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Calin Georgescu, winner of the first round of last year's annulled election, right, and Presidential candidate George Simion cast their votes in the first round of the presidential election redo in Mogosoaia, Romania, Sunday, May 4, 2025. (AP Photo/Vadim Ghirda)
La presenza al seggio di George Simion, in occasione delle elezioni del Capo dello Stato in Romania, con il suo padrino politico, Calin Georgescu, ha avuto un doppio significato. Il primo: il candidato del partito Aur (Alleanza per l’unità dei romeni) ha voluto dimostrare che l’ultra-destra rumena è compatta e non si arrende, dopo il clamoroso annullamento delle elezioni presidenziali di novembre da parte della Corte costituzionale a seguito della vittoria di Georgescu.
Il secondo significato: Simion è pronto a creare, proprio con Georgescu, una coppia di ferro alla presidenza della repubblica e al governo e a rappresentare l’avamposto di Putin nel cuore dell’Europa. Così la Romania finirebbe dritta tra le braccia del boss del Cremlino. La Russia era stata accusata nei mesi scorsi di aver sostenuto massicciamente la campagna elettorale del filo-putiniano Georgescu, vincitore delle presidenziali del 24 novembre poi annullate dai giudici.
Simion ha ottenuto il 40,5% dei voti e sfiderà il 18 maggio, nel turno di ballottaggio, il centrista Nicusor Dan, sindaco di Bucarest, votato dal 20,9% dei rumeni. Niente da fare per il candidato filo-europeo Crin Antonescu, che, nonostante l’appoggio delle formazioni di governo (Psd e Pnl), è stato escluso dal secondo turno.
Il sindaco di Bucarest potrà contare sull’appoggio dei liberali europei, ma per avere qualche possibilità di vittoria ci sarà bisogno di un ampio fronte democratico con il sostegno degli elettori del Psd e del Pni, al momento ancora indecisi sul da farsi fra due settimane. Nicusor Dan ha affermato, subito dopo lo spoglio delle schede, che ci sarà bisogno di unire tutte le forze per difendere la democrazia in Romania ed evitare che la presenza russa sia ancora più ingombrante e inquietante. Victor Ponta, ex primo ministro di sinistra, ora su posizioni nazionaliste e conservatrici, potrebbe avere un ruolo determinante nel turno di ballottaggio, dopo essersi classificato quarto con oltre 1 milione e 200 mila preferenze.
Il doppio dei voti ottenuti da Simion sul rivale è comunque un dato di fatto con il quale fare i conti. A quanto pare esasperare gli animi, puntare tutto sugli slogan populisti, attaccare a testa bassa l’attuale assetto europeo permette di fare breccia tra i cuori degli elettori. Il leader di Aur ha condotto una campagna elettorale anti-establishment con accenti nazionalisti. L’ampio consenso è stato ottenuto sia in patria, soprattutto nelle zone rurali, che all’estero con il voto dei romeni residenti in Europa occidentale.
«Questa non è solo una vittoria elettorale – ha commentato George Simion -, è una vittoria della dignità rumena. È la vittoria di chi non ha perso la speranza, di chi crede ancora nella Romania, un Paese libero, rispettato e sovrano. Siamo un partito trumpista che governerà la Romania e renderà il nostro Paese un partner forte nella Nato e un forte alleato degli Stati Uniti».
Il partito sovranista Aur fa parte del gruppo dei Conservatori e riformisti europei con Fratelli d’Italia. Non mancano alcune contraddizioni. Simion è un grande estimatore di Giorgia Meloni e di Donald Trump. Se però la nostra presidente del Consiglio sostiene con convinzione l’Ucraina, il leader e fondatore di Alleanza per l’unità dei romeni strizza l’occhio a Putin. «Nel 2024 – scrive il giornale Politico - a Simion è stato vietato l'ingresso in Ucraina per tre anni per quelle che Kiev ha definito “attività anti-ucraine sistematiche”. Nega di essere contro l’Ucraina o filo-russo, sostenendo di essere semplicemente filo-romeno. È stato anche ripetutamente bandito dalla Moldavia, con Chișinău che lo accusa di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale. Simion ha preso di mira Bruxelles, minacciando di violare le leggi dell’Ue con cui non è d’accordo, pur sottolineando che la Romania dovrebbe rimanere parte dell’Unione».
L’agenzia Reuters evidenzia invece che per molti osservatori e analisti «una vittoria di Simion potrebbe isolare la Romania, erodere gli investimenti privati e destabilizzare il fianco orientale della Nato, dove l’Ucraina sta combattendo un’invasione russa che dura da tre anni e in un momento in cui l’Europa sta faticando a formulare una risposta a Trump». Con la vittoria di Simion il 18 maggio potrebbe essere ampliato lo schieramento di leader euroscettici, che comprende già i primi ministri di Ungheria e Slovacchia, all’interno dell’Unione europea.
Il Cremlino non ha direttamente commentato la vittoria di Simion. Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov si è soffermato sull’esclusione di Georgescu dalle elezioni presidenziali: «Gli elettori rumeni sono stati privati del diritto di votare il loro candidato preferito. Uno dei favoriti di queste elezioni è stato espulso in modo assolutamente arbitrario».
Non nasconde preoccupazione l’eurodeputato rumeno Siegfried Mureșan, vicepresidente del Ppe ed esponente di spicco del partito Național Liberal. «L’elezione di George Simion a presidente della Romania – ha detto Mureșan - sarebbe una cattiva notizia non solo per la Romania, ma per l’Europa. Sarebbe una vittoria strategica della Russia». Per Mureșan la vittoria di Simion sarebbe un duro colpo. «Simion – ha aggiunto - è ferocemente antieuropeo, ha ripetutamente attaccato l’Ue, paragonandola all’Unione Sovietica. Ha incitato alla violenza contro i funzionari elettorali, suggerendo persino di scuoiarli vivi sulla pubblica piazza, ha fatto promesse incredibilmente irrealistiche, come la costruzione di case a 35 mila euro, molto al di sotto dei prezzi reali di mercato e mai mantenute, ha mostrato disprezzo per i processi democratici, rifiutandosi di partecipare a dibattiti pubblici con altri candidati o giornalisti». Vedremo se il 18 maggio per la Romania sarà un nuovo inizio o altro.