PHOTO
President Donald Trump makes an announcement about Apple with Apple CEO Tim Cook in the Oval Office, Wednesday, Aug. 6, 2025, in Washington. (AP Photo/Alex Brandon) Associated Press / LaPresse Only italy and spain
Speranze e timori si rincorrono con l’avvicinarsi del vertice tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, in programma in Alaska il giorno di ferragosto.
Sul tavolo ci sarà la guerra in Ucraina che però, almeno per Trump, non è la questione più importante: più urgente forse, ma non la più importante. Il presidente Usa ha promesso ai suoi elettori e al mondo la pace in terra sarmata entro 24 ore dal suo insediamento, a otto mesi di distanza è probabile che Putin, che invece alla guerra in Ucraina ha legato a doppio filo la propria sorte politica, gli offra una soluzione conveniente agli Stati Uniti per uscire dal ginepraio ucraino e magari la candidatura al Nobel per la pace.
Trump è più interessato a slegare la Russia dall’asse con Pechino per tagliare fuori il dragone dall’artico, piuttosto che sostenere i desiderata di Kiev. Anche il luogo scelto per l’incontro non è casuale. L’Alaska è stato colonizzato dall’impero russo nel corso del 18’ secolo ed è stato poi acquistato dagli Stati Uniti nel 1867, nel pieno della corsa all’oro. Durante la guerra fredda ha rappresentato la prima linea di difesa anti missilistica nel fronte della guerra fredda con l’Unione Sovietica, a seguito della caduta del muro il 49’ Stato americano è diventato il centro degli sforzi per rilanciare i legami tra gli Usa e la nuova Federazione russa, ad Acnhorage per esempio. Sforzi che hanno visto un rallentamento con l’avvento di Putin al Cremlino e un, quasi, definitivo arresto con l’invasione dell’Ucraina nel 2022 e che potrebbero riprendere sotto l’egida di una collaborazione tra Stati Uniti e Federazione russa. Non sorprende quindi che la scelta sia caduta sull’Alaska, dove i due saranno lontani da occhi e orecchi europei, ucraini e cinesi, come scritto da Stefano Stefanini su La Stampa.
Nel corso di un’intervista a Fox News il vicepresidente Usa, JD Vance, ha dichiarato che l’accordo preparato dagli Stati Uniti, se adottato, «alla fine non renderà felici né Mosca né Kiev». «Noi ovviamente condanniamo l’invasione. Non ci piace che le cose siano andate così ma qui bisogna fare la pace», ha aggiunto Vance, «e l’unica via è quella di un leader forte che obblighi le parti ad avvicinarsi», ha detto, facendo riferimento a Trump.
«Incontrerò il presidente Putin» ha detto il presidente Usa, «e vedremo cosa ha in mente. E se sarà un accordo equo, lo rivelerò ai leader dell’Unione Europea e ai leader della Nato, e anche al presidente Zelensky», ha proseguito Trump, «Penso che, per rispetto lo chiamerò per primo, e poi chiamerò loro dopo, e potrei dire: Buona fortuna, continuate a combatterè. Oppure potrei dire: Possiamo trovare un accordo».
Il presidente ucraino, come prevedibile, non sarà in Alaska, ma Trump ha ventilato la possibilità di un trilaterale che coinvolga anche Zelensky, ma solo dopo l’incontro con Putin, «il prossimo incontro sarà con Zelensky e Putin, o Zelensky e Putin e io ci sarò se avranno bisogno di me». «Alla fine li metterò entrambi in una stanza, sarò lì o non sarò lì, e credo che la risolveremo», ha aggiunto Trump, che ha ribadito l’apertura a una normalizzazione dei rapporti commerciali con Mosca e riferendosi a Zelensky «Direi che potrebbe venire ma è andato a molti vertici».
Zelensky teme, a buona ragione, che Trump e Putin si accordino sulla pelle degli ucraini, già costretti dal presidente Usa a firmare l’accordo sulle terre rare per non vedersi bloccare le spedizioni di armi e munizioni, fondamentali per la sopravvivenza di Kiev, secondo fonti statunitensi, il Cremlino avrebbe proposto un accordo che prevede la cessione a Mosca dell’Ucraina orientale in cambio della fine delle ostilità. «La Russia sta trascinando la guerra e quindi merita una maggiore pressione globale. La Russia si rifiuta di fermare le uccisioni e quindi non deve ricevere ricompense o benefici. E questa non è solo una posizione morale, è razionale. Le concessioni non convincono un assassino. Ma una protezione davvero forte della vita ferma gli assassini», ha scritto Zelensky in post su X, «Ringrazio tutti coloro che nel mondo ci aiutano a rimanere forti e che avvicinano una pace autentica: la pace attraverso la forza. Questo è l’unico tipo di pace che si può raggiungere con la Russia».
I leader europei fanno quadrato intorno al presidente ucraino. Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, che mercoledì avrà un colloquio con Trump e gli altri leader dei Paesi Europei, ha detto di «dare per scontato» il coinvolgimento di Zelensky. Mentre la dichiarazione congiunta dei leader europei, compresa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in cui si «accoglie con favore» l’impegno di Trump ma si mette anche nero su bianco la fedeltà al principio secondo cui «i confini internazionali non devono essere modificati con la forza» e in cui si comunica che l’impegno per «la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina» resta «incrollabile», ha mandato Mosca su tutte le furie.
«La dichiarazione rilasciata dai leader dei principali Paesi europei in merito ai negoziati sull’Ucraina è un ennesimo volantino nazista dove si afferma che il raggiungimento della pace in Ucraina sarebbe possibile solo esercitando pressioni sulla Russia e sostenendo Kiev», ha tuonato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, «Gli euroimbecillì cercano di ostacolare gli sforzi degli Usa per la pace», le ha fatto eco l’ex presidente e ora vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev.