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Al Teatro Bellini di Napoli, Alessandro Gassmann firma la regia di "Fronte del porto" di Budd Schulberg e Stan Silverman, in scena fino al 25 novembre, nella poderosa riscrittura di una storia “cinematografica” e nell’adattamento teatrale di Enrico Ianniello. Un binomio di poliedrici ed effervescenti artisti che imprimono alla messa in scena un carattere straordinariamente corale, dalle tinte non oleografiche al fine di riproporre una vicenda che affonda le radici nella storia dei lavoratori del porto di Napoli, ambientata negli anni ‘80. Un cast di 12 bravi protagonisti: Daniele Russo, Antimo Casertano, Orlando Cinque, Sergio Del Prete, Francesca De Nicolais, Vincenzo Esposito, Ernesto Lama, Daniele Marino, Biagio Musella, Edoardo Sorgente, Pierluigi Tortora, Bruno Tràmice, che maneggiano e interpretano ruoli piuttosto impegnativi come il tradimento e la delazione. O anche come l’essere affiliato ad una violenta organizzazione sindacale capeggiata da un capoclan che regola l’attività del porto e distribuisce lavoro in nome dell’omertà e dell’aderenza alle regole imposte dal nevrotico “Giggino Compare”, un convincente e bravo Ernesto Lama. Ciascuno degli interpreti, a partire dal bravo ed efficace Daniele Russo nel ruolo di Francesco Gargiulo, riesce a infondere identità e caratterialità ai personaggi, senza indulgere a facili cliché partenopei. A partire dal suo ripiegamento fisico e corporeo, apparentemente goffo e impacciato, ex promessa del pugilato ora nei panni di un lavoratore portuale, grazie all’interessamento del fratello Carluccio, braccio destro del capoclan, che rimanda ad una frustrazione e ad una sconfitta psicologica in quanto costretto a cedere il primato sul ring per le scommesse fatte sul vincitore avversario. Delazione, tradimento, omertà sono i cardini della rappresentazione ma ancora più forti e cogenti appaiono e prendono forma temi come “presa di coscienza” e “riscatto”. Attraverso il coraggio, un uomo si può rialzare la testa e scegliere la legalità, la giustizia, la libertà? Si disegna, ed è visibile anche attraverso le belle scene di Gassmann, un bell’inno alla forza di riuscire a liberarsi ed affidarsi alla legge, alla dignità di essere uomo. Innescata anche dalla forza di Erica: non dimentichiamo che le donne sanno essere potenti e risolute quando portano avanti le battaglie per la verità, basta pensare alla figura di Ilaria Cucchi. Dunque una energica Francesca De Nicolais nei panni di Erica, sorella di Caruso, che non vuole nè può rassegnarsi alla brutale uccisione del fratello, e quell’urlo di dolore che suona “i veri santi stanno in miezz’ a na’ via“, fa scuotere il cuore di Don Bartolomeo, interpretato da Orlando Cinque, convincente prete di frontiera che dà voce e difende i portuali della sua parrocchia. Don Bartolomeo li incita a non essere omertosi, a denunciare le vessazioni e li spinge verso quella libertà che nelle parole, nella verità più delle armi possono inchiodare i malavitosi che si travestono da benefattori. Con questa forte passione per la verità, Erica conquisterà il cuore di Francesco/Daniele che confesserà davanti ad un giudice (al quale presta la voce lo stesso Gassmann) tutte le attività criminali di “Giggino Compare” che, per intimidirlo, ha ucciso anche suo fratello Carluccio, interpretato da Edoardo Sorgente. L’emancipazione, il riscatto è la cifra solenne e chiaramente percepibile di questa bella e costruita rappresentazione che fa dimenticare un primo tempo piuttosto lungo mentre ci si avvia verso un potente secondo tempo di grande impatto emotivo e di sicuro coinvolgimento. La lodevole coincidenza e il felice incontro, dicevamo all’inizio, di due eccellenti artisti – Ianniello e Gassmann - ha permesso di riproporre con efficacia la storia a partire dall'omonima opera dell'americano Budd Schulberg (a sua volta ispirato da un'inchiesta giornalistica dell'epoca, diventata la base della sceneggiatura del film di Elia Kazan, con protagonista Marlon Brando, che vinse otto oscar nel 1954) e dall’adattamento teatrale realizzato, in seguito, dall'inglese Steven Berkoff. Scrive infatti Iannello: “Il porto di Napoli come il porto di New York? Come sostenere questa analogia teatralmente? Mi sono imbattuto in un film del 1979: “La Camorra sfida, la città risponde”. Lì, il proprietario di un piccolo cantiere nautico reagisce al taglieggiamento imposto da un clan. Fondere queste esperienze e trasferire Fronte del Porto nella Napoli dei primi anni ‘80 per giocare - dal punto di vista formale – con le musiche di quei film, con i colori sgargianti della moda casual di quegli anni, con i riferimenti culturali di quell’epoca (giusto per citarne uno: l’oro alle olimpiadi di Mosca di Patrizio Oliva, sicuramente un modello per il nostro protagonista), e con una lingua napoletana che in quei film si va italianizzando per darsi una veste di dignitosa comprensibilità nazionale senza perdere il proprio carattere e il proprio bagaglio espressivo. Era quella, inoltre, un’epoca in cui la città stava cambiando pelle nella sua organizzazione criminale; gli anni del terremoto, gli anni di Cutolo. Momenti in cui il porto era sempre di più al centro di interessi diversi, legali e illegali. E, purtroppo, non è stato necessario inventarsi nulla per restituire credibilmente le storie di caporalato, soprusi e gestione violenta del mercato del lavoro in quello specchio della città che è il nostro Fronte del porto”. Fanno da contraltare le note di Alessandro Gassmann, dopo la sua fortunata regia di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, sempre prodotto dal Teatro Bellini di Napoli e con protagonista Daniele Russo, che scrive: “Credo che in questo momento in questo paese non ci sia storia più urgente da raccontare di Fronte del Porto. Una comunità di onesti lavoratori sottopagati e vessati dalla malavita organizzata, trova attraverso il coraggio di un uomo, la forza di rialzare la testa. Come già avvenuto per il precedente spettacolo, anche in questo caso la scelta è caduta su un testo ed una tematica che mi coinvolgono profondamente e che portano verso una ricerca di libertà faticosa”. Ed ha ragione perché si esce dal teatro con un impeto in più verso quella condizione di non assuefazione e, soprattutto, di non essere indifferente verso ciò che ci circonda. Questa è la forza del teatro di parola! La produzione dello spettacolo è della Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e del Teatro Stabile di Catania. Le scene di Alessandro Gassmann, i costumi di Mariano Tufano, le luci di Marco Palmieri; le videografie di Marco Schiavoni, le musichedi Pivio e Aldo De Scalzi; il sound designer è Alessio Foglia.