Il cambio di rotta della Casa Bianca arriva in un momento di forte pressione sul costo della vita. Con un ordine esecutivo firmato nelle ultime ore, Donald Trump ha deciso di ridurre retroattivamente i dazi su caffè, carne bovina, pomodori, banane e altri prodotti agricoli. Una frenata rispetto alla politica tariffaria aggressiva introdotta nei mesi scorsi, culminata nei dazi “reciproci” di almeno il 10% sulle importazioni.

I risultati delle elezioni locali negli Stati Uniti hanno mostrato un elettorato sempre più concentrato sui prezzi al consumo. Da qui la scelta di Trump, che sull’Air Force One ha ammesso: «Abbiamo solo ridotto leggermente alcuni alimentari come il caffè». E incalzato sul legame tra dazi e inflazione, ha riconosciuto: «Dico che potrebbero, in alcuni casi», aggiungendo però che «in larga misura sono stati sostenuti da altri Paesi».

Il commento di Illycaffè: «Segnale positivo, ma effetti non immediati»

L’amministratrice delegata Cristina Scocchia accoglie il provvedimento come «un’opportunità di rafforzamento su un mercato chiave», ma avverte che il taglio dei dazi non avrà effetti rapidi sui prezzi. Secondo Scocchia: il caffè viene acquistato 6–9 mesi prima della commercializzazione; i prezzi globali sono triplicati rispetto al periodo 2015–2021; nel 2024 si è arrivati oltre 400 cents per libbra, un livello mai visto in era recente. «Anche con un taglio delle tariffe, l’impatto si vedrebbe solo nella seconda metà del 2026», chiarisce l’ad.

Per Scocchia, la dinamica attuale non è legata alla produzione reale: «La quotazione del caffè non è più determinata da madre natura, ma dalla speculazione». Intanto: la tazzina al bar è aumentata del 20% rispetto al 2021; molte aziende stanno assorbendo parte dei costi riducendo la marginalità. Illycaffè ha scelto di trasferire al consumatore solo un terzo degli aumenti, assorbendo il resto: «È sembrato l’approccio più giusto». Nonostante l’incertezza, Illycaffè continua a investire negli Usa, secondo mercato dopo l’Italia (20% del fatturato): Le opzioni sul tavolo: costruzione di un impianto locale per alcuni prodotti destinati al mercato americano; oppure partnership con copacker statunitensi, per accorciare i tempi.

Scocchia assicura: «Nessuna produzione italiana verrà trasferita negli Stati Uniti».

Il vicepresidente brasiliano Geraldo Alckmin sottolinea che i prodotti del suo Paese — caffè, carne bovina e frutta tropicale — sono ancora soggetti a dazi del 40%. Per Alckmin, il provvedimento americano è un primo passo, ma insufficiente: «Continueremo a lavorare per ridurli ulteriormente».  Il dato è rilevante: un terzo del caffè importato negli Usa arriva dal Brasile, ma i produttori americani evitano di pagare tariffe tanto elevate, riducendo l’offerta disponibile sul mercato interno.