È una delle tante “svolte epocali” introdotte dalla legge Severino: il traffico di influenze illecite per il quale è indagato Tiziano Renzi esiste dal 30 ottobre 2012, giorno in cui la Camera mise definitivamente in orbita il mega ddl anticorruzione dell’allora guardasigilli. Una “riforma” passata alla storia per altri due punti: i casi di sospensione e decadenza dalla carica di parlamentare o amministratore e lo “spacchettamento” della concussione. Il traffico di influenze entrò a far parte del ddl a giugno 2012, con un emendamento particolarmente sollecitato, per paradosso, proprio da Matteo Renzi. Il reato definisce in pratica il coté patologico del lobbismo: ovvero l’attività del faccendiere. A risponderne, recita l’articolo 346 bis del codice penale, è chiunque «sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio». Naturalmente il reato sussiste anche nei casi in cui il denaro o i suoi surrogati vengano girati dal mediatorefaccendiere direttamente al pubblico ufficiale. La pena non è altissima: da 1 a 3 anni ( ma è aumentata se il mediatore è egli stesso un pubblico ufficiale o se il “traffico” avviene in ambito processuale). Di fatto viene stabilito che non si può mediare “indebitamente”: come è stato però osservato da molti giuristi, a cominciare dal professor Tullio Padovani, non esiste una legge che regoli l’attività di lobbing e stabilisca dunque qual è una mediazione lecita. Il che sottopone il nuovo reato alla più ampia discrezionalità del giudice.