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Sarah Mullally, the new Archbishop of Canterbury, spiritual leader of the world's 85 million Anglicans, speaks inside Canterbury Cathedral in Canterbury, England, Friday, Oct. 3, 2025. (AP Photo/Alberto Pezzali) Associated Press/LaPresse
In Italia forse staremmo ancora discutendo sull’opportunità di piazzare una “a” in fondo alla parola arcivescovo, mentre a Londra la rivoluzione si fa ai vertici della Chiesa anglicana. Da ora in poi la sua guida spirituale sarà Sarah Mullally, prima donna nominata arcivescovo di Canterbury dopo ben cinque secoli di storia al maschile. E un passato le cui radici risalgono a più di 1400 anni fa, ancor prima dello scisma voluto da Enrico VIII.
La sfida è grande: Mullally dovrà rappresentare 85 milioni di persone di fede anglicana che fanno capo alla Chiesa d’Inghilterra, provando a ricucire lo strappo che si consuma a più latitudini con i vescovi conservatori che rifiutano le posizioni progressiste di Londra sul ruolo delle donne e i matrimoni gay.
Un compito che non le risparmierà critiche e tensioni, già emerse e liquidate in occasione della sua nomina a Vescovo di Londra nel 2018: «Nutro grande rispetto per coloro che, per ragioni teologiche, non possono accettare il mio ruolo di sacerdote o vescovo - aveva detto allora -. Credo che la diversità ecclesiale in tutta Londra debba prosperare e crescere».
Sposata con due figli, 63 anni e una lunga carriera di infermiera alle spalle, Mullally è stata ordinata come pastora a 40 anni e si è fatta strada a colpi di incarichi sempre più prestigiosi nelle istituzioni civili e nella Chiesa anglicana. La sua nomina ad arcivescovo arriva dopo lo scandalo di Justin Welby, che si dimise un anno fa in seguito all’accusa di aver coperto gli abusi perpetrati in un campo estivo cristiano.
Per trovare un successore ci sono voluti 11 mesi, ma la scelta non era del tutto imprevista. Ad aprire un varco è stato lo stesso Welby, che con le sue riforme ha consentito alle donne di essere nominate vescovo. E ben due, infatti, hanno condiviso la rosa dei candidati con Mullally: sintomo di un cambiamento che potrebbe portare la Chiesa verso una nuova era.
I candidati al soglio di arcivescovo di Canterbury sono scelti dalla commissione per le nomine della Corona, presieduta da Jonathan Evans, ex capo dell’MI5, il servizio di sicurezza interno britannico. Tale commissione, composta da 17 membri votanti, decide su un candidato preferito, cui il primo ministro, in questo caso Keir Starmer, dà il suo assenso. Ma l’ultima parola spetta al re, che nomina formalmente l’arcivescovo da quando Enrico VIII nel 1534, con il suo “Atto di Supremazia”, sancì la rottura dal Papa e da Santa Romana Chiesa e si autoproclamò “Capo Supremo in terra della Chiesa d'Inghilterra”.
Un nuovo capitolo comincia ora, e a scriverlo sarà proprio Mullally, che si è già schierata a favore delle benedizioni per le coppie omosessuali e viene descritta sulla stampa inglese come “teologa liberale”. Anche se si è schierata apertamente contro il disegno di legge sul suicidio assistito attraverso una lettera indirizzata alla Camera dei Lord.
«Sospetto che descriverei il mio approccio a questo problema come pro-scelta piuttosto che pro-vita», ha scritto a proposito dell’aborto nel 2012. Mentre le sue prime parole le ha dedicate all’attentato alla sinagoga che ha scosso la comunità di Manchester e l’intero Paese. «Schierarsi a fianco della comunità ebraica contro l’antisemitismo» è responsabilità della Chiesa, ha spiegato Mullally dopo la sua nomina.«Stiamo assistendo all'odio che nasce dalle fratture nelle nostre comunità», ma «non dobbiamo permettere che l'odio e il razzismo di qualsiasi tipo ci dividano».