Una scommessa persa su tutta la linea, un azzardo finito malissimo: Theresa May perde la sua maggioranza parlamentare in un voto che lei stessa aveva anticipato per avere mani libere. E invece, come nella più classica delle beffe, i conservatori rimangono per il rotto della cuffia il primo partito ma non hanno più la possibilità di governare la Gran Bretagna da soli. Secondo la Bbc, i seggi assegnati finora sono 636 su 650. Di questi 317 vanno ai Tories, 261 al Labour, 34 allo Scottish Nattional Party, 12 ai Liberaldemocratici, 10 al Democratic Unionist party, 7 al Sinn Fein, Plaid Cymru se ne aggiudica 3 e il Green Party 1. Altri: 1 Scrutinio al rush finale in Gran Bretagna. Quando mancano una manciata di seggi per concludere lo spoglio, si va delineando una situazione molto difficile per l'attuale premier conservatore Theresa May, che sperava di aumentare la propria forza in queste elezioni e che invece ha preso terreno. E ora ai conservatori servirà un alleato alla Camera dei Comuni. Jeremy Corbyn, leader dei laburisti, vero vincitore morale di questa tornata elettorale (i laburisti guadagnano 35 seggi dalle precedenti elezioni), chiede un passo indietro alla May, ne evoca le dimissioni, ma la premier fa capire che non se ne andrà da Downing street e replica al rivale: "Il Paese ha bisogno di stabilità". Theresa May sembra dunque finita malissimo. Ha peccato di "hybris" (superbia), dice Paul Nuttal, leader degli euroscettici dell'Ukip. La premier aveva convocato le elezioni anticipate sperando di accrescere i propri consensi e avere così un mandato più solido per le trattative sulla Brexit. Invece, lascia il Paese in preda a un rebus politico di difficilissima soluzione, mentre la sterlina arretra sui mercati finanziari. La Borsa di Londra ha comunque salutato con un +1,1% di scambi in apertura di contrattazioni. Ai 'Tories' mancherebbero dunque 9 seggi per raggiungere quota 326 su 650 deputati, la soglia della maggioranza assoluta ai Comuni. Parlamento che, come si dice in gergo, sarebbe ora "appeso" ("Hung") ossia senza alcun partito che ha la maggioranza, per cui si dovrà tornare, come nel quinquennio 2010-2015, ad un governo di coalizione con una difficilissima alchimia. Con i numeri attuali May  avrebbe la maggioranza solo accordandosi con i liberaldemocratici, che tuttavia sulla Brexit avevano sempre avuto una posizione molto diversa dai Tory. Se questo dato venisse confermato (ma ormai ci siamo, questione di minuti), la May ha perso le elezioni, pur avendole tecnicamente vinte, come lei stessa aveva predetto in questo tweet di qualche giorno fa. I liberaldemocratici hanno deciso di non ripetere l'esperienza del governo di coalizione, inaugurata nel 2010, quando, sotto la guida di Nick Clegg portarono la loro - allora consistente (57 seggi) - pattuglia di deputati a sostegno del governo di David Cameron. L'ufficio stampa del nuovo leader del partito, Tim Farron, conferma di "aver ricevuto un sacco di telefonate ma solo per essere chiari: diciamo no a qualsiasi coalizione. Nessun accordo". Difficile per il partito più europeista del Paese allearsi con May, che aveva sostenuto, seppure in maniera tiepida, il 'Leave'. L'unica via che per il momento sembra percorribile è un'alleanza tra Conservatori e Unionisti che con i loro 10 seggi potrebbero garantire alla May una risicatissima maggioranza.