Ci sono ritorni intrisi di livore e che profumano di vendetta. Come quello di Edmond Dantes uscito dal Castello d'If ricco e spietato, con l'unico desiderio di punire chi lo aveva privato degli affetti e della libertà. O in forme più prosaiche come quello di Nicolas Sarkozy, bramoso di riagguantare lo scettro della République e di mettere in fila indiana i suoi tanti nemici, a sinistra come a destra. Si tratta di recuperare l'epica della sfida cruenta, dello scontro all'ultimo sangue, quasi un brodo primordiale per Sarko, che da cinque anni nuota in un acquario di irrilevanza politica e guai giudiziari, costretto ad assistere alla scialba presidenza Hollande da un punto di osservazione ancora più scialbo.E non poteva scegliere momento "migliore". La Francia colpita al cuore dal terrorismo jihadista, l'attentato a Charlie Hebdo e al supermercato kasher, il massacro del Bataclan e dei caffé parigini, la strage del camion di Nizza, lo sgozzamento di Rouen, sequenza lacrime e sangue che ha messo sotto choc la nazione della laicità eretta a religione di Stato, oggi impegnata in una delirante caccia ai fantasmi dell'Islam, da setacciare nelle spiagge della Costa azzurra a colpi di ordinanze e divieti da polizia dei costumi, assediata dai suoi spettri coloniali e dall'esclusione sociale dei suoi giovani cittadini di origine straniera, un paese smarrito e paranoico che risponde alla paura con la paura, alla crisi con lo stato d'emergenza. Anche in questo caso siamo nel suo elemento.L'ex presidente è così candidato ufficiale alle presidenziali della prossima primavera in una tripla sfida: contro gli avversari interni alle primarie di ottobre (su tutti il moderato 71enne Alain Juppé), contro i socialisti al governo, e contro la dilagante Marine Le Pen, il vero competitor di Sarko, il quale ha già fatto capire quale sarà il tenore della sua campagna elettorale. Tutto per la Francia, recita il titolo del suo ultimo libro (da lunedì in tutte le librerie d'oltralpe) in cui annuncia la sua seconda discesa in campo e tratteggia il suo programma politico. L'identità nazionale è il concetto ossessivo attorno al quale ruota tutto il manifesto sarkozista, un'identità contesa, come un osso rosicchiato da due cani in lotta, con l'estrema destra del Front National. Come nel 2007, quando salì trionfatore all'Eliseo svuotando il serbatoio di voti lepenisti nelle periferie bianche delle grandi città facendo scendere il Fn sotto il 10%, anche oggi Sarkozy punta a quell'elettorato, alla sua frustrazione, alle sue paure, alle sue pulsioni xenofobe e islamofobe. E il primo, facile obiettivo da puntare sono naturalmente gli immigrati, l'anello debole della catena. Tra misure promesse c'è la «sospensione dei ricongiungimenti familiari» (permessi dal 1976 sotto la presidenza Giscard D'Estaing), la volontà di «fermare l'immigrazione economica», inasprendo le condizioni di accesso alla nazionalità francese con lo scopo «di ridurre drasticamente il numero di stranieri accolti ogni anno», ama anche la soppressione dell'assistenza medica a cittadini stranieri «che risiedono in Francia da meno di cinque anni», un provvedimento che non aveva mai osato evocare prima d'ora. La guerra contro «la tirannia delle minoranze», ossia la comunità musulmana è illustrata senza mezze parole: «Non è con la religione che oggi la Repubblica è in difficoltà, ma con una sola religione». E dunque via i menù per bambini musulmani nelle scuole materne e elementari, via lo chador nelle università, imam selezionati solo dal ministero dell'Interno nel nome «dell'assimilazione contro il multiculturalismo».Sul terreno della sicurezza Sarkozy vuole creare uno speciale tribunale antiterrorismo, sulla falsa riga delle Corti speciali create da De Gaulle contro l'Oas, istituti emergenziali fuori dallo Stato di diritto, poi aboliti da Mitterrand nel 1981: «Devono diventare il braccio armato del governo», scrive l'ex presidente nel suo pamphlet. E ancora: sorveglianza elettronica per tutti i jihadisti veri o presunti, detenzione amministrativa per i sospetti di terrorismo, abbassamento della piena responsabilità penale da 18 a 16 anni, espulsioni più facili. Nulla di nuovo invece sul fronte delle politiche economiche, con le consuete ricette liberiste per «modernizzare» il più statalista dei membri dell'Ue. E così via alla riduzione della pressione fiscale sulle imprese e della spesa sociale, sopressione di 300mila impieghi nella funzione pubblica, detassazione degli straordinari, aumento dell'età pensionabile. Il tutto condito con uno slogan che sembra uscito dall'epoca fordista: «Lavorare di più per guadagnare di più».