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Con una schiacciante vittoria interna nel suo Partito Democratico, la quarantottenne Renho Murata, ex giornalista e presentatrice, è la prima leader donna del secondo partito per voti in Giappone. Ex ministra delle Riforme nel 2010 e della Rivitalizazzione e dell'Equità di Genere nel 2011, Renho Murata può essere una luce nel tunnel che il Giappone e le sue donne stanno attraversando da vent'anni a questa parte.La crisi economica, la crescita zero, il tasso di natalità più basso del mondo, una popolazione vecchia e una forza lavoro (quella femminile) congelata o sfruttata. Queste sono le battaglie che Shinzo Abe, attuale primo ministro del Partito Liberale, sta cercando di affrontare attraverso delle riforme che in Giappone sono state ironicamente ribatezzate Womenomics.La settimana scorsa Shinzo Abe, durante un incontro alle Nazioni Unite sull'equità di genere, ha ripetuto in varie salse lo slogan "creare una società dove tutte le donne brillino". Ma la verità è che il Giappone è al posto numero 101, dopo Botswana e Sri Lanka, per equità di opportunità e retribuzione, secondo il World Gender Gap Index 2014, e che solo il 63% di donne giapponesi lavorano, mentre il dato per gli uomini supera l'84%.Inoltre, sottolineano gli esperti, gran parte di quel 63% di donne posseggono un lavoro part time, a tempo determinato. Molte donne lasciano lavori fissi dopo pochi mesi perchè crescere dei figli e occuparsi della famiglia sono mansioni che non vanno d'accordo con i ritmi di lavoro forsennato che richiede la società.«Che senso ha trovare un lavoro a tempo pieno», osserva una donna giapponese che si è appena ritirata da una grande azienda, «se non ricevo aiuto da mio marito, dai miei genitori o i miei suoceri, per crescere i figli e amministrare la casa? È un fardello troppo pesante da portare».Secondo Catalyst, una organizzazione no profit che promuove l'equità di genere, le donne in Giappone ricorpono il 7,5% delle posizioni pubbliche di rilievo e l'8,3% delle posizioni nelle aziende e nelle imprese. Ma ricevono di media il 30% in meno del salario rispetto ai loro pari maschili, ha spiegato la nuova leader Renho Murata, senza considerare che le leggi fiscali penalizzano le famiglie a doppio reddito. «Tutte queste riforme del Womenomics di Shinze Abe potrebbero essere nulla più che un incentivo del karoshi, ossia la morte per troppo lavoro, per la metà della popolazione femminile giapponese», avverte la giornalista Maiko Kissaka, «Cosa fa realmente il governo per aiutare le donne? Dire di volere che le donne "brillino nella società" senza prendere giuste misure significa dire che noi donne dobbiamo semplicemente lavorare di più».Nel 2014 la Corte Suprema ha dichiarato illegale la discriminazione sul lavoro verso le donne e specialmente verso le donne incinta. Atti di bullismo verso chi è in maternità sono talmente frequenti in Giappone che hanno addirittura trovato un nome specifico, mata hara (maternity harrassment) ossia "molestie di maternità".Sebbene dei piccolissimi passi avanti si stiano facendo, cercando di mettere dei tetti minimi di posti pubblici e nelle aziende riservati alle donne, il leggero incremento di impiego femminile degli ultimi anni, più che per le riforme del Womenomics, è dovuto alla reale mancanza di forza lavoro in una società vecchia, e alla necessità, per le imprese, di contrattare chiunque sia disponibile sul mercato.La discriminazione rimane elevatissima, in un paese dove il 70% delle aziende paga un extra ai mariti le cui mogli rimangono a casa e si occupano della casa, lasciando l'uomo libero di concentrarsi a tempo pieno sul suo lavoro, e in cui la maggioranza delle aziende non osano mettere le donne in posizioni preminenti perché, spiega Kathy Matsui di Goldman Sachs, «Il Giappone è una società dove l'omogeneità è una qualità, mentre farsi notare come un chiodo che esce dalla parete è fonte di vergogna e imbarazzo».Secondo Kathy Matsui, aiutare a sviluppare questa energía nascosta potrebbe portare nel giro di meno di dieci anni ad un aumento del PIL del 13%, ma più che riforme economiche, serve un cambio nella mentalità giapponese, perchè il Giappone "sta scappando dalla gente" conclude Matsui.Chissà che la neo eletta Renho Murata non possa facilitare questo cambio indispensabile in un paese che sembra si stia spegnendo sempre più.