri. Volò un uovo, inzaccherò di brutto lo smoking, schizzò sull'abito della signora. Seguirono parecchi altri lanci, di uova e di cachi.

In un altro momento la carica sarebbe stata inevitabile. Dopo Avola, invece, l'ordine era di non intervenire se non strettamente necessario. La polizia lasciò che la pioggia di uova rovinasse i vestiti della festa senza intervenire. Quando la tensione sembrava vicina a esplodere, Mario Capanna, leader del Movimento studentesco ebbe l'idea di improvvisare un comizio rivolgendosi direttamente ai poliziotti. Un pistolotto tipo: «Siete lavoratori, fratelli dei braccianti uccisi ad Avola, venire da famiglie di contadini del sud. Non ce l'abbiamo con voi. Lottiamo tutti insieme». Fu sufficiente a stemperare la tensione, tanto più che l'evento mondano meritava una diretta Rai, così la notizia della contestazione aveva avuto ampia circolazione e i manifestanti si erano moltiplicati.

A paragone di quello che era successo nei mesi precedenti e soprattutto di quello che si sarebbe verificato nell'anno successivo la contestazione del 7 dicembre era un fattarello. Ma la Scala è la Scala e la notizia fece il giro del mondo, dimostrando che in Italia il ' 68 non era affatto finito.

Nel resto del mondo le cose stavano diversamente. In Francia la grande rivolta del maggio era già un ricordo. Il primo ministro del presidente De Gaulle, Georges Pompidou, si era mosso con intelligenza e accortezza. Sconfitta la rivolta con il referendum di giugno, aveva tuttavia varato in tempo record una quantità di riforme che miravano a intervenire sulle ragioni strutturali della protesta. A ogni buon conto, subito dopo l'estate, le strade di Parigi e in particolare del Quartiere Latino erano state cementate per togliere a eventuali ribelli l'arma più usata a maggio, il pavè.

In Germania l'ondata di proteste seguite all'attentato contro Rudi Dutschke in aprile si era quietata. Ovunque la parola più adoperata era ' riflusso' e in Italia le cose non sembravano diverse: l'ondata di occupazioni si era esaurita con la primavera. Il movimento, come in tutta Europa, segnava il passo. C'era stato, nei primi mesi dell'autunno, un elemento in controtendenza: la mobilitazione degli studenti medi. Assenti o quasi dalle manifestazioni della primavera, avevano dato vita a una quantità di occupazioni un po' ovunque, rivendicando il diritto d'assemblea, una richiesta che all'epoca sembrava il colmo della sovversione.

A Roma, nel liceo Mamiani, l'unico occupato già in primavera, la reazione era stata durissima: tre studenti erano stati sospesi per un anno dopo una protesta già in ottobre. La misura disciplinare, che in seguito sarebbe stata usata di frequente, non era mai stata adoperata prima. Sembrava, e all'epoca effettivamente era, il massimo del rigore. Le proteste avevano limitato a soli 15 giorni due delle tre sospensioni, ma per uno degli studenti, Stefano Poscia, appena quindicenne, era stata invece confermata la cacciata per l'intero anno e per il movimento era stata una sconfitta sonora. Era inoltre opinione comune che i medi, a differenza dei fratelli maggiori, sarebbero stati costretti a mettere la testa a posto con l'avvicinarsi della fine del qadrimestre. Nulla di troppo preoccupante.

A sorpresa, il 3 e il 4 dicembre, due manifestazioni immense erano invece sfilate per le vie di Roma. Era il primo sciopero di tutte gli istituti superiori della capitale e l'adesione era andata oltre ogni aspettativa. Il 5 dicembre era già convocato uno sciopero generale e i fatti di Avola e le manifestazioni di Roma resero quel corteo imponente. Nei giorni successivi ci furono scioperi e occupazioni un po' ovunque in Italia ma il vero braccio di ferro si ripropose al ' Mamiani' dove dopo un'assemblea non autorizzata furono sospesi 200 studenti. Lo scontro si concluse però in maniera opposta di quello di ottobre. Dopo alcuni giorni di occupazione le sospensioni furono ritirate e il ministro della Pubblica istruzione Fiorentino Sullo, uno dei principali leader della sinistra Dc negli anni ' 60, decise di concedere ovunque il diritto di assemblea.

Ma quel dicembre non riguardò solo gli studenti. A Torino le manifestazioni per Avola arrivarono alla Fiat e si conclusero con le prime assemblee comuni operai- studenti. A Milano le manifestazioni degli studenti correvano in parallelo con un conflitto operaio particolarmente lungo e teso alla Pirelli. Non era la fine del ' 68 ma l'inizio e l'anticipazione del 1969, il vero anno della rivolta in Italia, quello che avrebbe trasformato da noi ' l'anno degli studenti', nel ' decennio rosso'. L'assemblea operai- studenti di Torino sarebbe riapparsa, in forme non più episodiche, nel maggio ' 69, quando un'improvvisa esplosione di conflittualità operaia alla Fiat sfuggì completamente di mano alla gestione dei sindacati e proseguì per due mesi, ignorando gli accordi firmati dalla confederazioni e facendo appunto dell'assemblea operai- studenti che si riuniva in un bar di fronte Mirafiori il solo vero coordinamento delle lotte. I sindacati colsero il segnale e reagirono con celerità. Al momento del rinnovo dei contratti, dopo l'estate, misero in campo un modello totalmente nuovo, quello dei ' consigli di fabbrica', che assumeva molte delle rivendicazioni e delle istanze operaie di base.

Il dicembre ' 68 anticipò la lunga fase successiva anche nella tragedia. Il 31 dicembre il gruppo pisano del Potere operaio, il cui leader più noto era Adriano Sofri, organizzò una contestazione chiaramente ispirata a quella della Scala alla Bussola, in Versilia. Gli studenti si erano riforniti di frutta e ortaggi ma stavolta, a differenza che a Milano, la reazione delle forze dell'ordine fu violentissima. I manifestanti alzarono barricate con i pattini presi dalla spiaggia. Partirono colpi di pistola e non è mai stato accertato se a sparare furono i carabinieri o uno degli ospiti della Bussola. Un ragazzo di 16 anni, Soriano Ceccanti, raggiunto da un proiettile rimase paralizzato. Diventerà poi, sulla sedia a rotelle, campione di scherma. Il ' 68 era stato anche una grande festa. Gli anni che si preparavano sarebbero stati sempre meno festosi e poco meno di un anno dopo la Bussola la bomba di piazza Fontana avrebbe cambiato tutto.

La contestazione alla Scala, peraltro, si è poi ripetuta, e in forme meno delicate di quelle del ' 68. Nel 1976 i circoli del proletariato giovanile di Milano decisero di replicare la protesta di otto anni prima. La polizia schierò 5000 carabinieri. Gli scontri durarono ore, al posto delle uova volarono grappoli di bottiglie molotov. Si conclusero con 25 arresti. I tempi erano cambiati. Nel 1984, al tramonto della stagione delle grandi lotte operaie, furono gli ultimi gruppi della sinistra, in particolare Democrazia proletaria, a tornare di fronte alla Scala. Il presidente Pertini e il premier Craxi dovettero entrare alla chetichella, da una porta laterale. Ma erano gli ultimi fuochi e anche i contestatori, quella volta, in fondo lo sapevano.