Alfred Kinsey sta alla sessualità come Copernico all’astonomia eliocentrica, Darwin alla teoria dell’evoluzione e Einstein alla fisica relativistica. È il fondatore di una scienza fino ad allora ignota, avvolta dalle superstizioni e ostaggio della pubblica morale. Un rivoluzionario che meriterebbe spazio sui libri di Storia quanto i suoi illustri predecessori.

Il suo Sexual Behavior in the Human Male compie 70 anni esatti e con il successivo Sexual Behavior in the Human Female ( 1953) compone il celebre “Rapporto Kinsey”, lo studio sulla sessualità degli americani che ha cambiato per sempre il nostro modo di concepire e vivere pulsioni e passioni.

Oltre mille pagine di dati, pubblicate in oltre 100mila copie, anche grazie alla fondazione Rockfeller che dall’inizio degli anni 40 finanziò il progetto malgrado la fortissima ostilità degli ambienti conservatori. Ma medici, psichiatri, ginecologi non potevano che sentirsi confortati dal coraggio intellettuale di Kinsey che con la sua opera aveva aperto una nuova era nel progresso scientifico.

Nell’università in cui insegna gli studenti gli pongono in continuazione domande sulla loro sessualità, dubbi, paure, aspirazioni, i giovani sono anni luce avanti alla generazione precedente, pronti per diventare i protagonisti dell’imminente rivoluzione sessuale. «Non aveva il piglio del profeta eppure Kinsey non è stato solamente uno studioso, ma un grande riformatore sociale», scrive James H. Jones nella sua biografia.

Per vent’anni ha studiato i cinipidi, insetti imenotteri divoratori di foglie provenienti dall’Asia, lo ha fatto per sette giorni su sette per più di dieci ore al giorno. Con metodo, curiosità e dedizione. Le stesse qualità di entomo- logo con cui ha scardinato i cupi tabù dell’America puritana all’inizio degli anni 50, attirandosi gli strali dei bigotti, presenti in gran numero anche nella comunità accademica. Ma con l’occhio attento del fine piscologo, cosciente che ogni esperienza individuale è irriducibile alla tassonomia delle scienze naturali, alle categorie «che cercano di forzare i fatti in gabbie distinte», come scrive nell’introduzione del Rapporto.

Kinsey parlava di orgasmo, di masturbazione, di fellatio, di cunnilingus e rapporti anali, parlava di relazioni extraconiugali ( all’epoca illegali in 51 Stati su 54 e sanzionate fino a tre anni di reclusione), lo faceva senza seguire alcuna teoria precostituita, con rigore sperimentale, dimostrando che il sesso non è solo una funzione riproduttiva della specie, ma anche una fonte di piacere, di gratificazione umana, di crescita personale. Che gli esseri umani non sono cinipidi.

Per realizzare la sua monumentale ricerca ha intervistato 8.603 uomini e 7.789 donne, con la sua squadra ha raccolto le testimonianze più svariate, le confessioni più proibite. Così gli americani “scoprono” che il 70% della popolazione maschile frequenta regolarmente delle prostitute, che un uomo su due e una donna su quattro tradisce il proprio coniuge, che chi ha avuto molti partner prima del matrimonio ha generalmente una vita sessuale più appagante, che il 92% dei maschi e il 60% delle femmine americane si masturba con cadenza periodica nonostante le riviste “scientifiche” dell’epoca ritengano l’autoerotismo una delle cause principali della cecità e dell’epilessia.

Uno degli aspetti che ha mandato su tutte le furie i conservatori e le autorità religiose riguarda naturalmente l’omosessualità. In quegli anni gli orientamenti sessuali degli individui erano distinti in tre categorie: etero, omo e bisex. Kinsey costruisce un modello più articolato, una “scala” da zero a sei che ancora oggi porta il suo nome. Sullo zero si posizionano le persone che hanno una netta prevalenza eterosessuale, sul sei quelle che hanno una spiccata tenedenza omosessuale, in mezzo le differenti grazioni e sfumature, che ovviamente sono molte di più di quelle previste dalla sua scala come nota lui stesso: «Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere, la natura raramente ha a che fare con categorie discrete, il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto». Secondo il Rapporto il 37% della popolazione ha avuto un’esperienza o uno scambio con una persona del suo stesso sesso, e circa il 12% degli americani sono pienamente gay o lesbiche. Cifre che hanno sottratto l’omosessualità dalla dimensione eccentrica e occulta della colpa, ma anche da quella scientista della malattia ( si pensava fosse una disfunzione ormonale), aiutando la comunità gay a uscire allo scoperto e a rivendicare la normalità della propria vita intima. Anche il movimento femminista deve molto ad Alfred Kinsey: mai nessuno prima di lui aveva parlato con tale intelligenza e libertà del piacere della donna, negando il concetto di frigidità e di isteria e attribuendole lo stesso diritto all’appagamento sessuale riservato fino ad allora riservato all’uomo.

I suoi tanti nemici lo hanno accusato delle peggiori turpidtudini, di istigare all’adulterio, di inneggiare all’incesto o, peggio ancora, di giustificare gli abusi sui bambini solo perché nei suoi studi ha citato più volte i diari di stupratori o individui pedofili che lui non considerava malati in quanto non dava peso scientifico al concetto di devianza e perversione, limitandosi a condannare la violenza unicamente dal punto di vista sociale. Schizzi di fango che nulla tolgono all’opera di un rivoluzionario tranquillo che ci ha insegnato quanto il sesso sia una cosa bella e naturale.