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Malaysian Prime Minister Anwar Ibrahim, left, and Russian President Vladimir Putin react during a joint press statement at the Kremlin in Moscow, Russia, Wednesday, May 14, 2025. (Alexander Nemenov/Pool Photo via AP)
Trump ha calato la sua mano, probabilmente per capire se il suo omologo russo sta bluffando o è realmente intenzionato a chiudere la partita, e ha legato la sua probabile presenza in Turchia a quella di Putin. «Non so se andrebbe lì se non ci fossi io. So che gli piacerebbe che fossi lì e questa è una possibilità. Se potessimo porre fine alla guerra, ci penserei». Trump è impegnato in questi giorni nel suo viaggio diplomatico e d’affari in Medio Oriente ma si è mostrato disponibile a rivedere gli impegni qualora fosse necessario. «Abbiamo un’agenda molto piena. Ora, questo non significa che non lo farei per salvare un sacco di vite e tornare», ha dichiarato il presidente Usa. Di sicuro c’è che il segretario di Stato, Marco Rubio, e l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff, insieme al generale Keith Kellogg saranno a Istanbul per le consultazioni.
Difficile però pensare che Putin si recherà in Turchia, anche se il pressing di Trump potrebbe sortire effetti imprevedibili. Dalla cortina di silenzio non arrivano indizi sulla composizione della delegazione diplomatica, o quasi. Il quotidiano russo Kommersant ha fatto trapelare, tramite una sua fonte anonima, che il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, non sarà ad Istanbul oggi. L’esclusione di Lavrov potrebbe forse lasciare spazio alla partecipazione di Putin. Il consigliere presidenziale russo, Yuri Ushakov, che potrebbe far parte della delegazione, in un’intervista alla televisione russa ha spiegato come «La delegazione deve affrontare sia questioni politiche che, direi, un miliardo di questioni tecniche. Quindi la composizione della delegazione sarà determinata in base a questo». In ogni caso qualora Putin dovesse decidere di partecipare ai colloqui da lui stesso invocati, è probabile che lo farà sapere personalmente. L’unico commento arrivato dal presidente della Federazione nelle scorse ore è stato riguardo al nuovo pacchetto di sanzioni. «Le principali economie mondiali stanno scivolando in recessione, solo per farci del male. È come se compro un biglietto e poi non lo uso per fare dispetto al controllore. Sono idioti», ha dichiarato Putin di fronte ai membri dell’Associazione degli imprenditori russi. Intanto continuano gli attacchi in terra sarmata, ieri la città d Sumy è stata nuovamente oggetto di un attacco missilistico da parte dell’armata russa, che ha provocato due morti e nove feriti.
Nell’attesa che si diradi la coltre di dubbi su chi volerà a Istanbul per la parte russa, il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri) ha approvato l’ultimo pacchetto di sanzioni, il diciassettesimo, che colpirà la ‘flotta ombra’ russa, con la quale Mosca aggira le sanzioni sul petrolio, una trentina di imprese e più di una settantina di persone fisiche e giuridiche, oltre a canali russi di propaganda. Vengono colpiti anche i pubblici ministeri coinvolti nei casi Navalny e Kara Murza, una ventina di persone in totale. Le sanzioni sono state approvate a seguito del rifiuto da parte della Russia d’interrompere le ostilità per trenta giorni, offerta formulata da Zelensky e dal fronte dei Volenterosi, questi ultimi sono risultati incapaci d’imporsi nella dialettica diplomatica sull’Ucraina. Dato rilevato da Mario Draghi che ha tirato le orecchie all’Unione europea, secondo l’ex presidente della BCE ed ex Presidente del Consiglio, per l’Unione «potrebbe essere ormai troppo tardi per influenzare gli eventi a breve termine. Anche se abbiamo fornito circa la metà degli aiuti militari all'Ucraina, probabilmente saremo spettatori in un negoziato di pace che riguarda il nostro futuro e i nostri valori».
Chi potrebbe assumere un ruolo nelle negoziazioni è il Pontefice che, fresco d’investitura, si è calato nei panni del deus ex machina nella tragedia ucraina, offrendo la mediazione del Vaticano per risolvere il conflitto. «Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo!» ha detto Papa Leone XIV nel suo discorso alle Chiese orientali, «La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime».
Leone XIV era stato invitato a Kiev da Zelensky negli scorsi giorni e domenica potrebbe tenersi l’incontro, come specificato dal presidente ucraino molto dipenderà dalla sorte dei negoziati di oggi a Istanbul. «Probabilmente domenica, se funziona. Ma non sappiamo ancora come finirà questa settimana» ha detto Zelensky. Più cauto il Cardinale Parolin, confermato segretario di Stato della Santa Sede che, nel corso di un convegno presso la pontificia università Gregoriana, ha dichiarato: «è prematuro, c'è stato l'invito del presidente Zelensky adesso il Papa valuterà che cosa fare».