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Associated Press/LaPresse
Stati Uniti e Ucraina potrebbero essere vicini alla firma dell’accordo sulle terre rare. Oggi la vicepremier ucraina Yulia Svyrydenko si è recata a Washington per discutere degli ultimi dettagli tecnici del documento. L’accordo, proposto dagli Stati Uniti a febbraio, è stato rivisto e rielaborato. «Stiamo finalizzando gli ultimi dettagli con i nostri colleghi americani. Non appena tutti i dettagli finali sono stati finalizzati, spero che l'accordo sarà firmato nel prossimo futuro, entro le prossime 24 ore» ha dichiarato il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, e ora sarebbe un «vero accordo di partenariato» secondo Shmyhal.
L’intesa potrebbe rappresentare un primo vero passo verso la pace in terra sarmata e non solo, potrebbe anche assicurare quelle garanzie che i volenterosi faticano a individuare. «Ci saranno lavoratori statunitensi in Ucraina e credetemi nessuno li toccherà, meglio dell’avere soldati» ha dichiarato Trump, in occasione del suo incontro con il primo ministro britannico Starmer, lo scorso 27 febbraio.
La firma dell’accordo per il Tycoon sarebbe un ottimo regalo per festeggiare i primi 100 giorni della sua seconda presidenza. «Siamo qui per celebrare i primi cento giorni di maggior successo di qualsiasi amministrazione nella storia del nostro paese, è il miglior avvio di qualsiasi presidente. E siamo solo all'inizio», è un Donald Trump galvanizzato che parla dal palco del rally repubblicano. Organizzato, non a caso, in Michigan, stato principe della produzione automobilistica statunitense, per celebrare i successi dei 100 giorni di governo, in un’atmosfera che ricorda il comizio di Charles Foster Kane in Quarto potere.
Annunciato come un pugile prima di un incontro, Trump è salito sul palco sulle note di God bless America di Lee Greenwood e ha abbozzato un paio di passi dell’ormai nota Donald’s dance prima di arringare la folla. Il discorso tenuto martedì sera dal Tycoon ha toccato numerosi punti cari al presidente Usa. Partito dai dazi si è rivolto in prima istanza ai cittadini del ventiseiesimo stato americano.
«Sono felice di essere tornato in questo bellissimo stato. Ci sono molti posti di lavoro in arrivo. Guardate cosa sta succedendo. Le compagnie stanno tornando e vogliono produrre auto in Michigan, sapete perché? A causa della nostra politica di tasse e dazi. Stanno arrivando da tutto il mondo ad aprire stabilimenti qui», e oltre a all’occupazione Trump ha sostenuto che con i dazi «stiamo facendo miliardi e miliardi al giorno, miliardi non milioni». Il Tycoon è poi passato all’immigrazione, «settimana dopo settimana stiamo mettendo fine all’immigrazione illegale. Ci stiamo riprendendo i nostri posti di lavoro. Stiamo proteggendo tutti i nostri lavoratori».
Non è mancata l’invettiva nei confronti del predecessore, tanto cara a Trump. «Stiamo ristabilendo lo stato di diritto che era stato abbandonato dal pazzo che c’era prima», ha dichiarato riferendosi a Biden, prima di lanciare un sondaggio «cos’è meglio, sleepy Joe (Joe l’addormentato) o crooked Joe (Joe il corrotto)?» che ha sancito per acclamazione la preferenza della folla per il secondo. Dopo gli attacchi a Biden, Trump ha messo nel mirino i giudici: «Non possiamo consentire ad un gruppo di giudici comunisti e radicali di sinistra di ostacolare l'applicazione delle leggi e svolgere il ruolo che competono solo al presidente».
Sul cartellone affisso alle sue spalle, sopra la gradinata, campeggia la scritta The Golden Age. «Stiamo salvando il sogno americano, stiamo rendendo l'America di nuovo grande e lo stiamo facendo in fretta. Quello che il mondo ha visto nelle ultime 14 settimane è una rivoluzione del buon senso: ci piacciono confini sicuri, ci piace un'istruzione efficiente. Vogliamo un esercito forte e tasse basse», ha tuonato Trump dal palco. La nuova età dell’oro, nelle parole del Tycoon, è iniziata il 5 novembre, con la sua seconda elezione.
«Dopo decenni di politiche che hanno distrutto Detroit per far prosperare Pechino, finalmente avete un difensore dei lavoratori alla Casa Bianca. Invece di mettere la Cina al primo posto, metterò il Michigan e l'America al primo posto». La formula scelta per celebrare il primo traguardo dell’amministrazione non è casuale. Quello che è sembrato un comizio elettorale, lo è stato effettivamente.
Trump sta velocemente perdendo consenso e lo sa. Se il 27 gennaio, in base al President Trump’s Approval Rating: Latest Polls del New York Times, il 52% degli intervistati il 27 gennaio approvava l’azione di governo contro il 43% che invece si trovava in disaccordo. L’11 marzo le due posizioni si sono pareggiate, e dal giorno seguente coloro che disapprovano l’operato del presidente, e della sua amministrazione, sono cresciuti sino a raggiungere il 52%.
Bisogna stare a vedere, parafrasando le parole del presidente statunitense se the best is yet to come. Forse un indizio potrebbe essere la risposta data a una cronista ieri, alla domanda «chi vedrebbe come prossimo Papa?» Trump ha risposto «Mi piacerebbe essere Papa. Sarebbe la mia prima scelta».