«Freedom is just another word for nothing left to loose La libertà è solo un’altra parola per descrivere il non aver niente da perdere», le parole e la voce di Janis Joplin in Me and Bobby McG, sono la colonna sonora del debutto in lingua inglese di Paolo Virzì che in concorso a Venezia 74 ha presentato il suo Ella & John - The Leisure Seeker. L’entusiasmo del pubblico e la commozione sono state tali da offuscare anche l’eco del passaggio di George Clooney con il suo sesto film da regista, Suburbicon. Il regista David di Donatello per La Pazza Gioia vince la scommessa americana, dirigendo due mostri sacri del cinema internazionale come Donald Sutherland e Helen Mirren, padroneggiando un genere tipico della cinematografia americana, il road- movie, e aggiungendoci la poetica della commedia all’italiana in equilibrio tra il dramma e il ridendo e scherzando. Due coniugi giunti agli ultimi passi della loro lunga vita insieme, decidono di intraprendere un ultimo viaggio, verso la casa di Hemingway nelle Florida Keys e lasciando senza parole figli e dottori. Sulla strada attraverso il caldo sud degli Stati Uniti, ritroveranno ricordi, ripercorreranno la propria vita insieme, si scontreranno tra gelosia e scheletri nell’armadio, si ameranno ancor più appassionatamente e fisicamente di come non abbiano fatto due altri non più giovani innamorati di questi giorni, Jane Fonda e Robert Redford per Our Souls at night. Paolo Virzì racconta una storia d’amore, sentimentale, romantica e ci mostra la libertà, quella di decidere come vivere il proprio lieto fine. La mostra tutta si commuove e ringrazia.

L’Italia continua la sua corsa al Festival con Una Famiglia di Sebastiano Riso. Dopo Più Buio di Mezzanotte, Riso punta nuovamente sull’intensità di Micaela Ramazzotti e la rende parte, accanto a Patrick Bruel, di una coppia che inizialmente ed all’apparenza ci risulta appassionata e coinvolta nel suo piccolo mondo discreto e nascosto dall’attenzione degli altri. È tutto perfetto, le cene, il sesso, il volere un figlio e la perfezione si sa, va temuta perché potrebbe nasconde mostri. «Il film nasce da una domanda: Che cos’è una famiglia?» racconta Sebastiano Riso. Questa coppia, questa famiglia nasconde un segreto, vendere i bambini a chi non ne può avere o adottare. Ma nonostante Vincenzo ( Bruel) sia il suo tutto nella vita, in Maria ( Ramazzotti) si insinua una lenta ribellione, un desiderio di essere veramente madre del bambino che nascerà. «A me non piacciono le eroine. Sono sempre dalla parte di queste donne» dice Micaela Ramazzotti che si fa portavoce di queste donne spesso intrappolate per troppo amore e perché non riescono neanche ad immaginarlo un futuro alternativo. Sul perché Vincenzo sia diventato così calcolatore e incapace di costruire qualcosa con la donna che ama, Riso sceglie di tacere e di renderlo irreversibile. Una Famiglia, secondo film italiano in concorso, non convince nonostante lo sguardo raggelante e imperturbabile di Patrick Bruel e il totale coinvolgimento di Micaela Ramazzotti che ad ogni film affina sempre più la sua capacità di immergersi totalmente ed essere il personaggio. Una Famiglia perde il fuoco spesso nel non connettere totalmente i punti, non approfondisce il perpetuarsi dell’illegalità ma si concentra sulla violenza psicologica e fisica, che, troppa, fa così male a chi la subisce ed allo spettatore stesso da non lasciare l’energia per la riflessione.

La Mostra sembra aver creato bene i suoi equilibri, perché dove si perde energia, la si recupera velocemente grazie a Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, il secondo film in concorso della sesta giornata di Festival. Il regista è l’irlandese Martin McDonagh, lo stesso di In Bruges, che confeziona un dramma - commedia - noir satirico così in equilibrio nei toni, nelle dinamiche e nella sceneggiatura da ribaltare quasi i primi pronostici e offuscare, seppur leggermente, l’unanimità raggiunta con Del Toro ed il suo The Shape of Water.

Storia di Mildred Hayes ( Francis McDormand) una madre, eroina antieroina della piccola cittadina di Ebbing che, sentitasi abbandonata dalla polizia, rea di non aver trovato ancora l’assassino di sua figlia, decide di comprare tre spazi pubblicitari lungo una via assolata attraverso i quali accusa il capitano della polizia di non aver fatto giustizia.

Un potente incipit narrativo che da vita ad una storia dove non ci sono buoni o cattivi, dove ha senso sia essere dalla parte di questa donna sia non esserlo. Francis McDormand è la protagonista controversa di un western, la sua camminata e il suo personaggio, a detta dello stesso McDonagh, ricordano John Wayne, Brando o Montgomery Clift. Una sceneggiatura a dir poco perfetta diventa un gioiello nelle mani della McDormand e dei suoi colleghi Woody Harrelson e Sam Rockwell. Nessuna interpretazione passa inosservata, persino Peter Dinklage riesce a distinguersi ed a fare la differenza. Di tutta quella rabbia, soprattutto di quella buona, ci si alimenta per tutto il film e non ci sono dubbi che ad oggi, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile debba andare al premio Oscar Francis McDormand.